Reazione nervosa, forte, importantissima degli Houston Rockets in gara-2 delle finali di Western Conference NBA. Dopo aver patito una gara-1 pressoché perfetta dei Warriors ed in particolare di Kevin Durant, i razzi rispondono guidando dall’inizio alla fine il secondo capitolo della serie, a fronte di una prova opaca dei campioni in carica. Ovviamente rimane escluso dal discorso l’ex-Thunder, che ne mette 38 con 13/22 dal campo e guida i suoi in ogni passaggio della gara, ma il resto del quintetto titolare fatica moltissimo al Toyota Center, e dalla panchina non arrivano segnali più incoraggianti. Houston, invece trova una straordinaria prova corale: 27 per Harden (9/24 dal campo) ed Eric Gordon (8/15), ma vanno in doppia cifra anche Tucker (22 con 8/9), Ariza (19 con 7/9) e Chris Paul, autore di 16 punti, 6 assist e 3 rubate, in una gara in cui i ragazzi di D’Antoni sono sempre sembrati decisi ed in pieno controllo del ritmo. 127-105 il finale, si vola nella baia di San Francisco col risultato della serie in parità.

Nessuna sorpresa nei quintetti di partenza: ci sono i cosiddetti Hampton Five (il quintetto “piccolo”, se preferite), per Steve Kerr, che affianca Durant e Iguodala a Draymond Green, da centro, ed agli Splash Brothers Curry e Thompson. Dall’altra parte, invece, non si rinuncia a Capela, c’è Trevor Ariza con Paul, Harden e PJ Tucker.

Per la gioia dei cardiologi degli appassionati di basket si parte a ritmo leggermente più basso rispetto a gara-1: tanti errori e imprecisioni nei primi due minuti, ma sul 4-4 arrivano i primi squilli, sempre dagli stessi protagonisti. Durant, infatti, si ritrova accoppiato con Paul e lo punisce in turnaround, mentre Harden riesce a portare a spasso Thompson per chiudere la penetrazione mancina. Le due stelle monopolizzano gli attacchi (rispettivamente, sei dei primi dieci e sette dei primi undici punti della propria squadra), mentre tra i diversi errori vanno segnalati quelli ai liberi (0/2) in apertura di Capela, battuto inoltre due volte dalle penetrazioni di Curry nella metà campo difensiva. Si procede abbastanza sui binari dell’equilibrio, si iscrivono al tabellino anche Looney (due ottime schiacciate) e Gordon, finalmente incisivo dall’arco con due centri molto pesanti che compensano l’intermittenza delle conclusioni del Barba. Houston tiene bene in difesa e riesce ad aprire un parzialone di 10-0, ma il 2+1 di Curry riporta subito i Warriors quasi a contatto: alla prima sirena il tabellone recita 26-21 per i padroni di casa.

PJ Tucker, dalla distanza, bagna il primo sangue della seconda frazione, mentre dopo aver chiuso 0/7 i primi 12’ anche Golden State trova il primo centro da tre punti, nella persona di Nick Young. Agganciato il -3, i Warriors vengono subito ricacciati indietro da due magie di Chris Paul: tripla in faccia a Thompson ed assist fuori equilibrio per il gioco da tre punti di Capela. Annebbiati i suoi, Kerr è costretto a chiamare timeout da una bomba senza senso alcuno di Harden che sancisce il 38-26. Gli ospiti però, ovviamente, non demordono, e grazie al contropiede firmato Livingston ed alla tripla di Thompson si riportano sul -5 prima che Tucker (ancora lui) mandi dentro due triple pesantissime in meno di trenta secondi per riportare oltre i 10 punti lo scarto. A cinque dal termine Klay scuote ancora i suoi, ma Houston ha una cattiveria tutta nuova rispetto a due giorni fa: Ariza e Gordon sono solo esecutori, da lunga distanza, capaci di concludere al meglio due splendide azioni offensive corali. Golden State incassa lo svantaggio massimo (-14) ma non riesce a reagire, continuando a sbagliare dal campo e soprattutto in costruzione, con un paio di palle perse assolutamente frettolose e banali. I Rockets ringraziano e, in semi-transizione, trovano altri quattro punti per il 60-42. Paul continua a lavorare come splendido regista palla in mano, mentre i punti cruciali arrivano ancora da Ariza, scatenato al ferro, e da PJ Tucker. Si arriva addirittura al 64-45, prima che Kevin Durant, unico dei suoi sempre mentalmente nella gara, riesca a sparare due triple incredibili, dal palleggio, per accorciare il gap. Al rientro negli spogliatoi, difatti, il punteggio è 64 Rockets, 50 Warriors.

