Con ogni probabilità, finirà come lo scorso anno. Con uno sweep (4-0) dei Golden State Warriors di Steve Kerr ai danni dei San Antonio Spurs di Gregg Popovich. Ma con marcate differenze: se undici mesi fa i neroargento potevano recriminare per un gara-1 di Finale dI Conference a lungo dominata e persa soprattutto per l'infortunio di Kawhi Leonard, che condizionò anche il resto della serie, ora gli Spurs sono l'avversario ideale per un primo turno di playoffs a Ovest per i campioni NBA, che pure hanno un certo Steph Curry fuori causa. Da un anno all'altro potrebbero non cambiare le proporzioni della sconfitta, ma di certo si modificheranno le prospettive all'ombra dell'Alamo. Ecco perchè.
- Problemi che nascono da lontano. Il roster dei San Antonio Spurs è assolutamente anacronistico e vecchio per gli standard NBA, e ciò rende il raggiungimento dell'obiettivo della qualificazione ai playoffs un risultato straordinario. Anacronistico, perchè senza esterni capaci di trattare la palla adeguatamente (anche con Leonard in campo, l'unica opzione realizzativa continua sarebbe solo quella di Kawhi), e vecchio, perchè Pau Gasol, Tony Parker e Manu Ginobili hanno tutti superato i trentacinque anni. Ma se il fattore età è stato a lungo nascosto dagli Spurs nel corso delle stagioni, ora i nodi sono venuti al pettine, perchè Leonard è sparito, e perchè LaMarcus Aldridge è l'unico giocatore in grado di tenere bene il campo per una quarantina di minuti a sera.
- Leonard e Aldridge, altalena. Lo scorso anno l'ex giocatore di Portland era andato spesso in difficoltà, criticato pubblicamente anche dal suo allenatore, mentre Leonard era la prima opzione offensiva della squadra, come giusto che fosse per un campione del genere. Negli ultimi mesi lo scenario si è ribaltato. Kawhi ha marcato visita per una misteriosa tendinopatia rotulea, allontanandosi progressivamente dall'intera franchigia, mentre Aldridge è diventato "il cavallo" (citazione Popovich) che ha trascinato San Antonio per un'intera regular season. Ma neanche l'eccezionale produzione di LMA può bastare agli Spurs di oggi, soprattutto se dal reparto esterni non giunge niente di offensivamente rilevante.
- Il ruolo di point guard. Nell'NBA di oggi il concetto di playmaker è sempre più sfumato. Resta il fatto che è possibile individuarlo in un trattatore di palla, capace di trovare il canestro con buona continuità e di mettere in ritmo i compagni, a prescindere da stazza e centimetri. Nel roster degli Spurs esiste un solo giocatore con queste caratteristiche. E' Manu Ginobili, splendido quarantenne, che per ovvi motivi non può però essere il perno della squadra. Non è questo tipo di giocatore Dejounte Murray, che difficilmente sarà una superstar NBA anche nel futuro, causa problemi al tiro e letture tutte da rivedere (nonostante voglia e atletismo). Non è più competitivo Tony Parker, imbarazzante nel tratto finale della sua carriera, anche a causa del grave infortunio al ginocchio subito un anno fa.
- Quattro piccoli o doppio lungo? Il principale dilemma tattico che attanaglia l'intera lega non trova risposta dalle parti dell'Alamo, perchè - senza Leonard, e con Rudy Gay rientrato dopo infortuni assortiti - le combinazioni provate da Popovich non hanno prodotto grandi risultati, quantomeno dal punto di vista offensivo. Pau Gasol e LaMarcus Aldridge non sono giocatori complementari, specie se accanto a loro ci sono gli esterni di cui si è detto, mentre il quintetto con Danny Green, Rudy Gay e Patty Mills sconta altre difficoltà. Gay era e rimane principalmente un giocatore di isolamenti, Green è in fase calante e Mills è a tutti gli effetti un tiratore (realizzatore non completo) a cui non piace trattare la palla.
- I giovani. I veri giovani, quelli che San Antonio ha potuto pescare nei bassifondi del Draft, non possono essere all'altezza della situazione. Murray può crescere, ma difficilmente sarà mai la point guard titolare di una contender, Kyle Anderson non può essere in campo a ritmi da playoffs, Bryn Forbes, buon tiratore, sconta limiti difensivi che ne sconsigliano l'utilizzo su base continua.
- Atletismo, questo sconosciuto. Una squadra che fatica dannatamente a mettere punti a referto (Aldridge escluso), causa talento limitato e chilometraggio avanzato, avrebbe necessità di giocatori di energia. Anche in questo caso, l'unico disponibile è Dejounte Murray, senza considerare che è spesso Manu Ginobili a trasmettere un altro tipo di carica - elettrica - agli Spurs. Anche Davis Bertans, quattro tiratore, non sembra fisicamente all'altezza degli standard richiesti da una lega come l'NBA.
- Le prospettive. Il futuro di San Antonio, come già chiarito in diverse occasioni, dipenderà dalle scelte di Kawhi Leonard e da quelle del frontoffice (general manager R.C. Buford, con la partecipazione di Popovich). Se il numero due deciderà di rinnovare, gli Spurs proveranno a ripartire da lui e dal mercato dei free agents (il solo Aldridge è al momento "scambiabile" per i neroargento). Altrimenti le strade si separeranno, e una trade sarà inevitabile.
Doverosa una precisazione. Se i neroargento si trovano in questa posizione, non è per scelte miopi o sbagliate della franchigia, ma perchè il sistema NBA ti porta prima o poi - e per gli Spurs è stato un poi molto lontano - a dover ripartire quasi da zero. Parker, Ginobili e poi Leonard, sotto la guida di un allenatore inarrivabile come Gregg Popovich, hanno dato continuità alla dinastia avviata da Tim Duncan e David Robinson. L'unico modo per evitare un brusco rebuilding sarebbe quello di trattenere un Leonard convinto, oppure quello di attrarre - nei limiti del salary cap - free agents d'impatto.