Sotto pressione, risponde in questa maniera. E' sempre stato così, e LeBron James ha confermato il suo status di giocatore fuori da ogni standard, con la sua prestazione nella notte a Washington contro i Wizards, trascinando i Cleveland Cavaliers al successo dopo una serie di gare imbarazzanti. 57 punti (23/34 dal campo, 2/4 dall'arco, 9/9 ai liberi), 11 rimbalzi, 7 assist, 3 palle rubate e 2 stoppate, il bottino della serata del Prescelto in 43 minuti di gioco, per dimostrare che ogni tanto bisogna rispondere alle critiche - e ai risultati negativi - di forza, allacciandosi le scarpe anche se si è solo agli inizi di novembre. 

LeBron James in azione a Washington. Fonte: NBA.com/Twitter

Ciò che però i numeri non raccontano è la capacità di James di dominare totalmente la partita, da faro e guida per i suoi compagni di squadra e incubo ricorrente per gli avversari. Una prestazione completa, che parla di 14 canestri segnati nella cosiddetta restricted area, 7/10 in situazioni di post, 4/4 arrivando dritto al ferro (tra cui un canestro più fallo), e che racconta dell'impossibilità dei Wizards di provare a tenerlo. Nessuno, tra Porter, Beal e Wall è riuscito a fargli neanche il solletico. La prova di LeBron è stata talmente straordinaria da non avere fugato gli interrogativi sui Cleveland Cavaliers. Considerazione tanto paradossale quanto ovvia: i Cavs hanno esibito ancora problemi difensivi e di concentrazione. Ci ha pensato il loro leader a mascherare i difetti di inizio stagione, mentre in attacco la squadra di Tyronn Lue sembra sempre più predicata su un pallacanestro estrema, basata sul tiro da tre punti. LeBron si sente una point guard, ma il suo dominio in post a Washington dovrebbe indurlo ad alternare il suo gioco, ad esplorare una situazione che è troppo complicata da difendere per gli avversari, sia per l'impossibilità di trovare un corpo competente contro di lui, sia per la sua capacità di ribaltare il lato per i tiratori anche spalle a canestro. Una variazione sul tema da eseguire con continuità, in particolar modo ora che gli anni passano, e che prestazioni del genere vengono sciorinate solo quando strettamente necessario. Non lo era forse stasera, ma il senso di urgenza di James è derivato dalla voglia di reagire a un momento di difficoltà emotiva e in parte tecnica della sua squadra. Non è la prima volta in carriera che LeBron risponde così (indimenticabile la gara-6 al Garden contro i Boston Celtics in una delle tante cavalcate playoffs della sua carriera), non solo facendo schizzare tutti gli indicatori del tabellini, ma dimostrando chi è sempre l'uomo solo al comando della lega, premio di MVP o meno.

LeBron James. Fonte: NBA.com/Twitter

Più giovane giocatore di sempre a raggiungere i 29.000 punti in carriera (altro traguardo tagliato nella speciale serata di Washington), James si è proposto al suo meglio contro i rivali dei Wizards, spesso protagonisti di dichiarazioni inopportune sui rapporti di forza all'interno della Eastern Conference. Ma, al termine della gara capitolina, The King si è concentrato solo sulla sua prestazione, lasciando da parte le polemiche: "Stasera mi sentivo come se qualsiasi tiro mi sarebbe entrato, anche se ben contestato. Avevo gli occhi fissi sull'obiettivo, provando a rimanere concentrato e disciplinato, come sono sempre cresciuto da giocatore di pallacanestro: disciplinato con il mio tiro, in equilibrio, convinto che ogni tiro potesse entrare. Il segreto è cercare di non annoiarsi, di non perdersi nella routine e nella quotidianità del sistema. Giorno dopo giorno lavoro sul mio gioco, e tutti i tiri che ho preso oggi sono tiri sui quali mi sono allenato tantissimo. Come per esempio su quel tiro in fadeaway su una sola gamba dalla linea di fondo: ci ho lavorato tantissimo. Essere efficace in campo è qualcosa che ho sempre inseguito, e devo dire che non fa nemmeno parte del mio gioco prendermi più di trenta tiri in una partita: non è una cosa che accade spesso. Ma, quando lo faccio, voglio essere molto efficace: quei tiri devono entrare, e stasera sono riuscito a farcela". Ovviamente ammirati anche i suoi compagni di squadra, da J.R. Smith a Derrick Rose, passando per l'amico di mille battaglie Dwyane Wade. Ammirati ma non sorpresi, perchè a un LeBron dominante sono ormai tutti abituati, compreso il suo allenatore che l'ha lasciato in campo per tutto il secondo tempo: "Tra terzo e quarto quarto gli ho chiesto se voleva un riposo veloce. Mi ha risposto di no. Sapevo che stava alla grande, ci ha trascinati stasera", la chiosa di Tyronn Lue.