Siamo nella settimana dell’all star game, i migliori giocatori dell’NBA danno spettacolo in diverse gare ma si sa, l’attesissimo contest è quello delle schiacciate. 13 febbraio 2016, in una fredda Toronto, un Air Canada Center gremito. Il dunk contest è una delle gare visivamente più entusiasmanti, qualche novità la si può sempre trovare, conta quasi più la pazzia che l’abilità. Tante volte però è l’attesa della giocata incredibile ad ingannare. È un constest in cui non si può mai sapere a cosa si va incontro. Ma quello che gli spettatori stanno per vedere, esattamente sotto i loro occhi, è qualcosa di pazzesco: una delle gare di schiacciate più belle di tutti i tempi. Aaron Gordon contro Zach Lavine, un giocatore militante negli Orlando Magic e l’altro nei Minnesota Timberwolves. Lavine inoltre è il detentore del titolo dell’anno precedente, nella competizione in questione lo si conosce, le sue abilità sono fuori dal normale. Lo stacco del giocatore dei T’Wolves fa paura. Aaron è un giocatore meno conosciuto, più in ombra nei suoi primi anni nella lega, ma già con le sue prime schiacciate dimostra di poter dare del filo da torcere a Lavine. La gara si accende e le schiacciate diventano sempre più spettacolari e fuori da qualsiasi legge fisica. Aaron Gordon ne compie una su tutte che lascia il mondo senza parole: si siede letteralmente in aria, sopra la mascotte dei suoi Orlando Magic; raccoglie la palla da sotto le gambe e la porta velocemente sopra la testa per schiacciarla a canestro. Non stiamo parlando di azioni umane. Se non l’avete già vista correte a consultare un video.

Nonostante questa performance Aaron non vincerà quella gara, i giudici decideranno per Zach Lavine, e molti addetti ai lavori ancora oggi non sono sicuri dell’esito. Certo Lavine fu devastante, ma Gordon portò un’innovazione unita ad una potenza realizzativa, veramente quasi mai viste prima. Da quel giorno però l’ala di Orlando divenne per tutti uno dei migliori schiacciatori di sempre, ed oltre a questo nulla. Non gli si riconoscevano molte abilità nel gioco del basket, se non la schiacciata appunto, e il rimbalzo.

Oggi Aaron Gordon ha ribaltato tutti i giudizi che gli sono stati imposti in questi anni: “Non è un giocatore di basket, è uno schiacciatore” gli si contestava. Alla luce della stagione 2017/18, la sua quarta nella lega, Aaron sta dimostrando di saper giocare eccome a basket e inoltre di essere diventato un tiratore, non solamente da due ma anche da tre. Parliamo di un miglioramento improvviso e marcato; le medie a cui viaggiava il ragazzo nato a San Jose nei primi anni NBA non toccavano mai i 15 punti (12.7 il suo apice). In questa stagione la media è di ben 18.6 punti, con una costanza veramente eccellente. Le percentuali sono di un giocatore che sa senza dubbio tirare, nonostante le critiche: più del 50% da due e 43% dal tiro da tre. Quello che sembra aver fatto Aaron è aver lavorato duro, su tutto il suo gioco, per dimostrare al mondo e a sé stesso che lui non è solo uno schiacciatore ma che è molto di più. L’etichetta era ben fissata, e difficile da far scivolare via, invece il ventiduenne cresciuto nel college dell’Arizona sta riuscendo nell’intento di rompere lo stereotipo.

Il suo apporto al team di Orlando è fondamentale, e sta portando la franchigia a livelli di gioco elevati rispetto agli scorsi anni. Il lavoro non è ancora terminato, anzi si può dire con certezza che è appena iniziato. I Magic non viaggiano certo a ritmo playoff ancora, ma il buon gioco dimostrato in diverse gare fa di loro un avversario ostico da fronteggiare; da aggiungere c’è che in una est conference un po’ priva di talenti forse un posto ai playoff sarebbe anche auspicabile. Basti pensare all'ultima prestazione dei ragazzi di coach Frank Vogel contro gli Oklahoma City Thunder, di certo non la squadra più in forma del momento, ma sicuramente la meno sottovalutabile dati gli elementi capaci di cambiare il match quando vogliono se in forma. Orlando invece è andata a vincere contro dei Thunder infuriati e in serie negativa, contro un Russell Westbrook versione MVP con 37 punti, 11 rimbalzi, 5 assist e 5 palle rubate. Il confronto l’ha vinto “lo schiacciatore” Aaron Gordon, prendendosi in mano la squadra, da vero leader, segnando 40 punti e raccogliendo 15 rimbalzi. In tutto questo c’è, velata, la prestazione al tiro da tre punti di Aaron, con sei triple segnate sulle dodici tentate; il suo record in carriera.

Ha ribaltato tutto Aaron, ha rotto qualsiasi pregiudizio che lo macchiava, ha ricostruito un nuovo se stesso: un leader, un tiratore, un giocatore di basket bello da vedere sul parquet. Forse si dovrebbe imparare a non prendere per finito un giocatore che è ai primi anni della sua carriera, forse si dovrebbe imparare a valutare con le tempistiche giuste e lasciare che il corso degli eventi crei un giocatore, perché lavorando con tutto se stessi si può giungere a risultati impensabili. Come insegnava un signore a noi tutti conosciuto: “becouse limits like fears, are often just an illusion” e probabilmente Aaron Gordon l’ha capito.