Nonostante l'assenza di Steph Curry, con ogni probabilità fuori causa anche nel primo turno di playoffs, i Golden State Warriors hanno mandato un segnale all'intera lega vincendo alla Chesapeake Energy Arena contro gli Oklahoma City Thunder. Doveva essere l'ennesimo duello tra Russell Westbrook e Kevin Durant, con quest'ultimo alla seconda stagione in maglia Dubs, dopo una prima parte di carriera trascorsa a OKC. 

La sfida nella sfida ha appassionato e non ha lasciato delusi. KD ha preso per mano i Warriors già nel primo quarto, assumendosi responsabilità supplementari causa assenza di Curry. 9/25 dal campo, 14/14 ai liberi, 34 punti complessivi e 10 rimbalzi per il fischiatissimo ex. 44 punti (15/26 al tiro), 16 rimbalzi e 6 assist per l'MVP della scorsa regular season. Ma la pallacanestro non è solo un duello incrociato tra superstar, soprattutto quando a scontrarsi sono due corazzate come Golden State e Oklahoma City. Due squadre molto diverse tra loro: fedeli al loro sistema i californiani, anche senza Curry, ma con Klay Thompson e Draymond Green al rientro in campo da qualche giorno dopo una pausa per infortunio, più ondivaghi i Thunder, che agli inizi di aprile non hanno ancora un modo di giocare ben identificabile, e che soprattutto devono guadagnarsi un posto ai playoffs nel selvaggio Ovest. Dopo la partita di stanotte si parlerà del supporting cast di OKC, un po' come accadeva la scorsa stagione, quando Westbrook dominava e i compagni di squadra non erano in grado di tenerne il passo. Oggi sulla graticola ci sono Carmelo Anthony e Paul George, per le percentuali al tiro complessive proprio nella sfida a Golden State. Melo ha sbagliato tutte le nove triple tentate, confermando una tendenza ormai consolidata, PG13 si è detto dispiaciuto di non essere riuscito ad aiutare il suo numero zero, finendo la gara con un misero 5/19 dal campo. Di qui il classico Westbrook contro tutti. Un dejà vu, qualcosa di già visto, con il prodotto da UCLA che si mette in proprio, attacca il ferro, prende triple senza ritmo e tiene a galla da solo i suoi fino alla fine. Cambiano gli interpreti, ma non Westbrook dunque, al punto che pare corretto chiedersi cosa ci si possa attendere da questi Thunder nel breve periodo. 

E' ormai assodato - parlano i numeri - che Russell Westbrook tenda a lasciare la scena ai compagni, gli altri due violini (Anthony e George) nel primo quarto, a volte anche nell'intero primo tempo, per poi decidere il da farsi a seconda del contributo che riceve. Ne deriva una pallacanestro con poco ritmo, perchè al movimento di palla iniziale si sostituiscono gli assoli a ripetizione del numero zero, efficaci e forieri di numeri eccezionali, ma non sempre utili ai fini delle vittorie. Ma d'altra parte le sconfitte di OKC non possono essere sempre e solo responsabilità di Westbrook. Carmelo Anthony e Paul George (soprattutto il primo) sono giocatori principalmente da isolamento, che hanno bisogno di avere spesso la palla tra le mani per trovare il loro ritmo al tiro. Provare a farli diventare degli spot up shooters è stato per ora un esperimento non riuscito, proprio per le caratteristiche dei due. Non è stato un caso infatti che, solo due partite fa, coach Billy Donovan abbia lasciato in panchina Anthony per l'intero quarto quarto della gara interna contro i Nuggets, poi persa al supplementare. Il trio di OKC continua a professare fiducia sulla capacità di risolvere problemi, nonostante la regular season sia ormai finita. I playoffs forniranno al riguardo risposte definitive, senza dimenticare che i Thunder hanno intanto perso un giocatore d'equilibrio come Andre Roberson. Dall'altra parte c'è Golden State, che non pare essere al top della forma, con o senza Curry. Normale logorio dopo tre stagioni sulla cresta dell'onda? Probabile, ma i Warriors potranno sempre contare sul loro sistema, che cavalcheranno fino alla vittoria o all'eliminazione. Se per Philadelphia vale il celeberrimo Trust The Process di Joel Embiid, per Golden State e altre squadre con questo impronta di gioco conta invece il Trust The System.