Un fallo in attacco di KD inaugura il secondo tempo, premiando il grandissimo aiuto di Tucker su Harden, ma l’ex-OKC si fa subito perdonare con l’eurostep mancino che gli vale il ventesimo punto personale della gara. Houston protegge il vantaggio nonostante il tentativo di Steph Curry di mettersi in partita, mentre Durant continua il suo personalissimo one-man-show facendo suonare la retina da lunghissima distanza per poi centrare il bersaglio anche in step-back. Decimo punto dei quattordici totalizzati dai suoi nel quarto, il 35 prende letteralmente per mano i compagni per riportarli alla doppia cifra minima di gap sul 74-64. I Rockets rimangono in campo e controllano il vantaggio col quintetto iper-piccolo (Ariza da centro) ed è ancora Paul a tramare per sei punti filati: due dalle sue mani, due dati in prestito al solito Tucker, prima di un jumper dalla media di pura onnipotenza cestistica. Dall’altra parte gli errori ed i ferri continuano a piovere da qualsiasi latitutine e, soprattutto, da ogni protagonista che non si chiami Durant, ed ecco che Kerr vede i suoi staccarsi ancora un po’ di più. Negli ultimi quattro minuti si segna meno, ma Houston contribuisce con altri mattoncini all’impresa: la difesa del pitturato degli ospiti è rivedibile, sia Capela che Gordon portano a casa punti importanti con relativa facilità attorno al ferro avversario. Durant, ancora lui, con qualsiasi intenzione tranne quella di abbandonare la nave, mette sul piatto altri sei punti consecutivi, ma intorno c’è troppo poco: unica presenza quella, nell’ultima azione, di Nick Young che manda a bersaglio la tripla ispirata da Livingston per il 95-79.

Ad inizio quarto quarto arriva finalmente l’acuto di Steph da Steph, pescando tre punti dalla spazzatura della partita, ma con Harden in panchina è Gordon a vestire i panni del supereroe, sparando a segno un tiro senza ritmo e senza senso da nove metri. Quando la penetrazione di Paul gli vale i punti 15 e 16 della sua partita i Rockets si confermano in totale controllo di flow e tabellino, con l’ex-Clippers ancora al timone dopo un primo tempo sottotraccia. Curry prova ancora ad alzare il livello del suo gioco regalando a Livingston la schiacciata del -12, ma agli ospiti manca il guizzo decisivo per richiudere il gap al momento giusto. Anche con Paul confinato in panchina dai cinque falli, ad otto minuti dallla sirena finale, infatti, D’Antoni vede i suoi muoversi bene ed amministrare la palla nella maniera giusta. Ancora inarrestabile Eric Gordon che fa 103-89, ma la pietra miliare la mette James Harden scippando Durant (quinta palla persa) e scappando subito in campo aperto per la schiacciata. La rottura prolungata non termina qui per i Warriors, ed ecco che arriva l’ondata che piega definitivamente gara-2 verso il Texas: la palla circola benissimo tra le mani dei rossi, ed a far suonare la retina dall’arco sono, in ordine, Tucker, Harden e Gordon. Clamoroso il parziale di 14-2, si infiamma il Toyota Center, mentre Durant raccoglie quinto fallo e tecnico per proteste. Quattro minuti abbondanti di garbage time possono bastare, Houston reagisce benissimo dopo la sconfitta di gara-1, travolge una scialba Golden State e vince col punteggio di 127-105.