Lo scontro più affascinante. Dall'urna all'ultimo atto. Si sapeva che Bayern Monaco – Manchester City sarebbe stata LA partita del gruppo D. Due compagini ricche, forti, temute. Eppur diverse, per filosofia e storia. A Manchester si spende, senza badar troppo a prezzi e conti. L'economia interessa poco. Sceicchi con manie di grandezza imperversano senza timori. Diverso il modello bavarese. A Monaco è negli anni sorta una macchina perfetta. Stadio alla moda, sempre stracolmo, un marchio che piace, un'idea di calcio che, nel corso del tempo, è assurta a icona da imitare. Il non plus ultra lo scorso anno con la tripletta di Heynckes. Si è scelto di ripartire, cambiando ancora una volta. Giusto, perché più di quello era difficile ottenere. Si è scelto Pep, il filosofo spagnolo, l'uomo che ha creato il tiqui taca di marca catalana. Paure e dubbi scacciati via nel corso di poche partite. Il Bayern ha ricominciato esattamente da dove aveva terminato. Schiacciando avversari e domande. Provando, sperimentando, senza guardare in faccia nessuno. Lahm, uno dei migliori esterni al mondo, reinventato davanti alla difesa. Così per dire.

La Bundesliga è controllata agevolmente dagli uomini di Guardiola. Una partita a stampo tennistico, con il Werder, ha fatto da preambolo all'ultima uscita di Champions, prima degli ottavi in programma a febbraio. 7-0, a dimostrare ancora una volta una forza senza riserve. Niente turnover, perché il pass è già in saccoccia e perché certi automatismi non vanno intaccati. Doppietta di Ribery, a segno Mandzukic, un calcio divertente. Senza Robben, fuori causa per infortunio. “Arrivare secondi non è un'opzione”. Questo il Guardiola pensiero. Mentalità vincente, per allungare una serie infinita di vittorie in Champions. Vuol chiudere a punteggio pieno, per mandare un segnale chiaro, lampante.

A rispondere deve essere soprattutto il City di Pellegrini. La Premier ha un padrone l'Arsenal, non un despota. In tanti coltivano sogni di gloria. Il Chelsea del mago portoghese corre sul filo di un'incerta altalena, ma è lì, come il giovane Liverpool. Lo United cammina lentamente, faticando a scordare Sir Alex. Il City procede alterno. A tratti dominante, a volte stucchevole. Si bea talvolta del suo stesso tasso tecnico e inciampa. Solo un pari nell'uscita sul campo del Southampton di un meraviglioso Osvaldo.

Da vendicare per i Citizens la sconfitta dell'andata. All'Etihad un monologo tedesco. Tre reti, una selva di occasioni. La sensazione di superiorità disarmante. Milioni e milioni costretti a rincorrere per il campo il possesso palla ideato e forgiato da Pep. Questo è il nuovo Bayern. Forte fisicamente, ma capace di controllare il gioco. Sornione, ma in grado di pungere come il peggior serpente. Un muro, con frecce avvelenate. A poco è valso il gol di Negredo, se non per rendere meno amara, dal punto di vista del tabellino, una cocente sconfitta. Pellegrini “Anche se siamo già qualificati, dobbiamo migliorare. Sarà estremamente difficile batterli 3-0 nel loro stadio, ma faremo di tutto perché ciò accada. Joe Hart giocherà. Guardiamo al presente e non al passato”

Assenze importanti da ambo le parti. Nel Bayern, oltre a Robben, out anche Lahm e Schweinsteiger. Tra gli inglesi, squalificato Yaya Tourè e fuori causa Nastasic, Jovetic e Clichy.