Uno dei più importanti movimenti di mercato dell’estate, il volo di Gordon Hayward dalle montagne dello Utah al porto di Boston, ha visto diversi retroscena svilupparsi attorno ad esso. Uno dei più evidenti è stata la trade di Avery Bradley, passato dai Celtics ai Pistons per liberare lo spazio salariale che avrebbe permesso di mettere sul piatto un contratto con stipendio massimo possibile per l’ala dei Jazz. Il sacrificio di uno dei migliori giocatori da 3-and-D (difesa e tiro dall’arco) della lega è servito a mettere a roster un altro all-star oltre a Kyrie Irving ed Al Horford, ma dopo il crack all’esordio di Hayward (frattura di tibia e perone, stagione finita), le prospettive si erano fatte fosche per la franchigia del Massachusetts.

Eppure, a rivoluzionare la stagione dei ragazzi di Brad Stevens sono arrivati due ragazzi poco più che ventenni: il rookie Jayson Tatum, che sta inanellando prestazioni e percentuali da urlo, ma soprattutto Jaylen Brown, terza scelta assoluta del Draft 2016.
Brown è andato a raccogliere l’eredità lasciata libera, nello spot di guardia tiratrice, da Bradley, e lo ha fatto innalzando in maniera sensazionale il livello del suo gioco, soprattutto nella metà campo difensiva.
Dopo aver saltato una partita per lo stiramento del tendine d’achille, Brown è rientrato per la sfida contro i Chicago Bulls al TD Garden, risultando subito decisivo coi suoi 20 punti ed il 7/10 al tiro. Problema fisico definitivamente risolto dunque, e presenza in campo che dà la scossa anche ai compagni di squadra nei momenti cruciali della partita. Eppure, lo scorso anno le premesse non erano rosee, o almeno non a questo punto. Alternando grandi partite ad uscite sottotono e qualche colpo di testa di troppo fuori dal parquet, Brown aveva attirato su di sé la nomea di giovane discontinuo, ancora non adatto alla pressione del grande palcoscenico. Della stessa opinione era anche il suo allenatore, che gli ha regalato meno di 14 minuti a partita nel corso dei Playoffs dello scorso anno. Nonostante qualche piccolo alterco che tuttora si presenta con Brad Stevens, la condizione del ragazzo da Marietta è radicalmente cambiata: ora è alla trentatreesima partita giocata da titolare in stagione, ed il suo minutaggio lo colloca al terzo posto per utilizzo tra i suoi compagni di squadra (31.3 minuti di media, solo Horford e Irving ne hanno di più).
Nonostante la sua posizione lo porti spesso a difendere su alcune delle macchine da punti tra le migliori della NBA, il fisico e l’atletismo di Brown gli permettono di coprire anche le lacune difensive che di tanto in tanto il suo gioco presenta. Andando nel cuore delle statistiche, si nota come il numero 7 riesca a tenere il suo avversario diretto all’8.7 percento in meno rispetto alla sua media punti ordinaria. In generale, contro di lui si segna solo con il 36%.

Quando qualcuno gli fa notare il suo successo, Brown sposta l’attenzione sul lavoro di squadra: “Punto ad essere un buon difensore, ma in realtà si tratta di un lavoro di squadra. Difendere uno-contro-uno è davvero dura, quindi è bene che tutti siano coinvolti difensivamente, me compreso”.
Anche dall’altra parte del campo, però, i miglioramenti del talento da University of California non possono passare inosservati: il suo 41.5 percento da tre finisce solo dietro all’insano 49.1 del suo compagno Tatum all’interno delle statistiche di Boston. Non solo: quando non prende conclusioni a lungo raggio, Brown riesce ad attaccare con continuità il ferro, trovando contatti e tiri difficili nel traffico. Con lui in campo, i Celtics fanno registrare un rating offensivo di 108.4 al netto di uno difensivo di 99.7.
Alcuni aspetti vanno ancora migliorati, come il ball-handling o la capacità di rimanere in equilibrio durante le penetrazioni, anche a livello di scelte: più pick-n-roll e meno catch-and-shoot potrebbero aiutarlo in futuro.

Insomma, le statistiche delineano l’esplosione di un talento con pochi precedenti, al quale ovviamente ora spetta l’onere di confermare, all’interno della stagione ma anche per più annate consecutive, la bontà del suo gioco ed il ruolo di rilievo che si è ritagliato all’interno della lega. A far ben sperare i Celtics c’è, oltre ad un senso di bonaria competizione con l’altro giovane a roster, Tatum, che spinge i due a migliorarsi a vicenda, un cambiamento anche nell’atteggiamento di Brown, che sembra avere i nervi più controllati ed una maggiore consapevolezza dei propri mezzi. Questo, unito all’esperienza ad alto minutaggio sui parquet di tutta America, gli permette di leggere meglio le fasi della partita e della stagione, adattandosi in maniera più accurata. In ottica Playoffs (e non solo) molto dovrà essere fatto anche in termini di preservazione del suo fisico, esplosivo e massiccio, e per questo sempre soggetto all’ombra degli infortuni di natura muscolare.