Un'attesa durata circa sette mesi sta per terminare. E' dall'opening night della regular season NBA (ma forse anche da qualche tempo prima, dall'arrivo in Texas di Chris Paul) che la Western Conference attende con palpitazione sempre crescente la sua finale: Houston Rockets contro Golden State Warriors, Mike D'Antoni contro Steve Kerr, con i primi ad avere il vantaggio del fattore campo.
In stagione regolare Houston non ha sostanzialmente trovato intoppi, ha vinto due delle tre sfide contro i Dubs, compresa quella inaugurale all'overtime, ha fatto il pieno di fiducia con James Harden principale candidato al premio di MVP, e si è messa dietro gli avversari californiani, incappati invece in un'annata con qualche infortunio di troppo e con diversi alti e bassi difensivi. Inizia dunque stanotte la serie più scrutinata di questi NBA playoffs, per molti una finale anticipata, a prescindere da cosa succederà a Est tra Boston Celtics e Cleveland Cavaliers. Si affrontano due squadre straordinarie, che sinora hanno spazzato via chi ha provato a pararsi sulle rispettive strade. Minnesota e Utah sconfitte dai Rockets, San Antonio e New Orleans dai Warriors. Qualcosa che fa già parte del passato, e che verrà dimenticato dalla palla a due del Toyota Center. Per mesi i texani si sono preparati per quest'appuntamento (un'ossessione, come candidamente confessato dal general manager Daryl Morey), dopo aver inserito nel loro roster un certo Chris Paul, point guard eccezionale ma mai giunta in Finale di Conference in carriera. CP3 è uomo fondamentale per le sorti della squadra di D'Antoni, perchè stempera gli eccessi degli isolamenti e dei pick and roll per James Harden. Non solo palla al Barba dunque, ma anche al sapiente Paul, in un sistema che prevede tiri da tre, transizione, layup e soprattutto ritmo. Se Paul e Harden costituiscono uno dei migliori backcourt della lega, Clint Capela è senza dubbio uno dei centri più importanti dell'NBA. La sua verticalità, unita a un atletismo fuori dal comune, consente scelte difensive estreme a D'Antoni, che lo coinvolge in situazione dinamica anche in attacco. Una batteria di grandi tiratori (Eric Gordon, Trevor Ariza, Gerald Green, ma anche P.J. Tucker) e ottimi difensori (gli stessi Ariza e Tucker, più Luc Mbah a Moute) completano una rotazione affidabile per D'Antoni, che sta invece utilizzando con il contagocce Nènè e Ryan Anderson.
Quella con i Warriors sarà una serie in cui il concetto di cambio sarà portato all'esasperazione. Impossibile delineare chi difenderà su chi. Ci saranno ovviamente degli accoppiamenti di partenza, che verranno però stravolti da una lunga serie di blocchi e pick and roll. Houston proverà a mettere Steph Curry (le cui reali condizioni sono ancora da verificare) nel frullatore, mentre Golden State ha il vantaggio di avere dalla sua parte uno come Kevin Durant, fenomenale sia in attacco che in difesa, oltre che Draymond Green, scienziato difensivo a cui sarà concesso il tiro da tre punti con una certa continuità. Si sfidano i due migliori attacchi della lega, numeri alla mano, non solo a causa del quantitativo di talento disponibile, ma anche per i sistemi offensivi costruiti dai due allenatori. Più estremo quello di Mike D'Antoni, che ha comunque affinato il suo corri e tira rendendolo adatto alle caratteristiche dei suoi giocatori, specie di James Harden, uno che tende a fermare la palla, e che ha trovato elementi in grado di rendere competitivi i Rockets anche nella loro metà campo. "La differenza? Noi pensiamo alla difesa, Houston no", disse Draymond Green a inizio stagione. Concetto che ora va in parte rivisto, nonostante i Warriors abbiano certezze difensive diverse, costruite negli anni e rese straordinarie da Durant. Il primo dubbio della serie riguarderà il quintetto di partenza di Kerr: chi schierare contro Capela per qualche minuto? JaVale McGee è un'opzione, ma c'è chi giura che i Dubs potrebbero affidarsi subito a Kevon Looney o presentarsi con il nuovo Death Lineup (Green, Durant, Iguodala, Thompson e Curry). Klay Thompson sarà l'X Factor della serie per i californiani, per la sua capacità di giocare sui due lati del campo, pronto a ricevere scarichi che arrivano spesso dal post. Differenza netta tra le due squadre: Houston non va praticamente mai spalle a canestro, al contrario di Golden State, che fa partire il suo flusso proprio da lì. Si preannuncia una serie lunga, in cui la differenza la farà la difesa in transizione. Fondamentali Tucker e Ariza da una parte (oltre ai Big, si intende), Iguodala e Green dall'altra. E' un esame duro per i Warriors, che da stasera incontrano forse l'avversario più forte mai affrontato negli ultimi anni a Ovest, con ogni probabilità più pericoloso anche degli Oklahoma City Thunder di due anni, quelli che avevano Durant in campo.