Il Brasile in subbuglio. Non in campo, nelle strade. É questo, molto più che la sfida col Messico, a preoccupare paese e squadra. Il popolo in rivolta. Per le strade, vicino agli stadi della Confederations e del futuro Mondiale verdeoro. Spese e rincari, furti e imbrogli. Come sempre nell'organizzazione delle grandi manifestazioni esistono ingranaggi nascosti, che celano il diffuso malcostume di arricchirsi a danno dei più poveri. I fischi sonori rivolti al Presidente Dilma Rousseff, a colloquio col predecessore Lula per cercare una via d'uscita, in occasione della presentazione dell'evento, durante la partita inaugurale, hanno lasciato il segno. Come la contestazione di piazza di lunedì notte. Fioccano arresti e feriti. L'aumento sulle tariffe dei trasporti, come le ingenti somme per sistemare o creare apparati che arricchiranno solo i potenti del calcio, ha fiaccato la pazienza del popolo. In un Brasile in grande ascesa, ma ancora dominato da problemi economici, in settori fondamentali come la sanità o l'istruzione, questo esborso è parso, alla gente comune, fuori luogo. Un'altra manifestazione è pronta, prima della sfida tra Nigeria e Uruguay di domani. É scesa in campo anche la squadra di Scolari, che ha invitato a protestare, ma in maniera pacifica, così come Dilma “Il diritto alla protesta è sacro, ma la violenza non sarà tollerata.”. Tensione. A circa un anno dal grande evento, il Brasile è già saturo e la situazione non accenna a placarsi.

Meno problemi sul prato verde, questo è certo. L'esordio col botto, contro il Giappone di Zaccheroni, ha messo in luce l'estro di Neymar, la concretezza di Paulinho, la leadership di Thiago Silva. Scolari è entrato nella mente dei suoi ragazzi,fornendo al suo undici un'identità precisa. Non più semplici funamboli del dribbling, ma campioni che sanno come muoversi e cosa fare. Ha “europeizzato” il suo Brasile. L'unica grana risiede in panchina. In molti vorrebbero dal primo minuto Lucas, al posto di Hulk. L'ala del Psg garantirebbe maggior imprevedibilità, ma non certo la fisicità del centravanti di casa a San Pietroburgo. La torcida brasiliana non ama l'ex Porto, bravo anche in fase di non possesso, ma poco spettacolare, e vorrebbe il figliol prodigo subito al proscenio. Difficile però che il duro Felipao si faccia influenzare. Altro dualismo quello tra Oscar e Hernanes. Spinge e non poco il laziale, tentenna il trequartista blues. Sempre più solida la posizione invece di Fred. L'ottimo esordio ha testimoniato ancora una volta l'utilità di un giocatore, non straordinario, ma tremendamente efficace per questo sistema.

De La Torre, dopo la sconfitta con l'Italia, sa che il passaggio del turno passa per un miracolo contro i pentacampeao. La difesa del Messico ha lasciato molto a desiderare, incapace di limitare lo strapotere fisico di Balotelli. Pensare possa far meglio contro i fenomeni in giallo appare utopia. Zavala e Torrado saranno chiamati a un sacrificio ancor maggiore davanti alla difesa, per limitare Neymar e gli inserimenti di Paulinho. Aquino, Giovani dos Santos e Guardado, sottotono contro i nostri, proveranno a innescare il chicharito, stellina di una nazionale che difficilmente potrà far lo sgambetto al “mostro verdeoro”.

Non bastasse la voglia di chiudere subito ogni discorso riguardante il passaggio del turno, a caricare l'ambiente Brasile contribuirà il ricordo dell'ultima disfatta. Disfatta olimpica. A Londra, nella finale per l'oro, l'inaspettato sgambetto messicano ai favoriti d'obbligo. Una doppietta di Peralta, qui assente, condannò un undici stellare. A nulla valse il 2-1 di Hulk allo scadere.