Pianificare una stagione. Farlo nei minimi dettagli. Investirci tempo, denaro e gran parte delle speranze future di gloria, personali e di squadra. Vederle in frantumo dopo nemmeno cinque minuti di stagione regolare. Destino. Sfortuna. Chi più ne ha più ne metta. Il dramma umano, prima ancora che sportivo, di Gordon Hayward si consuma in poco meno di sei minuti, i primi di un'annata che avrebbe dovuto consacrare il talento ex Utah Jazz alla corte di chi, Brad Stevens, lo ha lanciato nel mondo del basket quando entrambi facevano le fortune al college di Butler University.
Quicken Loans Arena, tip off della stagione 2017/18. La sfida è quella che alla vigilia dovrebbe vedere le squadre impegnate anche nella finale di Conference fra qualche mese. Poco più di cinque minuti di gioco, l'ala di Indianapolis finisce al suolo con una gamba spezzata in due parti. Il gelo, per il dramma che va consumandosi, è inevitabile. Al di là dello shock per l'infortunio e dell'enorme dispiacere per il ragazzo - al quale va tutto il sostegno e il supporto di questo mondo - purtroppo lo show deve andare avanti. Nonostante quest'ultimo, per i Boston Celtics, non sarà ovviamente più lo stesso. Nonostante la reazione della squadra sia di assoluto orgoglio, di testa e di cuore prima ancor che tecnica. La sconfitta passa in ultimo piano.
Il primo pensiero dei protagonisti e dei tifosi tutti va al compagno di squadra, al rivale, al rispetto che merita. Quello di Brad Stevens, cinicamente, è quello di guardare all'aspetto meramente tattico oltre che numerico. Alla vigilia della palla a due, tante erano le curiosità legate alla rotazione dei suoi Boston Celtics, leggermente corti dal punto di vista dei ricambi, soprattutto sotto canestro. L'assenza di Morris è un primo macigno, quella di Hayward sembra poter rappresentare la pietra tombale sulle speranze e le velleità di titolo e di finale di Conference. Presto per dirlo, chiaro, ma ciò che si scruta guardando l'orizzonte è che, nonostante il recupero di Morris previsto a breve, Boston avrà di fatto a referto otto giocatori, pochi per puntare troppo in alto.
Ciò che può rincuorare per quanto possibile coach Stevens è che la sua squadra ha continuato a giocare il basket che gli si confà, senza piangersi addosso, rendendo pan per focaccia ai Cleveland Cavaliers fino alla sirena conclusiva. Di fatto però Stevens ha potuto contare su sette giocatori dal momento in cui Hayward è uscito di scena, senza contare i minimi apporti di Oyeleje e Larkin - rispettivamente nove e cinque minuti. Difficile pensare che in sette uomini si possa mantenere un determinato livello di intensità e di qualità del gioco altissima per altre 81 partite più playoff. Adesso, però, la crescita di Brown e Tatum - naturali sostituti nel ruolo - dovrà essere molto più repentina del previsto: entrambi verranno investiti di maggiori responsabilità e minutaggio, sebbene in un ruolo non propriamente adatto alle loro caratteristiche.
In attesa del ritorno di Morris che comporterà verosimilmente un quintetto con Irving, Brown e Tatum sul perimetro, l'ex Pistons e Horford a completarlo, dovrebbe essere Smart a prendere il posto dell'ex ala dei Jazz con conseguente spostamento in ala dei due giovani prospetti per un quintetto estremamente piccolo. Le maggiori difficoltà non si noteranno in attacco, bensì in difesa, dove Tatum agirà da quattro soltanto nominalmente e dovrà necessariamente accoppiarsi con ali molto più strutturate fisicamente di lui. Potrebbe essere necessario inoltre un intervento sul mercato, anche se al momento sembra difficile trovare la via giusta per porre rimedio in tal senso ad un vuoto che inevitabilmente condizionerà la stagione e la programmazione futura dei Boston Celtics.