Se persino un uomo e un allenatore solitamente pacato e tranquillo come Steve Kerr arriva a sbottare alla fine del primo quarto di gara-7 contro Houston, allora vuol dire che i Golden State Warriors di quest'anno sono difficilmente decifrabili: "Stiamo giocando il peggior basket che abbia mai visto da quando sono qui, la cosa positiva è che siamo solo sotto di cinque", le sue parole davanti a David Aldridge di TNT.
Per poi rincarare la dose a fine partita, quando i Dubs erano riusciti a rimontare i freddissimi Rockets di Mike D'Antoni: "Nel primo tempo non ho riconosciuto la mia squadra". Ecco perchè i Warriors l'hanno scampata bella nella fornace del Toyota Center, complice anche l'assenza di Chris Paul e delle mani freddissime degli avversari. Una Golden State da Dr. Jekill e Mr Hyde, che nel primo tempo è stata sovrastata per intensità, salvo ribaltare l'esito di gara-7 di Finale di Conference con un terzo quarto da antologia. Anche nella "bella" di Houston, anche senza Chris Paul, si è giocata la pallacanestro che volevano i Rockets, fatta di isolamenti, di difesa faccia a faccia, di rimbalzi offensivi e di cambi selvaggi. Una tendenza che è iniziata in maniera marcata in gara-4, per proseguire sostanzialmente fino all'ultimo, con le sole, notabili eccezioni del secondo tempo delle ultime due sfide della serie. "Sapevamo che loro sarebbero arrivati stanchi a fine partita - ha detto Kevin Durant - il gioco di Harden, fatto di penetrazioni in uno contro uno, è massacrante". Parole condivise anche da Steve Kerr, che non ha comunque gradito la performance del primo tempo, quando Golden State non riusciva in alcun modo a entrare in ritmo offensivamente, subendo i canestri del Barba e di Eric Gordon, oltre alla fisicità e all'impatto di Clint Capela e P.J. Tucker. Avere Klay Thompson in panchina con tre falli non ha certo aiutato, ma se i Warriors sono ancora in corsa per il titolo lo devono anche alle percentuali degli esterni di D'Antoni.
Il terzo quarto ha modificato l'andamento della gara, perchè Stephen Curry è entrato in ritmo. E' il numero trenta l'uomo chiave dell'attacco di Golden State. Non a caso attaccato in difesa e aggredito quando ha la palla in mano, Steph è riuscito a cambiare il destino della serie con almeno tre triple delle sue, delle quali due dall'angolo, su blocco portato dal rookie Jordan Bell. Tutto ciò che D'Antoni non avrebbe mai voluto vedere si è materializzato in pochi secondi, perchè da quel momento in poi anche Klay Thompson ha iniziato a segnare con continuità, con Draymond Green a dettare i ritmi. La seconda metà del terzo quarto consegna dunque all'NBA una squadra straordinaria, ma il resto della serie ha indicato alla lega come provare a fermare i campioni in carica. Farsi battere da Kevin Durant in uno contro uno, costringere i Dubs a isolamenti, facendo così uscire dalla partita in un sol colpo Curry, Green e Thompson. Ovviamente non sono tantissime le squadre che possono permettersi di cambiare in maniera maniacale contro il quintetto dei californiani (a cui manca, e probabilmente mancherà anche alle Finals, Andre Iguodala): basti pensare a cosa accaduto a Ryan Anderson, schierato per qualche minuto da Mike D'Antoni e brutalizzato da Curry. Ma intanto, il fantastico movimento di uomini e palla dei Warriors può incepparsi, a certe condizioni e con i giocatori giusti. Spetterà ai Cleveland Cavaliers provare a effettuare il colpaccio nelle Finals che ci attendono da giovedì. Tutto da verificare il piano partita della squadra di Tyronn Lue, che però partirà da una certezza: attaccare Curry in difesa, come fatto da Houston con Harden.
LeBron James si calerà nella parte del trascinatore, nella speranza di non finire la benzina come accaduto al Barba, ma anche nella consapevolezza che questi Warriors hanno risorse anche nella propria metà campo: i Rockets hanno sbagliato tiri aperti nel secondo tempo di gara-7 (Trevor Ariza su tutti), ma la difesa ha tenuto a galla Golden State nei momenti più difficili, consentendo ai campioni di superare un ostacolo difficilissimo, mostrando a lungo due facce in attacco, come mai era capitato nell'era Kevin Durant.