E' sempre il momento di Damian Lillard, in particolar modo se i suoi Portland Trail Blazers giocano gare punto a punto nel quarto quarto. Dopo essere stato "sottovalutato" per anni, criticato per aver esternato la sua legittima ambizione di partecipare all'All-Star Game, il giocatore nativo di Oakland sta vivendo una stagione straordinaria, trascinando Rip City al terzo posto del ranking della Western Conference (38-26 il record, con sette vittorie consecutive e nove successi nelle ultime dieci), alle spalle degli inarrivabili Houston Rockets e Golden State Warriors).
Lillard sta mettendo insieme prestazioni da MVP, non solo sul parquet amico del Moda Center, ma anche in trasferta, come accaduto qualche settimana fa a Phoenix e Sacramento e, nella notte appena trascorsa, allo Staples Center di Los Angeles contro i Lakers di Luke Walton. Sotto di sette lunghezze, 97-91 a quattro minuti dalla fine, il numero zero dei Blazers ha segnato quattro triple consecutive, di cui almeno un paio senza senso, alla Steph Curry per intenderci. Ma se il finale della serata californiana fa comunque parte del Lillard time, il resto del gioco dell'All-Star ha subito cambiamenti positivi nel corso della stagione. Soprattutto nella tenuta difensiva: Portland è migliorata di squadra, e Lillard si impegna strenuamente nella sua metà campo, cercando di trasformare un suo tradizionale tallone d'Achille in un punto di forza. La sua leadership è apparentemente silenziosa, ma fuori discussione, al punto che è stato proprio lui a parlare con il proprietario della franchigia, Paul Allen, per capire quali siano i piani futuri dei Blazers, per dare impulso a un ciclo che ambisce ad arrivare fino in fondo stagione dopo stagione. E per guardare con fiducia al futuro è necessario lanciare un segnale al resto della lega già da quest'anno: ecco perchè Portland sta disputando una regular season di alto livello, in cui non ci sono gare da lasciare per strada. Come quella di stanotte contro i Lakers: "Nel quarto quarto stavo pensando di prendermi la partita e di portarla a casa - le parole di Lillard dopo lo show contro i Lakers, riportate da Ohm Youngmisuk di Espn - e che ci sarebbe voluto un po' prima che sbagliassi un tiro. Quando sono in trasferta sento che ogni tiro entrerà. Ci sono state occasioni in cui mi sono dovuto prendere tiri importanti, e non sono entrati. Ma il solo fatto di sapere di essermeli presi in tante circostanze, non solo in partita, ma anche in allenamento, mi rende ora preparato".
"Ho sempre grandi aspettative su me stesso. Al di là di come si mettono le gare, sento sempre che ci sarà un momento in cui potrò far succedere cose importanti". Il famoso Lillard time, quello che Damian indica portando la mano al polso, e che nel gergo NBA chiamano "clutch". In questo momento il nativo di Oakland è uno dei giocatori più difficile da arrestare dell'intera lega, evenienza ancor più rimarchevole se si considera che la sua taglia - anche per una point guard - non è eccezionale. Ma ormai tutti, compagni e avversari, sanno che da Lillard ci si può attendere di tutto, come raccontato negli spogliatoi dello Staples Center dal suo backup Shabazz Napier: "Ormai non mi meraviglio più - le sue parole - ci sono cose che non mi colpiscono, sono abituato, ma stasera è stato spettacolare. Quando ha segnato 40 punti a Phoenix, non ero così eccitato, ma oggi, durante la gara, non sapevo che pensare. E' stata qualcosa del tipo "Wow". A un certo punto è uscito da un blocco e ha segnato almeno da dieci piedi oltre l'arco. Ha lasciato andare la palla, e io, beh "Wow". In casa Lakers c'è invece rammarico per una partita che sembrava in controllo prima dell'uragano Lillard. E' Lonzo Ball a prendersi la responsabilità del finale di gara: "E' colpa mia, quello era il mio accoppiamento. Il primo tiro da tre punti, quello che lo ha reso bollente, è stato un mio errore, avevo le mani abbassate. Peccato, ci siamo andati vicini, eravamo sopra di circa dieci punti a cinque minuti dalla fine e invece i Blazers ci hanno portato via la partita. Ci servirà di lezione: vivi e impara, non è la fine del mondo".