Chi l'avrebbe mai detto. Dopo l'addio nella free agency estiva di Gordon Hayward, dopo la falsa partenza in regular season, gli Utah Jazz hanno conquistato nuovamente, per il secondo anno consecutivo, un posto ai playoffs nella selvaggia Western Conference NBA. Sono attualmente quarti a Ovest (47-33, il record) gli uomini di Quin Snyder, con l'ambizione di raggiungere il terzo posto dei Portland Trail Blazers, contro i quali è in programma l'ultima sfida della stagione regolare, mercoledì al Moda Center.
L'accesso alla postseason è un traguardo straordinario per Utah, che ha trovato continuità nel suo progetto tecnico, proseguito nonostante l'addio di un fresco All-Star di Gordon Hayward e grazie alle doti di un grande allenatore come Quin Snyder. E' il successo di un'intera franchigia, a partire dal general manager Dennis Lindsey fino ad arrivare a un gruppo di giocatori sottovalutati. Sottovalutato è stato a lungo anche Donovan Mitchell, ventuno anni, da Lousville, scelto alla numero tredici dell'ultimo Draft e ora in corsa per il premio di rookie dell'anno. Mitchell non ha solo vinto la gara delle schiacciate all'All-Star Game di Los Angeles, ma ha trascinato la squadra nella metà campo offensiva, mettendo insieme numeri straordinari, derivanti da un gioco assolutamente completo in attacco. Tiratore da tre punti, giocatore clutch, esplosivo, con ottima padronanza dei fondamentali, Mitchell è cresciuto insieme ai Jazz, dopo un inizio difficile. I numeri raccontano che Utah è passata dall'essere una squadra da lottery a una contender: disatrosi nella prima parte di regular season (4-15 il loro record di avvio), in difficoltà fino a gennaio (19-28 dopo la sconfitta contro Atlanta, come riportato da Ohm Youngmisuk di Espn), i Jazz hanno cambiato marcia una volta che Rudy Gobert, loro perno difensivo, si è messo alle spalle acciacchi assortiti. Con il francese a dominare sotto le plance, la squadra di Salt Lake City ha spiccato il salto, con un parziale in corso di trentotto vittorie e solo cinque sconfitte. Numeri da contender, appunto, senza entrare nel dettaglio delle statistiche più o meno avanzate, che raccontano di come i Jazz siano la miglior difesa della lega, davanti anche ai Boston Celtics di Brad Stevens.
Centrato l'obiettivo di tornare ai playoffs, ora Utah non vuole fermarsi, nella speranza di ripetere e migliorare il risultato dell'anno scorso, raggiungimento del secondo turno (sweep contro i Golden State Warriors, solo undici mesi fa), magari da outsider perchè, come spiegato perfettamente da Ricky Rubio, "siamo una squadra senza stelle, non siamo un superteam, ma facciamo tutto insieme". Ecco perchè i Jazz sono pericolosissimi per tutti, non solo per i vari New Orleans Pelicans, San Antonio Spurs, Oklahoma City Thunder e compagnia, che dovrebbero incontrare al primo turno, ma anche per Golden State Warriors e Houston Rockets, grandi favorite per la finale di Conference. Poche squadre sono allenate e organizzate come questi Jazz, disegnati perfettamente da Quin Snyder, che ha predicato solidità difensiva, con un quintetto che ruota letteralmente intorno a Rudy Gobert, e costruito un sistema di continuità offensiva, dove la palla è sempre in movimento. Il solo Mitchell è infatti in grado di crearsi un vantaggio da solo, ma gli altri componenti del quintetto sono ottimi passatori, a cominciare proprio da Ricky Rubio, lo spagnolo rinnegato da Minnesota la cui avventura NBA sembrava essere giunta al capolinea. Dopo un Europeo non scintillante, Rubio si è calato nella realtà di Salt Lake City, ha preso per mano i Jazz, ha reso devastante anche il pick and roll con Gobert, facendo crescere le sue percentuali al tiro, anche dalla media distanza, e ha potuto condividere le sue doti di trattatore di palla con Mitchell e Joe Ingles. L'australiano non è certo un'atleta NBA, ma un grande lettore di pallacanestro, capace di sparare da tre e di giocare per i compagni, perfetto complemento del reparto esterni. Derrick Favors ha aggiunto verticalità al fianco di Gobert, mentre dalla panchina l'apporto del rookie Royce O'Neal e del nuovo arrivato Jae Crowder hanno reso competitiva anche la second unit di Snyder, che ora può giovarsi anche del rientro di Dante Exum, esplosiva ma sfortunata point guard australiana.
I Jazz sono ancora lì, nonostante tutto, in una NBA che si basa sempre di più sulla fusione di grandi stelle e sull'attrattiva che i grandi mercati possono esercitare nei confronti dei free agents. L'altro lato della medaglia è la pressochè nulla pressione mediatica ricevuta in cambio, quella che Utah ha sfruttato alla grande, per attuare una straordinaria cavalcata a fari spenti, fino al successo della notte scorsa a Los Angeles contro i Lakers, quando tutti si sono accorti della banda Snyder, ancora ai playoffs e ostici per chiunque. Perchè se a inizio stagione in pochi si sarebbero attesi un'annata del genere, oggi nessuno vorrebbe incontrarli subito.