Si è a lungo discusso dei numeri messi insieme da LeBron James nelle ultime due partite disputate in maglia Cleveland Cavs (nella vittoria contro i Chicago Bulls e nella sconfitta contro i Brooklyn Nets) in questo inizio di regular season NBA. Rispettivamente 34 punti, 13 assist e 2 rimbalzi, e 29 punti, 13 assist e 10 rimbalzi. Le solite cifre da LBJ, ma con una peculiarità: la partenza in quintetto come point guard "ufficiale" della squadra, causa infortuni di Isaiah Thomas e Derrick Rose. 

Buona parte del mondo NBA ha urlato di meraviglia, vedendo il Prescelto poter giocare anche da playmaker, dimenticando però che il vero ruolo di LeBron è (diventato) esattamente quello. Giocatore che anche da small forward non si limita a realizzare punti per la squadra, ma diverte con i suoi passaggi al millimetro, vere e proprie fucilate da un angolo all'altro del campo, per trovare i tiratori sul perimetro o per lanciare transizione e/o contropiede dei suoi Cavs. E' sempre stato questo il James che oggi viene ufficialmente considerato (anche) dalle statistiche una point guard. Sin dai primi passi in NBA, complici le difficoltà dell'allora roster dei Cavs, che non brillava per talento diffuso, LeBron ha mostrato al mondo intero cosa si intenda per point forward, o comunque per giocatore che indirizza i destini del proprio team non solo con trentelli o quarantelli, ma soprattutto con assist per i suoi compagni di squadra. D'altronde, è questo il destino di un all-around player come James, che ha negli anni accentuato la sua peculariare caratteristica di passatore seriale, senza però abbandonare la dimensione realizzativa che fa parte della sua fisicità e della sua tecnica di tiro, notevolmente migliorata rispetto alle stagioni degli esordi. Al resto ha pensato l'evoluzione del gioco, intesa come aumento esponenziale dei ritmi e dei possessi, con sempre maggiore importanza attribuita al tiro da tre punti. LeBron si è abituato ai nuovi scenari, miscelando come nessuno la capacità di giungere al ferro come un treno in corsa, nonostante gli anni passino anche per lui (33 a dicembre), e di trovare linee di passaggio immaginifiche, sconosciute ai suoi omologhi e pari ruolo, ma perfettamente naturali per questo fenomeno da Akron, Ohio. La risultante di una quindicina d'anni trascorsi in NBA fa dunque di LeBron un giocatore offensivo a tutto tondo, nettamente migliore rispetto al passato, per diversi ordini di motivi. 

Innanzitutto, è ormai sparito da alcune stagioni il LeBron da isolamento, giocatore che tendeva a tenere la palla ferma in attacco per diversi secondi, facilitando il compito delle difese avversarie e accontentandosi di un tiro in sospensione, il più delle volte un long two di difficile realizzazione e comunque poco remunerativo per l'attacco della sua squadra. In secondo luogo, l'ultima versione del Prescelto ha ridotto al minimo ogni inutile orpello al suo gioco, limitando al massimo le forzature e le palle perse, per concentrarsi sulla duplice dimensione del suo attacco: accelerazioni al ferro e scarichi per i tiratori. Ecco perchè James è negli ultimi anni diventato il playmaker ombra della sua squadra, non solo a Cleveland (nella sua seconda reincarnazione in maglia vinaccia), ma anche a Miami. Come dimenticare i quintetti con i vari Mike Miller, Ray Allen e Mario Chalmers ai tempi di South Beach, in cui la point guard nominale era appunto Chalmers, ma il playmaker effettivo James. Accentratore, secondo alcuni, dominatore, secondo altri. Anche a Cleveland LeBron ha continuato sulla stessa falsariga degli anni alla corte di Pat Riley, "costringendo" Kyrie Irving al ruolo di realizzatore e di giocatore di uno contro uno (forse la reale dimensione di Uncle Drew, come si riuscirà a comprendere meglio durante la sua avventura ai Boston Celtics), e facendo felici i vari Kevin Love, J.R. Smith e gli altri esterni e lunghi tiratori che si sono avvicendati al suo fianco. Quindi, perchè stupirsi? Non sarà una sigla, pg (point guard), piuttosto che un'altra, sf (small forward) a cambiare la realtà delle cose. Ciò che invece potrebbe essere davvero d'aiuto, a LeBron come al suo allenatore, sarebbe comprendere che lasciare la palla in mano per quaranta minuti al numero 23 comporterebbe una pressione eccessiva anche per un fenomeno del genere. Ecco perchè il ritorno di un altro trattatore di palla (che poi è esattamente ciò che manca ai Celtics del post-infortunio di Gordon Hayward) agevolerà il Prescelto, fermo restando che i set offensivi dei Cavs dipendono dalla sua capacità di esecuzione.