Tutta un'altra storia, come direbbe Pino Daniele. In gara 2 il riscatto degli Houston Rockets arriva mettendo in pratica il piano partita di coach Mike D'Antoni, che ribalta i principi della sua squadra rispetto al primo appuntamento della serie e riesce a coinvolgere molto più attivamente i comprimari i quali, oltre al solito apporto del duo - Paul ed Harden - riescono a confezionare le giocate dell'allungo prima e della vittoria successivamente. Una vittoria che non ribalta il fattore campo ma infonde fiducia ed entusiasmo ai Rockets, in vista delle due partite di San Francisco alla Oracle Arena. 

"Abbiamo giocato con molta più intensità in difesa, altrettanto di conseguenza lo abbiamo fatto in attacco. Abbiamo condotto molto meglio la palla in transizione, abbiamo corso molto meglio il campo e abbiamo passato molto meglio la palla coinvolgendo tutti in attacco. Questo è ciò per cui ci siamo preparati ed è questo che ci serve per controllare al meglio le partite. Ma tutto parte dalla difesa, che ci da energia ed entusiasmo". 

La differenza, rispetto a gara 1, come già sottolineato in precedenza, per D'Antoni è evidente e la sottolinea ancora una volta in conferenza stampa: "Questione di ritmo, di energia. Ci troviamo di fronte a due dei migliori attacchi di sempre, non abbiamo cambiato modo di giocare rispetto alla prima partita, semplicemente abbiamo trovato maggiore fiducia dalla transizione e dal muovere la palla ed il resto è arrivato di conseguenza. Abbiamo giocato così per tutta la stagione. Siamo molto più noi stessi quando giochiamo la pallacanestro che abbiamo studiato e creato, non dobbiamo cambiare nulla. Al pari di Golden State e dello staff di coach Kerr che ha preso il loro talento e lo ha messo in condizione di giocare al meglio, anche noi abbiamo fatto lo stesso, poi potrà non piacere a qualcuno, ma poco importa. Abbiamo provato a guardare al materiale che avevamo e massimizzarlo nel modo migliore possibile ed è ciò che stiamo facendo". 

Nell'analisi della sfida si prosegue nel parallelo tra le prime due gare con il tecnico dei texani che rende omaggio alla prestazione di Capela e guarda a cosa è cambiato nella marcatura di Durant: "Clint è molto importante per la nostra squadra, perché ci da molta presenza a rimbalzo, ci protegge il canestro, ci fa correre. Inoltre è fondamentale difensivamente perché può cambiare su tutti, può marcare i piccoli come i lunghi, può correre il campo e creare spazio. Per noi è fondamentale. Non è cambiato molto su Durant, insomma lui è incredibile a tratti è immarcabile, non possiamo cambiare molto. Possiamo invece provare a cambiare le altre piccole cose, che stasera ci hanno permesso di vincere la partita, come le palle perse, l'intensità che abbiamo messo in difesa, i cambi difensivi e tante altre piccole cose delle quali abbiamo parlato e che siamo riusciti a migliorare". 

Spazio anche alle questioni relative alla tattica, con i pick&roll offensivi di Harden e Paul che mirano a coinvolgere difensivamente Stephen Curry per renderlo maggiormente vulnerabile: "E' sicuramente un aspetto sul quale abbiamo lavorato e sul quale ci piace giocare, anche se a prescindere da questo ci premeva di più essere più fisici, aggressivi ed intensi, al di là di ogni questione tattica. Avevamo bisogno di giocare in questo modo e l'abbiamo fatto, ora dobbiamo provare a farlo anche ad Oakland". 

La chiosa è relativa al terzo quarto, decisivo, di Chris Paul, nel quale l'ex playmaker dei Clippers è salito in cattedra - tra punti ed assist - ed ha contribuito al parziale che ha spaccato in due la partita: "Ha giocato semplicemente come sa giocare. E' stato aggressivo, ha coinvolto in maniera spettacolare Pj sul perimetro o sui tagli, ma in generale è stato lui stesso, è questo il suo modo di giocare. Il suo modo di provare a vincere è questo, ovvero provando a fare giocate su giocate, non verrà mai da te a dirti devo avere più la palla, devo prendere più tiri, devo giocare più minuti, ma semplicemente prova a fare il massimo per la squadra quando è in campo".