Nel mondo sportivo si dice spesso che le squadre vadano costruite su delle certezze di un certo tipo, poi rodate, fino a raggiungere un equilibrio soddisfacente da mantenere. Nella Washington del basket, però, questa teoria l’hanno forse un pizzico esasperata. Gli Wizards si presentano infatti per il secondo anno – e mezzo – con lo stesso identico quintetto e, per larghi tratti, anche con lo stesso roster. Una parziale notizia per una franchigia che ha raggiunto come massimo risultato le semifinali della Eastern Conference, per tre volte negli ultimi quattro anni. L’epilogo è sempre stato lo stesso: sconfitta. Fu Indiana per prima, poi Atlanta, entrambe con il finale di 4-2, infine lo scorso anno con Boston, a gara-7. Pausa nel 2016, anno di leggero assestamento.

Tre eliminazioni in semifinale di Conference negli ultimi quattro anni per gli Wizards.

In tutti questi anni, soprattutto nello scorso, l’impressione che ha destato la squadra della capitale è di essere nel limbo maledetto di quelle franchigie complete, capaci di giocare una buona pallacanestro e con elementi di talento e sistema allo stesso tempo, ma di un livello ancora due o tre gradini inferiore a quello delle franchigie davvero da titolo. Per quegli scalini facciamo anche quattro, considerando che stiamo attraversando l’epoca dei Golden State Warriors. A rigor di logica, quindi, una squadra che viene a trovarsi in questo limbo deve cercare di uscirne, ma fare il salto in avanti è di una difficoltà immane, basti pensare ai Toronto Raptors, squadra per storia, situazione contrattuale e composizione del roster piuttosto simile a quella di Washington.

Fonte immagine: Twitter @WashWizards
170x4: John Wall. | Fonte immagine: Twitter @WashWizards

Il board ha deciso in estate di intasare ulteriormente il salary cap, facendo firmare due contratti pesantissimi. Il più oneroso è quello di John Wall, che ammonta a 170 milioni di Dollari in 4 anni, a partire dal 2019, data di scadenza del contratto ora in essere. La volontà chiara è di fare di Wall l’uomo franchigia, ancora più di quanto già sia, dandogli in mano le chiavi della squadra e caricandolo ulteriormente di responsabilità che vanno oltre l’aspetto meramente tecnico. Il playmaker ex Kentucky, ormai conclamata superstar della Nba, ha però bisogno di compiere ancora dei passi in avanti anche sul parquet, soprattutto se insignito del ruolo di “uomo-che-dovrebbe-portare-gli-Wizards-in-cima”, soprattutto nelle letture dei momenti della gara, aspetto chiave per un playmaker, e nella shot selection, oltre alla necessità di migliorare la propria difesa.

Otto Porter in estate ha firmato per 4 anni a 106 Milioni.

Wall, dal 2019, ne percepirà 170 in 4 anni.

L’altro contratto da urlo è quello di Otto Porter, un quadriennale da 106 milioni di Dollari. Arrivato all’estate da restricted free agent, sono stati i Brooklyn Nets a convincerlo ad apporre la propria firma sul contratto con la squadra di Kenny Atkinson, probabilmente ben conscio che da Washington sarebbe stata pareggiata ogni offerta arrivata. Così è stato: troppo importante mantenere l’ala piccola da Georgetown, terza scelta assoluta nel draft 2013, difensore di enormi capacità e attaccante di sistema, con ottimo range di tiro ed ideale per completare il quintetto, oltre che non rimpiazzabile. Viene da sé pensare che il piano estivo di Washington fosse un aut-aut tra l’eventuale arrivo di Durant e il mantenimento completo del roster; con la firma del 35 nella baia, barrare B è stato immediato ed ecco il contrattone - peraltro meritato - nelle tasche di Porter.

Beal, Porter, Wall: l'anima di Washington. | Fonte immagine: Twitter @WashWizards
Beal, Porter, Wall: l'anima di Washington. | Fonte immagine: Twitter @WashWizards

Un po' meno meritato - e molto meno sensato - sembra invece il quadriennale inchiostrato da Mahinmi un anno fa da 64 milioni di Dollari complessivi, mentre Bradley Beal, sempre nel luglio scorso, ha firmato per cinque anni a 127 milioni. Cifre di un certo peso che, meritate o meno, legano le mani al board: difficile pensare di muovere pedine via trade, poiché al momento la squadra regge e scomporla potrebbe essere un rischio troppo grosso da correre. Dall'altro lato c'è però l'impossibilità di portare nomi di un certo peso nella Capitale, tanto che anche quest'estate sono stati soprattutto dei nomi "a sorpresa", per così dire, ad approdare alla corte di Scott Brooks.

Jodie Meeks, Tim Frazier e Mike Scott sono le uniche aggiunte estive.

L'innesto forse più importante di tutti è quello di Jodie Meeks, shooting guard con tanti punti nelle mani che viene da un paio di stagioni totalmente da dimenticare. Non un'eccellenza difensiva, ma potrebbe bastare per non rimpiangere Bojan Bogdanovic, volato ai Pacers con un biennale da 21 milioni di Dollari non pareggiato da Washington. Sempre nel backcourt l'altro arrivo che avrà chances di vedere il campo, ovvero Tim Frazier, per il quale è stata sacrificata - si fa per dire - la cinquantaduesima scelta all'ultimo draft. Contratto vantaggiosissimo (biennale da quattro milioni, in scadenza l'estate prossima) e ottimo rendimento, oltre alle caratteristiche giuste per essere un buon backup di John Wall. Terzo volto nuovo è Mike Scott, una scommessa che, se vinta, può rappresentare un'alternativa a Markieff Morris per allargare il campo: power forward con buone mani, ma con alcuni problemi di carattere disciplinare che potrebbero pesare non poco.

Scott Brooks e la sua star. | Fonte immagine: Twitter @WashWizards
Scott Brooks e la sua star. | Fonte immagine: Twitter @WashWizards

Questi tre, insieme a Mahinmi, Kelly Oubre (a proposito di indisciplinati...) e Jason Smith - ci sarebbe anche Satoransky, ma è ancora un'incognita al momento - compongono la second unit degli Washington Wizards. Va da sé pensare che, con elementi di questo livello, pensare di arrivare a competere con i Cavaliers o con i Celtics sia piuttosto complicato, soprattutto considerando poi il divario con un quintetto base che funziona benissimo, ma che di fatto non può gestirsi e fatica anche a sfaldarsi: il meglio, i primi cinque, lo ottengono giocando insieme. E se loro sono la certezza di Scott Brooks, la panchina è l'interrogativo.

Obiettivo uscire dal limbo, ma dalla parte giusta.

La ricerca della chimica giusta tra le varie parti in causa è ovviamente un processo che richiede tempo e partite, ragion per cui non è così immediato che Washington parta immediatamente al meglio, soprattutto considerando che sì, lo stile di gioco sarà lo stesso e che le sorti della franchigia passeranno sempre dal rendimento di John Wall e Bradley Beal. Il titolo, in ogni caso, sembra un obiettivo troppo lontano per essere raggiunto. Non c'è però un anno zero, non c'è possibilità di ricostruzione: un altro anno nel limbo, sperando in un mezzo miracolo per uscirne dalla parte giusta.