Passa la Spagna. Niente di strano. La monarchia del calcio, la monarchia europea e mondiale è in mano agli uomini di Del Bosque, non da ieri. Sarà Spagna-Brasile, con il benservito ai timorosi tifosi brasiliani che “intonavano” fischi in serie, di paura e timore, ai rossi di turno. Sarà Spagna-Brasile, ma poteva essere Italia. Non è stata sorpresa, ma poco ci è mancato. La roja si è scoperta debole, nel suo palleggio naif. Priva del suo pressing alto, delle sue lucide accelerazioni, ha prestato il fianco all'organizzazione azzurra. É stata l'apoteosi del prandellismo o se volete del giaccherinismo. Uno scugnizzo di lavoro e abnegazione. I maestri della tecnica irretiti dai perfetti movimenti di onesti “operai”. I Maggio e i Candreva di turno, frecce velenose e inarrestabili. Che serataccia per J.Alba e Villa! Resta in piedi la Spagna, non la puniamo in un primo tempo di folate tricolore, quando Casillas, bravo e fortunato, nega due volte il gol a Maggio. Il palo dice no a Giaccherini, sarebbe stata apoteosi. Il tacco di Pirlo infiamma Fortaleza e ci ricorda che quelli bravi li abbiamo pure noi. Buffon, dimentica le amnesie verdeoro, e si issa a simbolo di una nazionale orgogliosa. De Rossi non è quello di Roma. Qui ritorna De Rossi. Alfiere di Pirlo e poi guida di una difesa a tre old style. Chiellini-Bonucci-Barzagli, Maginot bianconera esportata in azzurro.

 

Regge la Spagna, regge perché come dice Prandelli “è da tempo che lavora su determinati concetti”. Regge, ma è poca cosa. Un lampo di Torres, una conclusione alle stelle di Piquè, ispirata dall'illusionista Iniesta. Il re è più pallido del solito, luce intermittente e fioca. Geniale a tratti. La palla per J.Alba nei supplementari suscita un “oh” di meraviglia, ma è gemma isolata in una serata di sofferenza. Di furie rosse manco l'ombra. Qualche guizzo in più quando Prandelli è costretto a rinunciare all'esausto Gilardino, lanciando nella mischia il piccolo Giovinco (El Shaarawy, faraone dimenticato, resta in panchina). Zanzara anestetizzata dai totem Piquè e Ramos.

 

Già mancava anche Balotelli. Il gigante a cui aggrapparsi, l'uomo destinato ad aprirci orizzonti di gloria. Assenza lieve la sua, nella sera in cui l'Italia dimostra quanto sia lontana l'idea “catenacciara” dal gioco di Prandelli. Il tiqui taca l'abbiamo fatto noi. Quasi lesa maestà, come quel Candreva che sbeffeggia in dribbling la titolata fascia iberica. La Spagna ha avuto paura, questa è la verità. Non sono crollati, ma hanno capito che se il calcio italiano vive un momento di sofferenza così non è per la rappresentativa nazionale. Con l'azzurro addosso, subentrano fattori extra, motivazioni superiori. La testa e il coraggio, il cuore e la fatica, superano i limiti del momento. Ed è bello in quell'ultimo minuto rivedere Chiellini, sconfitto dai crampi, appoggiare a Buffon, perché incapace di calciare. Vedere De Rossi accasciato al suolo, Marchisio che insegue il fresco J.Navas, stremato. Sconfitti, ma a testa alta. Sconfitti, ma tra gli applausi.