Il trasferimento lampo di Mesut Özil dal Real Madrid all' Arsenal ha destato più di un sospetto a Madrid e un po' in tutta Europa, per termini, condizioni e retroscena. Tifosi e compagni di squadra come Ronaldo, che ha addirittura lanciato anatemi contro la Casa Blanca dal ritiro di Belfast con la nazionale portoghese, e Sergio Ramos hanno evidenziato sopra le righe o meno il loro disappunto, José Mourinho e Joachim Löw non hanno tardato a sottolineare l'errore grossolano commesso dai madridisti nel privarsi di un giocatore chiave come il trequartista di Gelsenkirchen con lo Special One che non si è naturalmente lasciato sfuggire l'occasione per punzecchiare un rivale storico come Ancelotti, apparentemente estraneo alla vicenda.
In questi casi è sempre utile partire dai numeri e in primo luogo quelli dell'affare: 50 milioni di euro per strappare il fuoriclasse tedesco d'origine turca dalle mani di Florentino Pérez e condurlo alla corte londinese di Arsène Wenger. Come al solito il manager francese, eterno indeciso a livello di mercato, ma solo a livello di mercato, ha compiuto l'ennesima operazione last minute per non scontentare l'accesissima tifoseria dell'Arsenal dopo aver sventolato un potere d'acquisto pari a 80 milioni di sterline e soprattutto in considerazione di un dato crudo e inequivocabile che vuole i Gunners a secco dal 2005 in Premier League.
Da un punto di vista tattico la scelta di Wenger può essere opinabile poiché spendere cotanta cifra quando probabilmente non era propriamente sulla trequarti che il club londinese avrebbe avuto bisogno di rinforzi, potendo vantare nomi eccellenti come Wilshere, Ramsey, Cazorla, Rosicky e lo stesso Arteta che all'occorrenza non disdegna certo un avanzamento di una decina di metri nelle zone del centrocampo, potrebbe risultare poco oculato. Semmai in difesa, autentico reparto dolens dell'Arsenal e non tanto per la quantità (37 reti subite nella scorsa Premier in fondo sono tutt'altro che uno scandalo) quanto per la qualità (6 rigori contro e una sintonia tutta da ricalibrare tra Mertesacker e Koscielny) e i postumi del grave infortunio di Vermaelen. Da un punto di vista tecnico la scelta è invece fuori discussione perché oltre ai 27 gol realizzati in 3 stagioni a Madrid è la quantità spaventosa di assist (81 in 159 presenze in totale) a parlare per lui. Un fuoriclasse di rutilante genialità e sopraffino talento, dalle movenze sontuose con e senza palla, uno che anche nelle situazioni più buie riesce sempre ad accendere la luce, a segnare e, soprattutto, far segnare (comprensibilissimo il Ronaldo inalberato) e che Mourinho stesso non ha esitato a definire il miglior numero 10 in circolazione.
Passaggi a vuoto ce ne sono stati, decisamente, come nella semifinale d'andata col Dortmund in Champions League nello scorso anno. Ma débacle e cali di forma a quei livelli sono più che tollerabili, fisiologici. Anche il rapporto con Mou non è sempre stato rose e fiori, con il giovane tedesco che ogni tanto lamentava esclusioni ingiustificate. Eppure ancora una volta i numeri e le prestazioni di Özil parlano in maniera ben più eloquente delle accuse di pessimo gusto svolazzate sui tabloid spagnoli messe in giro dal presidentissimo delle merengues a giustificazione della cessione del tedesco circa l'ossessione del giocatore per le donne, che siano la Mandy Capristo di turno o l'Aida Yespica del momento e che avrebbero condizionato pesantemente la vita sportiva del giocatore. Storie. Nient'altro che storie di donne e calciatori vecchie come Georgie Best.
Sarebbe bastato accennare ai bilanci, che a Madrid sono legittimamente cosa pubblica e chiarire il fatto che vendere Mesut Özil, il quale non ha accettato il rinnovo contrattuale con il club madrileno, rappresentava la scelta insieme a Higuain, Callejon e Albiol prima per ripianare un disavanzo in uscita di circa 170 milioni di euro generato dagli acquisti di Bale, Isco e Illarramendi e riequilibrare il monte ingaggi. Punto. E in tempi di fair play finanziario nonostante il mercato abitudinariamente fantamilionario di Florentino Pérez, tifosi e giocatori tutti avrebbero compreso, senza la necessità di un aggravante infamante e tendenziosa circa la sua vita privata, oltretutto sbugiardata dal fattore che ancora sembra aver più importanza nel mondo del calcio: il campo.
Chiaro che poi le parole nel tedesco alsaziano di Wenger siano risuonate come musica nelle orecchie dell'ex Real Madrid. Eccolo dunque lì, Mesut, valigie pronte e un biglietto di sola andata. London calling.