Vorrei provaste a sedervi e a chiudere lentamente gli occhi. Ora vorrei provaste a immaginarvi con le più grandi capacità cestistiche e proiettarvi in una squadra NBA (la lega più competitiva del mondo). Non una squadra qualsiasi, una rilegata ai fondi delle classifiche, per la quale la sorte finale non ha importanza nemmeno per il barista del mio paese, costretto a servire ombre di vino fino al calar del sole a vecchietti che fanno a gara per una cirrosi. No, dovete immaginarvi una squadra in fase di “rebuilding”, ma con una storia alle spalle così grande da non poter mai lasciare al caso i risultati: i Los Angeles Lakers. La storia di questa lega passa di qui, da questo nome. Per qualsiasi città voi passiate, in qual si voglia parte del mondo, anche la persona più culturalmente impreparata avrà questa piccola chance di conoscere i Lakers. A Los Angeles non si scherza. I Lakers hanno appena visto il passaggio di una leggenda di questo sport dalle loro parti, sono ancora scioccati, non è mai facile dare il bacio d’addio a figure così determinanti per la vita sportiva di una franchigia. La star in questione è chiaramente Kobe Bryant, un genio del basket, un rivoluzionario, per certi versi imitatore, per altri innovatore. Quando un giocatore così se ne va, attendi nell’inquietudine che un nuovo giocatore determinante passi per la tua squadra, sai che non sarà al livello di cambiare questo sport in maniera così solcata, ma nel meandro più profondo del cuore conservi questa speranza illusoria.
Ora, dopo questa premessa, proviamo a proiettarci in un ragazzo di vent’anni che sta per approdare in NBA, e già qui la faccenda si fa abbastanza pesante. Ma non un ragazzo qualsiasi, uno per cui i media parlano a qualsiasi piccola frivolezza. Con un padre che cerca ad ogni occasione possibile di creare “hype” attorno al figlio, perché questo genera popolarità, e nel mondo di oggi la popolarità è tutto. Conta essere famosi, non importa come e quando ci arrivi, ma devi arrivare lì…
Unite tutto quello che vi ho detto e provate ora a scendere in un campo NBA per giocare la vostra prima stagione, pensate potrete non sentire la pressione? Pensate di poter giocare con la spensieratezza con cui lo facevate al college? Pensate di avere la stessa fiducia nei vostri tiri così come ce l’avevate prima di questa esperienza? Io credo di no. Tutto questo è sostanzialmente ciò che sta vivendo Lonzo Ball; con un numero infinito di pressioni addosso, anche il giocatore migliore di questa terra avrebbe difficoltà. In questi mesi ho visto sentenze di ogni tipo su un ragazzo di vent’anni, che sta solo cercando di godersi la sua esperienza nella lega. I suoi numeri nei primi mesi non sono stati certo quelli di uno dei migliori prospetti passati per la lega, ma non per questo va considerato un pessimo giocatore, così come non vanno sentenziati i Lakers per aver scelto di prendere Lonzo alla lotteria del draft.
Al momento Ball sta viaggiando a 10 punti per partita, 6.9 rimbalzi e 7 assist. I numeri però mentono su quello che è il giocatore. Ancora più drastica la situazione si mette se si analizzano le percentuali: 35% al tiro complessivo e 29% al tiro da tre. I dati sono dovuti in particolare alle prime partite del ragazzo, in cui le sue abilità nella scelta di tiro erano veramente basse, e la fiducia che vi imprimeva era nulla. Ciò che si vede quando si guarda una partita del ragazzo è che è pieno di insicurezze, ma allo stesso tempo di sicurezze! Ha abilità nel leggere il gioco incredibili, con la palla in mano sa perfettamente cosa sta capitando attorno a lui, ad un livello di 360°. I suoi passaggi illuminano il gioco dei Lakers e più di una volta i suoi compagni si sono detti soddisfatti di giocare con lui. Il ragazzo crea gioco, spesso lo inventa dal nulla, la sua visione del campo è spaventosa. Oltre all’aspetto passaggi e visione di gioco, vi è la sua caparbietà nel lottare a rimbalzo, da ambo le zone di campo (offensiva e difensiva). Il fatto che un playmaker cerchi così tanto di recuperare rimbalzi rende le possibilità della squadra, di un secondo tentativo di tiro, molto elevate. Non è comune infatti che un play sacrifichi il suo corpo per andare a pescare palloni vaganti, spesso viene abbandonata l’idea dalla differenza di altezze che si vanno a riscontrare in mezzo all’area: “come posso io alto 1.90 prendere il rimbalzo su un giocatore alto 2.15?”