Un record che recita otto vittorie e dodici sconfitte non può essere accolto con entusiasmo da una squadra che punta dichiaratamente al titolo NBA. A distanza di un mese e mezzo dall'inizio della regular season, gli Oklahoma City Thunder sono ancora un cantiere aperto, soprattutto in attacco, dove coach Billy Donovan deve trovare al più presto il modo di far convivere in maniera efficace superstar come Russell Westbrook, Paul George e Carmelo Anthony. Quattro sconfitte consecutive dopo la vittoria d'orgoglio contro i Golden State Warriors hanno di nuovo gettato l'ambiente nello sconforto, anche perchè la squadra è fuori dalle prime otto ad Ovest.
Già stanotte, alla Chesapeake Energy Arena contro i Minnesota Timberwolves di Tom Thibodeau, i Thunder avranno l'occasione di riscattarsi, reduci da k.o. inattesi, come quelli di Dallas contro i Mavericks e di Orlando contro i Magic, non proprio delle corazzate. "Nessuno è frustato qui - dice Carmelo Anthony, forse l'uomo più discusso di questo periodo a Oklahoma City, ai microfoni di Royce Young di Espn - penso piuttosto che i ragazzi siano arrabbiati, incazzati. Dipende dalla nostra natura competitiva, perchè vogliamo vincere le partite, e sappiamo quanto talento c'è a disposizione qui: al momento non siamo in grado di metterlo insieme in campo. E' da ciò che deriva la nostra rabbia. E in questa lega devi quasi essere arrabbiato quando stai perdendo. Per il modo in cui stiamo perdendo, dipende più da noi che da chiunque altro. Ecco che la rabbia comincia a montare, e penso che quando sei arrabbiato mostri quanto ci tieni. E' diverso dall'essere frustrati. Rabbia e frustazione sono due cose diverse. Qui non si tratta di frustrazione, perchè sappiamo cosa possiamo essere e cosa possiamo fare per ottenere risultati. Ci innervosiamo quanto non raggiungiamo gli obiettivi che vogliamo: stiamo lavorando duro ma non stiamo ottenendo risultati, ecco perchè siamo arrabbiati. Stiamo perdendo, dobbiamo mettere un freno a queste sconfitte, ma in passato sono stato in squadre che hanno perso tre, quattro, dieci, dodici partite: lì la frustrazione saliva subito a livelli altissimi, mentre qui non posso dire che ci sia nessuno frustato". Un'analisi psicologica, quella di Anthony, che non entra nel merito delle difficoltà tecniche dei Thunder, che nascono dagli isolamenti per i Big Three, e che stanno portando anche Russell Westbrook fuori giri.
L'MVP della scorsa regular season ha mostrato tutta la sua delusione al termine della gara di Orlando, rimanendo seduto in panchina a scuotere la testa, quasi a sottolineare la difficoltà del momento: "Tutto comincia dal senso di urgenza - le sue parole - che a sua volta dipende da me. E' mia responsabilità assicurarmi che la squadra sia pronta a giocare sui due lati del campo. Devo scacciare la paura dai miei compagni, dobbiamo essere concentrati. Mi prendo la responsabilità di tutto ciò che sta succedendo perchè io sono già stato qui a Oklahoma City. Devo preparare i ragazzi: comincia tutto da me, riusciremo a far girare le cose dalla nostra parte". Eppure Westbrook non è un leader, soprattutto tecnico. Non lo è mai stato, e il suo gioco uno contro tutti non agevola certo i compagni di squadra. Può andar bene in un team di cui lui è l'unica stella, ma non in un gruppo in cui è necessario che altri due grandi giocatori trovino il loro posto in un sistema offensivo. Ma gli sforzi del numero zero sono apprezzati dai compagni di squadra, come chiarisce ancora Anthony: "Anche nel suo caso, non penso sia frustrato, ma solo arrabbiato per come stiamo giocando e per cosa stiamo facendo. Da leader vuole sempre prendersi tutto sulle sue spalle. Fidatevi di me, sono professionista da quattordici anni, so come ci si sente. Ma non possiamo consentirgli di fare tutto da solo. Siamo qui insieme, vinciamo insieme e perdiamo insieme. Sta a noi trovare la solidità necessaria per vincere. Penso che sia proprio la mancanca di continuità il nostro punto debole adesso. Quando riusciremo a trovarla, vedrete che anche il nostro modo di giocare di giocare cambierà le partite, e riusciremo a svoltare. Ora è il momento di scegliere che squadra vogliamo essere e per salire di colpi. No, non ho parlato con LeBron James per sapere come uscire da questa situazione, è presto. Non è ancora il momento per farsi prendere dal panico o chiamare altre persone. Fidatevi, ne usciremo".