Se il buongiorno si vede dal mattino, sarà una lunga e complicata regular season per New York Knicks e Chicago Bulls. Due delle franchigie che hanno fatto la storia dell'NBA si ritrovano infatti contemporaneamente all'anno zero, costrette a ripartire da giovani e da ambizioni limitatissime, con la speranza di migliorare nel corso degli anni grazie alle pesche al Draft, perchè per un po' di tempo i migliori free agents in circolazione continueranno a preferire altri lidi.

Entrambe impegnate nel tip-off delle rispettive stagioni, Knicks e Bulls sono andate nettamente k.o. a Oklahoma City e Toronto, confermando di far parte dei bassifondi della lega. New York è stata spazzata via dai Thunder dei nuovi Big Three, di Russell Westbrook, di Paul George e del polemico ex Carmelo Anthony. Il solo Kristaps Porzingis ha giocato sui sui livelli, quelli che competono a un giocatore destinato a diventare uno dei primissimi nel suo ruolo. Il lungo lettone è però circondato da una squadra che definire non all'altezza è un largo eufemismo. Schierato nominalmente da power forward, con il turco Enes Kanter da centro, Porzingis si è dovuto in realtà accollare in difesa il doppio compito di lavorare contro i numeri quattro avversari, generalmente giocatori che si spaziano sul perimetro per tirare da tre, e proteggere il ferro in caso di penetrazioni, dato l'apporto nullo dello stesso Kanter e le difficoltà in materia di Willy Hernangomez e di Kyle O'Quinn. In attacco, l'unicorno lettone è già la principale opzione di coach Jeff Hornacek. Tiri da tre, uscita dai blocchi stile guardia, lavoro in post, tutto sulle spalle di Kristaps, in un quintetto che ieri sera prevedeva Ramon Sessions da playmaker titolare, con Ron Baker e il rookie Frank Ntilikina in uscita dalla panchina. Lance Thomas e Doug McDermott gli altri uomini della rotazione di New York, che in quintetto ha lanciato l'esperto Courtney Lee e lo strapagato Tim Hardaway Jr, cavallo di ritorno emblema della confusione che continua a regnare nella Grande Mela, anche dopo l'addio del vituperato Phil Jackson. Per non farsi mancare niente, i Knicks hanno perso subito per infortunio Michael Beasley, vittima di una distorsione alla caviglia dopo neanche un minuto dalla sua entrata in campo. Questo il livello del roster di New York, che starà ad Hornacek cercare di assemblare nel migliore dei modi, per tentare di migliorare quantomeno alcune giovani individualità.

Discorso non dissimile per i Chicago Bulls di Fred Hoiberg, presentatisi decimati in Canada, per la sfida contro i Toronto Raptors di Dwane Casey. Alle assenze per infortunio dei nuovi arrivati Kris Dunn e Zach LaVine, tra i giocatori più interessanti in prospettiva futura dell'intero roster, si sono aggiunte negli ultimi giorni quelle di Bobby Portis e Nikola Mirotic, protagonisti di una scazzottata in allenamento. E' andata peggio allo spagnolo, messo letteralmente k.o. dal compagno di squadra e fuori per sei settimane, mentre Portis è stato sospeso dalla sua stessa franchigia per otto gare. In simili condizioni, una netta sconfitta a Toronto era inevitabile. Ed è esattamente ciò che è accaduto all'Air Canada Centre, dopo un primo quarto in equilibrio. La second unit di Hoiberg è affondata senza nemmeno riuscire ad abbozzare una reazione, con i vari David Nwaba, Quincy Pondexter, Ryan Arcidiacono, Kay Felder in balia degli avversari, che hanno messo in ghiaccio la partita in pochi minuti, trasformando il secondo tempo in poco più di un'esibizione. Anche in questo caso, l'unica luce nel buio dei Bulls è stata rappresentata da un giovane europeo, il finlandese Lauri Markkanen, che nel terzo quarto ha mostrato orgoglio e doti tecniche superiori alla norma. Dal lungo finnico dovranno ripartire i Bulls di questa stagione, per non consegnarsi a mesi da calvario e a un futuro da anonimato. Dunn e LaVine potranno dare una mano in corso d'opera, ma la prima di Chicago - come quella dei Knicks a OKC - non lascia certo spazio all'ottimismo. Anni di programmazione sbagliata costringono ora entrambe le franchigie a una regular season di pura sofferenza, con pochissimi motivi per sperare in un futuro (a medio termine) migliore.