Una mattanza. Un dominio netto, totale, dal primo all'ultimo secondo di gioco. Il punteggio, ma soprattutto l'andamento complessivo della gara, rispecchia a pieno il momento delle squadre: va tutto bene ai già rodati Houston Rockets di Mike D'Antoni, macchina perfetta da gioco e da punti che abusa in tutti i modi possibili delle difficoltà enormi dei Cleveland Cavaliers. Strutturali e mentali, prima ancora che tecnici e tattici, questi ultimi hanno tradito ancora una volta LeBron James e compagni, travolti in casa dalla furia dei texani. Il primo parziale, al passivo, arriva già nelle battute iniziali, prima che Paul e compagni rifiniscano l'opera senza nemmeno dover alzare eccessivamente i ritmi della propria pallacanestro: Anderson ed i tiratori scelti degli ospiti ci prendono a ripetizione, acuendo le difficoltà difensive di una squadra, i Cavs, che per larghissimi tratti della gara è sembrata in balia di sé stessa e ombra di una squadra che possa davvero lottare per le posizioni di vertice nella Eastern Conference.
L'avvio di gara è tutto di marca Houston Rockets. Gli ospiti, trascinati dal solito duo Paul-Harden (11 punti in due), scappano immediatamente in doppia cifra di vantaggio, con Cleveland che denota le solite problematiche difensive sul perimetro. Thomas, così come JR Smith, stenta a prendere ritmo in attacco, mentre è James, praticamente da solo, a tenere a galla i suoi. L'ingresso in campo di Nené e Green per D'Antoni, oltre al repentino ritorno sul parquet di Paul al posto di un Harden limitato dai falli, è decisivo per il break finale di 10-2 che consente ai texani di chiudere avanti di 12 alla prima pausa (20-32). Il parziale non si arresta in avvio di seconda frazione e le triple, tre, in rapida successione di Paul, Tucker e Anderson scavano un solco di 19 lunghezze tra le squadre. Il time out di Lue e la tripla di Rose non cambiano le carte in tavola, perché dalla parte opposta è Anderson con cinque punti i fila a firmare il massimo vantaggio sul più 23 (25-48). L'atteggiamento remissivo, soprattutto in difesa, dei Cavaliers - e la pessima percentuale nel tiro da tre, 1-13 - consentono ai Rockets di legittimare con relativa serenità il vantaggio acquisito, con Harden e compagni che all'intervallo guidano di 26.
L'atteggiamento ed il body language dei Cavaliers non cambia dopo l'intervallo, anzi. Paul, rispetto ad Harden, ci prende eccome dalla distanza, al pari di Anderson, mettendo immediatamente trenta punti tra le contendenti. La gara è oramai in ghiaccio, anche perché i pochissimi tentativi di tornare in partita di Cleveland risultano sterili e poco proficui. Sul +35, con i primi fischi del "The Q" ad arrivare puntuali, sono Crowder e Thomas ad accorciare un minimo il passivo, mentre è la remissività di James a preoccupare maggiormente Lue ed i padroni di casa. Il re sembra voler abdicare, appare molle e svogliato come poche volte in carriera; frustrato, seppur non giustificabile nel mood. La gara ha poco da dire, il garbage time finale che dura poco più di una dozzina di minuti, vede i Rockets continuare a tartassare la retina di casa dalla distanza, con Tucker e Green che non lesinano alcunché. Dalla parte opposta Korver e Green (Jeff) rimpinguano i rispettivi bottini, senza però riuscire nemmeno nella piccola impresa di vincere un solo periodo dei quattro disputati. Il punteggio, a fine gara, è impietoso: +32, Cavs nel baratro.
I tabellini