Ad un passo dal baratro e dall'eliminazione, gli Oklahoma City Thunder si sono aggrappati alla loro roccia, al loro uomo più carismatico ed emotivamente carico, l'unico in grado di salvare baracca e burattini con la sua foga agonistica, il suo attaccamento alla maglia, la sua dedizione. Si può dire tutto di Russell Westbrook, ma non che quando ci sia da mettere il cuore e gettarlo oltre uno e più ostacoli non sia il primo a farlo. E lo fa anche decisamente bene. Come nella notte, quando dopo quattro minuti del terzo periodo della decisiva gara-5 per i suoi Thunder, lo zero si è letteralmente preso la squadra sulle spalle trascinandola dal -25 alla vittoria.
Una reazione d'orgoglio, di personalità, ma che assume i connotati del grido di disperazione di chi, in cuor suo, sa bene di stare annegando - dal punto di vista prettamente sportivo. Verosimilmente i ragazzi di Donovan hanno soltanto prolungato un'agonia che li ha visti messi sotto dal punto di vista cestistico dal primo all'ultimo istante di questa serie, ma che con l'energia e la voglia i Thunder hanno contribuito ad allungare. Gli Utah Jazz, dal loro canto, possono e devono recriminare per una ghiottissima occasione buttata al vento, quella di archiviare una serie che - non succede, ma se dovesse essere riaperta - potrebbe essere girata proprio a otto minuti dalla fine di gara-5, sul punteggio di 71 a 46 per gli uomini di Snyder. Ospiti in totale controllo, mentale e tecnico della gara, oltre che padroni della scena nelle due metà campo: Mitchell perfetto, Gobert altrettanto spalle a canestro, Rubio in gestione delle operazioni e dei ritmi della sfida. Prima del buio pesto.
Due triple a dare il via alla rimonta, firmate chiaramente da Westbrook, il quale indica la strada a Paul George ed inizia a far vacillare le certezze difensive dei Jazz. Più che altro, meriti e colpe vanno divisi in porzioni uguali, in quanto l'eccesso di confidenza e l'eccessiva rilassatezza dei viaggianti ha contribuito e non poco a lasciare uno spiraglio aperto al ribaltone finale. Nel giro di poco più di dieci minuti i Thunder sono riusciti a chiudere il gap ed a mettere la freccia del sorpasso nel punteggio: il parziale di 32-7 in 8 minuti, chiuso così come era stato iniziato dalla tripla di Westbrook, con il quale Oklahoma City ha raddrizzato il match è stato successivamente chiuso e legittimato dai gregari come Adams, Grant ed Abrines, abili a sfruttare gli spazi che la difesa ospite - concentrata su Westbrook e George - ha lasciato fisiologicamente.
"Abbiamo smesso di difendere e, successivamente, di giocare a basket come sappiamo" ha ammesso candidamente Donovan Mitchell a fine gara. Il rookie dei Jazz stava per firmare un'altra vittoria di prestigio, portandosi a casa nello Utah anche lo scalpo dei Thunder, ma dovrà aspettare quantomeno altri 48 minuti prima di ottenerlo definitivamente. Di contro, il successo in rimonta potrebbe infondere fiducia ed entusiasmo ai padroni di casa, così come contribuire ad un contraccolpo psicologico nelle teste dei giocatori di Snyder i quali hanno sperperato un vantaggio fin troppo cospicuo a 20 minuti dalla sirena conclusiva. "Era una partita da dentro o fuori - ha aggiunto Westbrook a fine gara - Sapevamo di dover fare di tutto pur di avere una possibilità di vincere questa partita e non essere eliminati e credo che stasera tutti abbiano svolto il proprio dovere al meglio. Abbiamo fatto un eccellente lavoro tutti assieme".
Per vedere se ci saranno ripercussioni sul morale dei Jazz non resta che aspettare gara-6, la quale a questo punto si preannuncia decisiva per le sorti della serie stessa. Reset and next play, dicono dall'altra parte dell'oceano. O Utah cancella quanto accaduto stanotte - difficile - e riprende in mano le redini della sfida, oppure sarà difficile far fronte a due sconfitte di fila e vincere l'eventuale gara-7 alla Chesapeake Energy Arena.