Philadelphia 76ers contro Sacramento Kings, è il 9 novembre 2017 e al Golden One Center si affrontano le squadre più promettenti per quel che concerne giovani talenti da schierare in campo. Manca la prima scelta: Markelle Fultz, out per infortunio; ma Phila ha a disposizione diversi giocatori dal talento sopraffino pronti a scaldare l’arena ospite: Ben Simmons e Joel Embiid su tutti. Proprio loro due non si smentiscono; a gara conclusa, statistiche alla mano, il primo ha messo a segno 18 punti e il secondo 22 con 15 rimbalzi. Devastanti come ogni sera, c’è poco da aggiungere, Simmons dimostra una maturità e una padronanza del gioco fuori dal normale, Embiid è strabordante in ogni zona del campo, fermarlo è un’impresa.

Dall’altra parte del campo c’è il rookie di Sacramento: De’Aaron Fox. Giocatore dalla velocità immensa, buon tiratore dalla media, pericoloso in penetrazione e con un’ottima visione di gioco, ma in confronto agli altri due non c’è storia: statistiche alla mano, quelli fanno già i record. E invece ad un minuto dalla fine inizia la dimostrazione di Fox, del giocatore mentalmente pronto che è, e di quello che potrà diventare: la partita è tesissima, cambi di vantaggio da una parte e dall’altra, un equilibrio sostanziale che aleggia nell’aria. La palla scotta ogni possesso di più: 108 a 104 ad un minuto dal termine per i 76ers, Fox dopo un’azione farraginosa riceve palla e serve l’assist per la tripla di Garrett Temple, che va sottolineato, fa un gran lavoro. Meno uno, possesso Phila che sbaglia il tiro. ma il solito Embiid prende un rimbalzo d’oro e Willie Cauley-Stein compie l’impresa di cui parlavamo prima, stoppando il 21 dei 76ers. A lottare sul pallone vagante va proprio De’Aaron che riesce a guadagnare la rimessa e quindi il possesso che può valere il vantaggio. Se non a lui a chi potrebbe andare quella palla? Solo Fox può prenderla in quel momento e Fox la prende realizzando una giocata che da un rookie non si vede tutti i giorni, anzi proprio non se ne vedono tutti gli anni. Tiro in faccia, dalla media, al difensore: dentro, più uno. I 76ers sbagliano l’ultima azione, manovrata con poche idee, e Sacramento porta a casa la vittoria. De’Aaron Fox nella partita non segna così tanto, 11 punti per l’esattezza, ma è la prova di mentalità che stupisce. Un ragazzo che si va a prendere la partita in quel modo, che vuole dimostrare a tutti che nel momento in cui più la squadra ha bisogno lui saprà emergere. Ed è emerso! Mettendo in ombra due giocatori come quelli che c’erano dall’altra parte del parquet.

È la stessa mentalità che ha spinto Fox a scegliere il numero zero, ai tempi del college a Kentucky, per il semplice motivo che lui non teme nessuno. È la stessa mentalità che lo portava (così dice il suo coach di Kentucky) ad arrivare a scuola la mattina presto, quasi quando il sole doveva ancora sorgere sulle facce stanche degli studenti e mettersi a lavorare sul suo gioco: su ogni tiro che in partita sbagliava, su ogni lettura malamente interpretata e su ogni canestro subito per pessima attenzione difensiva. È la stessa, medesima, mentalità che Fox metteva ogni giorno sul suo gioco, sulla sua vita. L’ha portata là, in quella partita di NBA, in quel palazzetto gremito, dove la pressione è a mille ogni sera, dove le gambe tremano perché o sarai un eroe o semplicemente un rookie che aveva troppa fretta di essere grande. Ci sono giocatori pronti a questo momento e altri no, tu De’Aaron eri pronto a dare tutto e l’hai dimostrato, uscendo meritatamente da eroe.