. Questo solitamente il ragionamento… in Ball tale pensiero non lo sfiora nemmeno, il suo obbiettivo è quel pallone a spicchi, e tenterà di prenderlo davanti a qualsiasi ostacolo. Rimbalzi, assist, abilità di palleggio, tiro da tre, tiro dalla media, sottomano: è un giocatore che ha infinite risorse, e può spostare il suo gioco su tanti livelli. Un giocatore moderno, che non si fa problemi di ruoli e che esegue lavori anche non adatti al suo. Generazione completamente innovativa, creata sulla scia di una star, che proprio come l’altra citata (Bryant) ha rivoluzionato il gioco: LeBron James. Il giocatore moderno per eccellenza, colui che in campo deve saper fare tutto e dominare tutto. Si pensi anche a Ben Simmons, altro giovane che sa giocare in quasi tutte le parti del campo; oppure si pensi a qualche superstar come Russell Westbrook, macchina da triple doppie. Ecco io se guardo il gioco di Lonzo Ball ci vedo un giocatore completo, pronto ad affrontare il basket del futuro, semplicemente non ci si può aspettare da lui trenta punti a sera con un carico di pressioni così elevato.
Parlando di aspettative siamo veramente ad un picco esagerato; ci si aspetta che il ragazzo faccia faville ogni sera, in ogni momento. Se segna più di venti punti è un buon giocatore, se è sotto il range è un “bidone”. La stessa partita da dieci punti, giocata da Ben Simmons, viene semplicemente vista come un calo di un grande giocatore, che sicuramente tornerà a livelli altissimi alla prossima gara. Capite che le cose non quadrano. Certo è che se parlassimo di un rookie che segna trenta punti a sera, avremmo davanti un Michael Jordan, o un Kobe Bryant; sono artisti che ricapitano ogni dieci, venti, trent’anni. Questa cosa andrebbe compresa. Lonzo è una buona matricola, un buon giocatore e da tale ha delle difficoltà. Il primo anno non è semplice per nessuno, Devin Booker nella sua prima stagione NBA viaggiava a 13 punti di media, nelle due successive è stato sopra i venti. Scottie Pippen l’anno da rookie ha tenuto una media di 8 punti e 3 rimbalzi, poi sappiamo tutti il giocatore che è diventato. Quello che vorrei si capisse è che giudicare un giocatore troppo presto è un atto sbagliato, si può mutare completamente nel corso di una carriera, e spesso il primo anno tante superstar non vengono nemmeno viste. Lonzo ha tante qualità, tanta voglia di crescere e tanta intelligenza sul parquet, il che lo rende uno dei più temibili negli anni a venire. L’abilità che mi sento di premiare di più, oltre a tutte quelle citate sul campo, è la sua capacità nel capire i propri errori e lavorare per migliorarli. Nelle ultime partite ha perfezionato le sue medie, questo perché prende tiri migliori, meno contestati e con più fiducia nei suoi mezzi. Mezzi che stanno venendo modificati dallo staff tecnico di LA, il quale continua a lavorare sulla forma di tiro del ragazzo, nota a tutti per la sua particolarità. Lo staff sta tentando di rendere la manovra di tiro più fluida e sfruttare la posizione che Lonzo dà alla palla per avere un tiro più veloce in modo da anticipare il difensore.
Dire se Lonzo Ball diventerà un campione nel basket americano del futuro è al momento impossibile. Ciò che gli si può riconoscere è la sua enorme capacità di comprendere il gioco, che lo mette al top tra i rookie del 2017/18. Già nel caso portasse i Lakers ai playoff sarebbe un enorme trionfo, l’ultima apparizione risale alla stagione 2012/13. Al momento penso che la cosa migliore da fare sia godersi le potenzialità del ragazzo, senza chiedere troppo dalle sue prestazioni. Se sarà in grado di raggiungere grandi obbiettivi ce lo dimostrerà, alla faccia di tutto il parlare che si crea attorno a lui. Lonzo Ball sostanzialmente non è LaVar Ball, e questo andrebbe ricordato più spesso, se si odia lui non vuol dire che si deve odiare il figlio. Se si ama il basket, si ama anche chi sa intenderlo a livelli elevati.