I problemi alle caviglie continuano a tormentare Steph Curry. La stella dei Golden State Warriors dovrà infatti rimanere a riposo per almeno due settimane, dopo aver subito una distorsione all'articolazione destra durante la gara, vinta dai Dubs in rimonta, sul campo dei New Orleans Pelicans. Fastidi alle caviglie che non rappresentano una novità per Curry, da sempre soggetto a problemi di questo tipo. Ed è forse per questo motivo che, nonostante i primi esami strutturali abbiano dato esito negativo, Golden State abbia deciso di andarci con i piedi di piombo, scegliendo di rivalutare le condizioni del suo numero trenta tra quindici giorni.
Steph salterà quindi ovviamente la trasferta di stasera a Charlotte, contro gli Hornets, in una gara sempre particolare per lui, dati i trascorsi del padre Dell in North Carolina e il suo rapporto con la città, per poi sperare di essere pronto per la grande sfida di Natale, che vedrà opposti i Warriors ai Cleveland Cavaliers alla Oracle Arena. "E' stata una giocata stupida - le parole di Curry, riportate da Adrian Wojnarowski di Espn - perchè ho provato a rubare la palla (contatto con E'Twaun Moore, ndr), e poi ovviamente c'è stata una collisione. Sono finito sopra la sua scarpa e non sono riuscito a trattenermi. Ovviamente ora fa male, ma volevo tornare in campo, metterci del ghiaccio e giocare. Ora non vedo l'ora di cominciare il prima possibile il processo di riabilitazione". Ogni volta che Curry è fuori causa per problemi alla caviglia, o comunque per acciacchi assortiti, i tifosi di Golden State ripensano alla stagione 2015-2016, quella del secondo titolo di MVP vinto da Steph, al termine di una regular season da record. Ma proprio problemi a caviglia e ginocchio (patiti nella serie di primo turno di playoffs contro gli Houston Rockets) condizionarono poi il rendimento di Curry nel prosieguo della postseason, fino al clamoroso epilogo delle Finals, quando i Dubs si fecero rimontare da 3-1, sempre dai Cavs di LeBron James, complice anche la sospensione in gara-5 di Draymond Green, altro uomo chiave dei Warriors.
Senza la sua point guard titolare, ora Steve Kerr dovrà decidere se far partire in quintetto uno tra Shaun Livingston (a sua volta reduce da una gara di sospensione dopo l'espulsione di Miami) e Patrick McCaw (in dubbio insieme al centro georgiano Zaza Pachulia), sophomore che sin dall'anno scorso si è ben integrato nei meccanismi dei californiani. Più minuti a disposizione anche per Nick Young, in uscita dalla panchina: l'assenza di Curry andrà al di là delle semplice giocate da fenomeno, dei suoi punti e delle sue triple, ma aggiungerà più pressione su Klay Thompson e Kevin Durant, pressione che in genere viene portata, anche e soprattutto lontano dalla palla, proprio sul prodotto da Davidson. Senza Curry, Golden State dovrà cercare di limitare le partenze lente tipiche di questa stagione, e mettere un freno al nervosismo di alcuni suoi elementi (Durant su tutti), perchè non è pensabile che in ogni occasione ci sia un terzo quarto in cui sovrastare gli avversari e ribaltare l'esito delle gare.