Per il quarto anno consecutivo la Finale NBA sarà questione esclusiva tra i Cleveland Cavaliers di LeBron James ed i Golden State Warriors di Stephen Curry e Kevin Durant. Dopo la gara 7 ad Est che ha visto i Cavs corsari a Boston, nella notte gli Splash Brothers hanno ripetuto l'impresa di gara 1 espugnando il Toyota Center di Houston, travolgendo i Rockets così come fatto in gara 6, in uscita dagli spogliatoi nel secondo tempo. Dopo un primo parziale fatto di intensità e grinta, oltre che delle solite scorribande di Harden e Gordon - i Rockets perdono qualcosa in corso d'opera, calando alla distanza difensivamente e pagando eccessivamente le pessime percentuali da oltre l'arco (0/27 il parziale chiuso da Pj Tucker). Ne approfittano invece Curry, Thompson e Durant, che come nella baia iniziano a carburare ed asfaltano a suon di triple i rivali, ribaltando inerzia e punteggio e centrando così l'ennesima finale del ciclo d'oro di coach Kerr. 

Come detto l'avvio è tutto di marca Houston. Golden State fatica a carburare in attacco, asfissiato dai cambi di marcatura continui della difesa di D'Antoni, intensa e clamorosamente efficace sul perimetro. Curry e Durant forzano ripetutamente, mentre dalla parte opposta la lucidità e la freschezza atletica consente ad Harden di creare i presupposti per il parziale iniziale: la tripla di Gordon vale il più 4, poi è Capela - devastante sotto le plance - ad allungare ulteriormente. I Warriors - condizionati dai problemi di falli di Klay Thompson, tre in un amen - si aggrappano a Livingston ed ai lampi di Durant per restare aggrappati alla contesa, ma è Harden a confermare il margine in favore dei padroni di casa alla prima sirena.

D'Antoni prova a scongelare Anderson e Johnson dalla panchina, ma la mossa non paga i dividendi sperati. Golden State attacca la scarsa mobilità delle ali rivali, ma è difensivamente - a rimbalzo soprattutto - che non sembra riuscire a cambiare il vento della gara. I secondi e terzi tiri per i Rockets fanno tutta la differenza, assieme all'intensità ed alla vigoria messa dai protagonisti sul parquet: nemmeno le sospensioni di Kerr scuotono Golden State, con Gordon e Tucker che implementano il bottino di vantaggio ed acuiscono le difficoltà degli ospiti spalle a canestro. Capela fa il resto giganteggiando nel pitturato nelle due metà campo, Houston tocca il massimo vantaggio prima sul più 13, poi sul più 15. Harden sente l'odore del sangue ma non riesce nel momento migliore a dare il colpo forse definitivo alla sfida, concedendo a Curry e Thompson di accorciare fino al -11 dell'intervallo (una manna per gli ospiti). 

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Nella ripresa il vento e l'inerzia cambiano quasi immediatamente. Golden State cambia faccia fin dal principio, soprattutto difensivamente, dove Harden viene limitato nelle sue iniziative. Le energie del barba, al pari di quelle dei compagni, iniziano a calare alla distanza, così come le percentuali da oltre l'arco: Houston è legata indissolubilmente al suo sistema di gioco e, fatta eccezione per qualche penetrazione al ferro di Gordon, di Capela e dello stesso 13, trova pochissimo in attacco. Il parziale di 27 triple consecutive sbagliate crea i presupposti per la rimonta dei Warriors, che si concretizza grazie a Stephen Curry: il furetto degli ospiti sale in cattedra e piazza 14 punti nel terzo periodo, condendo la sua prestazione con quattro triple da distanza siderale. Thompson e Durant lo seguono a ruota, firmando prima l'aggancio e successivamente il sorpasso. E' la mazzata che taglia le gambe ai Rockets, i quali stentano a trovare le energie, mentali e fisiche, per reagire. 

Gli ultimi dodici minuti sono di fatto una formalità, con i Warriors che gestiscono il vantaggio acquisito e rispediscono al mittente i tentativi - d'orgoglio e di disperazione - dei Rockets, i quali portano la firma esclusivamente di un encomiabile Gordon; Harden sparisce alla distanza, visibilmente provato fisicamente, mentre Capela fa ciò che può. Tucker sblocca i suoi dall'angolo da tre, ma è troppo tardi. Dalla parte opposta la transizione offensiva consente a Thompson di piazzare la tripla che da la doppia cifra di vantaggio ai viaggianti, i quali possono togliersi la scimmia dalle spalle e giocare con relativa serenità gli ultimi minuti. Durant, in isolamento, riesce a rimettersi in ritmo e a piazzare i canestri della staffa, quelli che sanciscono per la quarta volta consecutiva l'ingresso dei Golden State Warriors di coach Kerr alle NBA Finals. 

I tabellini