Non sono i favoriti ma per la vittoria della Western Conference, ma gli attuali New Orleans Pelicans rappresentano la prima vera minaccia al trono dei Golden State Warriors. Il secondo turno di playoffs dell'Ovest offre agli appassionati di pallacanestro a stelle e strisce una sfida di altissimo livello, non solo per la presenza dei campioni in carica, ma anche per l'assalto al potere dei Pelicans di Alvin Gentry, reduci dallo sweep rifilato ai Portland Trail Blazers. Sarà una serie con Steph Curry in dubbio, quantomeno per le prime partite, e con tanti punti di domanda relativi al "come" il due volte MVP della regular season tornerà in campo dopo oltre un mese di stop. Golden State contro New Orleans è anche Steve Kerr contro Alvin Gentry, due che si conoscono bene, per avere condiviso la stessa panchina alla Oracle Arena (nel 2015, primo titolo di questi Warriors) e anche per aver lasciato una traccia importante nella storia più o meno recente dei Phoenix Suns. E' una serie che costituisce un banco di prova importante per entrambe le squadre: per Golden State, che non ha dovuto spremersi più di tanto per eliminare i San Antonio Spurs, e per New Orleans, che invece ha impressionato contro i Trail Blazers, e che non conosce ancora i suoi limiti.
IL CAMMINO
Estremamente lineare quello dei Warriors. I campioni NBA hanno disputato tre quarti di regular season in linea con quanto fatto nelle ultime tre stagioni, salvo alzare il piede dall'acceleratore nel finale, complici gli infortuni di Klay Thompson e Steph Curry (prima alla caviglia, poi al legamento mediale collaterale del ginocchio) e una certa leggerezza e superficialità difensive. Da montagne russe la strada percorsa dai Pelicans, che a inizio stagione lottavano per rimanere intorno al 50% tra vittorie e sconfitte. Fino a un paio di momenti di svolta, coincisi prima con la quadra trovata con DeMarcus Cousins in campo, poi con l'infortunio dello stesso Boogie. La rottura del tendine d'Achille dell'ex giocatore dei Kings ha modificato il gioco di New Orleans, che lo ha sostituito con un tiratore come Nikola Mirotic, e ha "liberato" da compiti di spaziature particolari Anthony Davis. NOLA ha dunque chiuso su una nota alta, quinta a Ovest, per poi spazzare via Portland al primo turno di playoffs, in una serie che al contrario si preannunciava equilibrata. Golden State ha invece recuperato le versioni migliori di Durant, Thompson e Green contro San Antonio, concedendo agli Spurs solo una vittoria, in una serie mai realmente in discussione.
I SISTEMI DI GIOCO
Solito, spettacolare movimento di uomini e palla di Golden State, quantomeno fino a marzo, fino all'infortunio di Steph Curry. Provato, con buoni risultati, l'esperimento Quinn Cook, Steve Kerr ha lanciato poi nei playoffs dall'inizio il veterano Andre Iguodala, certo non un tiratore e neanche una point guard, ma comunque un trattatore di palla. Le uscite di Klay Thompson, i movimenti di flusso e i tagli a canestro continuano a caratterizzare l'attacco dei Warriors, ma con Kevin Durant sempre più spesso con la palla in mano, soprattutto nei finali punto a punto. Quando rientrerà Curry, i Dubs torneranno al loro schieramento tradizionale, con un altro clamoroso realizzatore in grado di aprire il campo e generare un quantitativo di attenzioni spropositato. Anche la New Orleans attuale è però un'orchestra offensiva di alto livello: Anthony Davis è tornato a seguire i suoi istinti, senza essere costretti a dividersi isolamenti con Cousins, mentre Nikola Mirotic è una minaccia costante sul perimetro. The Brow è cercato soprattutto in posizione dinamica, dove il suo atletismo è devastante, mentre il reparto esterni è gestito in maniera sapiente da Rajon Rondo e Jrue Holiday, con il secondo che ha aggiunto tiro da tre punti e canestri clutch al suo repertorio. La difesa di Golden State è tra le migliori della lega, ma non è ancora stata testata ai playoffs, quella di New Orleans si giova dello stesso Holiday e degli istinti di Rondo, oltre che della verticalità di Davis.
I ROSTER
Con il rientro di Curry, la differenza di profondità dei due roster sarà notevole. I Warriors possono contare sui Big Three o Fab Four, ovverosia sullo stesso Steph, su Klay Thompson, su Kevin Durant e Draymond Green, oltre che su diversi giocatori di ruolo fondamentali nel sistema di Kerr. Da Zaza Pachulia a JaVale McGee, da Shaun Livingston ad Andre Iguodala, uomo barometro dei Dubs, passando per Nick Young, Quinn Cook, David West e per le terze linee Kevon Looney e Damian Jones. Oltre al quintetto titolare, di cui fa parte anche E'Twaun Moore, tiratore e buon difensore, Alvin Gentry non ha molto a disposizione. Sugli esterni ci sono minuti per Darius Miller, professione tiratore, Solomon Hill, che ha saltato buona parte della stagione per infortunio, e Ian Clark, ex della serie, mentre nel reparto lunghi l'energia è garantita da Cheick Diallo, con l'esperto Emeka Okafor più defilato.
LE CHIAVI DELLA SERIE
Inutile girarci intorno. Le condizioni di Steph Curry e il rendimento della difesa di Golden State faranno la differenza. Se il prodotto da Davidson tornerà a dare il suo tipico contributo e se nella propria metà campo i Warriors si confermeranno squadra d'élite, la serie dovrebbe comunque avere un padrone chiaro. In caso contrario, i Pelicans avranno una chance, non solo perchè non hanno nulla da perdere, ma anche perchè possono permettersi Anthony Davis da centro, contro il quale Golden State potrebbe non avere reali contromisure (oltre a qualche minuto ad alta intensità di McGee). New Orleans è inoltre una delle poche squadre che può contrastare il backcourt di Golden State con due buoni difensori, Rondo (quando è concentrato) e Jrue Holiday, splendido two way player, mentre manca un eversore di Kevin Durant. Da attendersi cambi continuativi sui due lati del campo, con Draymond Green uomo chiave da una parte e dall'altra. Le percentuali di Thompson saranno un fattore, per una squadra a cui piace correre e giocare ad alti ritmi, ma che stavolta si troverà contro un gruppo perfettamente amalgamato e in linea con le tendenze vincenti dell'NBA di oggi.