La maglia è sempre quella. Ha il numero 23 sulla schiena e porta il nome di LeBron James. Ed è l'incubo che popola da almeno un paio di stagioni i playoffs dei Toronto Raptors. Battuti 4-2 in finale di Conference nel 2016, cappottati al secondo turno (sweep, 4-0) nel 2017, i canadesi allenati da Dwyane Casey rischiano ancora una volta di chiudere la loro stagione contro i Cleveland Cavaliers.
D'altronde, proprio un anno fa, l'head coach dei Raptors si giustificava così dopo il netto k.o. subito con i Cavs: "Ci sono stati grandi giocatori che non hanno mai vinto un titolo nell'era di Michael Jordan. Oggi vale lo stesso discorso, con LeBron gli altri devono arrendersi". Giustificazione che comunque non impedì ai Golden State Warriors di Steve Kerr di battere il Prescelto e i suoi per la seconda volta in tre anni. Le parole di Casey sembravano presagire la resa definitiva di Toronto, franchigia ben organizzata e guidata dal general manager Masai Ujiri. Lo stesso Kyle Lowry, veterano e stella della squadra, aveva lasciato intendere a chiare lettere di voler salutare il Canada per "provare a vincere" (strizzando l'occhio ai Philadelphia 76ers), salvo poi innescare una brusca retromarcia e rinnovare con i Raptors. Un progetto tecnico che non aveva prodotto risultati da titolo è rifiorito così quest'anno, anche e soprattutto al lavoro dello stesso Dwane Casey, abile a implementare un sistema di continuità offensiva, meno imperniato sugli isolamenti per Kyle Lowry e DeMar DeRozan e più aderente ai trend dell'NBA di oggi, con tiratori da tre punti (preso C.J. Miles nella free agency, miglioratissimo lo stesso DeRozan), un secondo quintetto in grado di vivere di vita propria e un centro titolare più coinvolto nelle dinamiche dell'attacco. Finchè si è rimasti nell'ambito della regular season, Toronto ha dato spettacolo, finendo per chiudere prima nel ranking della Eastern Conference, davanti anche ai solidissimi, ancorchè decimati, Boston Celtics di Brad Stevens. Ma era (ed è ai playoffs) che i canadesi cercano il loro personale riscatto, soprattutto in una stagione in cui i biancoverdi sono alle prese con defezioni di ogni tipo e i Cavs si sono oggettivamente indeboliti rispetto a dodici mesi fa.
Il primo turno contro i Washington Wizards ha ripercorso la falsariga di quanto accaduto negli ultimi anni. Avanti due zero dopo i primi due episodi della serie in Canada, i Raptors sono stati rimontati dalla squadra di John Wall e Bradley Beal, riuscendo a chiudere i conti solo in gara-6, sfruttando le contraddizioni e le difficoltà (Otto Porter out per infortunio degli avversari). Ecco dunque il secondo turno contro i Cavs, con il vantaggio del fattore campo e di un paio di giorni in più di riposo rispetto alla squadra di LeBron, costretta a gara-7 dagli Indiana Pacers di Nate McMillan. Ma neanche in questo caso Toronto è riuscita ad approfittare della contingenza favorevole: un James stanco e non perfetto al tiro (comunque in grado di mettere a referto una tripla doppia) avrebbe forse accettato senza strapparsi le vesti di perdere la gara d'apertura, consapevole della sua personale forza di reazione. Invece Cleveland ha vinto lo stesso, rimanendo agganciata ai rivali fino al quarto quarto, per poi passare in overtime grazie alle triple di Kyle Korver e J.R. Smith (in faccia al sempre più insopportabile Drake) e all'intensità sotto canestro di Tristan Thompson. Dal punto di vista tecnico, Toronto ha provato a sfruttare il missmatch Jonas Valanciunas-Kevin Love, con il lituano attivissimo per almeno tre quarti e dominante fisicamente contro il Beach Boy (doppia doppia da 21 punti e 21 rimbalzi). Ma Valanciunas, come il resto dei Raptors, si è sciolto sul più bello: il suo 1/7 nel quarto periodo racconta delle difficoltà psicologiche della sua squadra, che ha tentato di coinvolgere tutti, costruendo buoni tiri per Fred VanVleet, sia nel finale di quarto quarto che di overtime. Tiri che non sono entrati, perchè i playoffs non sono la regular season e perchè la pressione è diversa, adesso enorme su Toronto, costretta a vincere gara-2 per non condannarsi a una serie di agonia.
Difensivamente, al netto della marcatura del rookie OG Anunoby su James, non è ancora chiaro cosa voglia fare Casey contro LeBron: raddoppiarlo, generando buoni tiri per i compagni, o mandarlo al ferro, a costo di subire cinquanta punti a sera dal Prescelto? Da stanotte ne sapremo di più, ma è dal punto di vista mentale che i Raptors devono ancora svoltare, nonostante una regular season da record.