Dei Los Angeles Lakers di Luke Walton si è parlato a lungo in questi ultimi mesi, più in prospettiva che per analizzare il rendimento sul campo della squadra gialloviola. Paul George e LeBron James i nomi accostati (insieme a quello di DeMarcus Cousins, attualmente infortunato) alla gloriosa franchigia di L.A., come free agents che potrebbero scegliere il progetto tecnico del presidente Magic Johnson e del general manager Rob Pelinka.
Qualcuno è andato anche oltre con la fantasia, immaginando una nuova Lakerslandia a partire dal 2019, con assalti assortiti ad altre stelle NBA in scadenza, come Klay Thompson e Kawhi Leonard. Atteggiamento comprensibile, se si considera quanto e di che livello sia la voglia di futuro dei tifosi gialloviola e del resto degli addetti ai lavori, che hanno tutto l'interesse ad avere una lega con i Lakers di nuovo grandi protagonisti. Eppure, l'edizione attuale dei californiani parla di una squadra tornata nell'ambito della rispettabilità, con un gioco offensivo facilmente riconoscibile (mutuato in larga misura dal sistema dei Golden State Warriors di Steve Kerr) e gradevole, con interpreti giovani che stanno migliorando settimana dopo settimana. Ormai a fine febbraio, i gialloviola hanno già raggiunto il totale delle vittorie raccolte lo scorso anno (26) e possono avere anche qualche rimpianto per non aver partecipato alla lotta per i playoffs nella Western Conference, a causa di un rendimento scadente in trasferta, soprattutto nel periodo a cavallo tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018. Allontanato LaVar Ball, tutto l'ambiente di El Segundo si è recentemente concentrato sulle priorità tecniche della squadra, senza necessità di scrutinare ogni sera, in maniera ossessiva, il rendimento di Lonzo, scelto quest'estate alla numero due al Draft e a lungo considerato un giocatore sopravvalutato. L'infortunio alla caviglia ha aiutato il prodotto da UCLA a uscire dalle luci dei riflettori, mentre in sua assenza sono saliti di colpi il rookie Josh Hart e un altro giovane come Jordan Clarkson, poi spedito a Cleveland insieme a Larry Nance in cambio di Isaiah Thomas e Channing Frye, in una delle trade che hanno sensibilmente modificato il volto dei Cavaliers di LeBron James. Proprio James verrà a lungo accostato ai gialloviola fino ai primi di luglio, perchè il frontoffice di El Segundo ha proseguito nel tentativo di ricercare flessibilità salariale. Lo stesso Isaiah Thomas, che ora esce dalla panchina di Walton, è in scadenza a fine giugno, come Brook Lopez e Kentavious Caldwell-Pope.
Tutte vicende contrattuali che consentiranno a Magic Johnson di mantenere le mani libere nel reclutamento estivo dei migliori free agents in circolazione. Ma, per riuscire a convincere superstar NBA a trasferirsi a Los Angeles, non basterà esibire il marchio Lakers e il fascino glamour della franchigia. Sarà necessario invece mostrare su quali basi tecniche si articola il progetto tecnico del team. Ed è da questo punto di vista che i gialloviola sono a buon punto. Luke Walton, allenatore solo relativamente inesperto, ha confermato quanto di positivo si è sempre detto su di lui, sin dai tempi in cui era assistente di coach Kerr ai Golden State Warriors. Intoccabile, dopo le pubbliche affermazioni di Jeanie Buss e dello stesso Magic, Walton ha dato un'anima offensiva alla squadra, riuscendo a far esprimere meglio Brandon Ingram, descritto da molti come il nuovo Kevin Durant, ma in realtà giocatore ancora tutto da costruire. Forse meno tiratore e realizzatore di quanto si era immaginato, a Ingram non dispiace avere la palla in mano e lavorare anche da "finto playmaker", in un sistema che d'altronde non prevede la presenza di una point guard vecchio stampo. Rientrerebbe in questa categoria Lonzo Ball, sinora abile ad adattarsi al sistema, mentre i rookie Josh Hart e Kyle Kuzma sembrano al momento perfetti per il gioco del loro allenatore, che prevede corsa, transizione e movimento senza palla. I Lakers attuali sono infatti una squadra che preferisce giocare a tutto campo, sfruttare le qualità atletiche di Julius Randle, quelle balistiche di Kentavious Caldwell-Pope, e che ha ridotto all'osso il reparto lunghi: Brook Lopez parte in quintetto, ma il suo gioco in post è finalizzato spesso alla riapertura, mentre il suo backup è diventato il giovane Ivica Zubac. C'è poi il caso Isaiah Thomas, difficilmente collocabile in questo sistema, ma che per ora ha preso in tutti i sensi il posto di Jordan Clarkson come realizzatore che dalla panchina può prendersi tiri e iniziative fuori contesto. A un mese e mezzo dalla fine della regular season, i Lakers hanno una loro identità: non basterà per raggiungere i playoffs, ma potrebbe essere fondamentale in prospettiva, sia in ottica reclutamento che per la crescita individuale e di gruppo dei giocatori già a disposizione.