A poco più di un giorno di distanza dalle dichiarazioni di Kevin McHale riguardanti James Harden e le sue scarse doti di leadership all’interno della squadra, la stessa stella degli Houston Rockets ha risposto, alzando decisamente i toni, nei confronti di colui che è stato suo capo allenatore dal 2012 al 2015. Una risposta piccata, apparsa decisamente eccessiva e che probabilmente nasconde diverse frizioni accumulate nel corso degli anni tra i due ex partner di lavoro, artefici dell’inizio del nuovo corso in quel di Houston, dopo la parentesi che vide in Yao Ming il suo uomo più rappresentativo. Le parole di McHale, sicuramente forti e, riguardavano l’impossibilità dell’università dell’Arizona di imporsi come guida tecnica per il gruppo e di farsi seguire con esempio e personalità in campo da tutta la squadra, soprattutto dovuta alle sue evidenti lacune difensive. L’ex stella e Hall of Famer dei Boston Celtics espose l’importanza dell’arrivo di Chris Paul proprio come figura capace di imporre una leadership all’interno del gruppo che Harden non è mai stato capace di dare.

“Onestamente, è un pagliaccio – dichiara Harden ai microfoni di ESPN in risposta a McHale - ho sempre fatto tutto quello che mi ha chiesto. Ho tentato di guidare questa squadra tutti i giorni fin dalla mia prima partita qui a Houston. Andare dai media e far così il mio nome, quando onestamente lui non mi ha mai insegnato nulla sull’essere un leader. Ho sempre fatto un gran lavoro. L’organizzazione, gli allenatori, potete chiedere a chiunque su come ho sempre lavorato duramente tutti i giorni per migliorare come giocatore di basket, ma anche come leader. Andare in onda e sottostimarmi in quel modo, dimostra di che pasta è fatto. Io normalmente non vado avanti e indietro tra social media parlando di qualcun altro nelle interviste, parlo per me stesso, tutto qui. Ma non puoi fare una cosa del genere, dimostra solo che tipo di persona è”. Queste sono le parole visibilmente risentite della stella degli Houston Rockets, finalista per il premio di MVP della scorsa stagione, che non ha accettato la critica del suo ex allenatore e soprattutto il fatto che si sia rivolto ai media per fargliela.

Un rapporto evidentemente mai decollato tra le due parti in gioco, con McHale che vide terminare la sua permanenza sulla panchina dei Rockets nel 2015, dopo solo 11 partite da un rinnovo di contratto quadriennale (e una finale di conference conquistata l’anno precedente) dove speculazioni hanno rivolto ad Harden più di una responsabilità, cosa che ha alimentato le frizioni tra i due, evidentemente. “Io non centrai nulla con quella decisione - ha risposto la stella dei Rockets - sono qui solo per fare il mio lavoro e competere al massimo livello possibile. Ma quando lui era qui e, faccia a faccia, mi diceva che grande giocatore fossi e quanto lui fosse fortunato di essere parte del progetto, e poi a distanza di qualche anno, dice sostanzialmente l’opposto. Questo dimostra il suo carattere, chi è veramente. Io non agisco così, non parlo alle spalle delle persone e non gli dico una cosa per poi andare in onda e contraddirmi”. L’unico punto del discorso di McHale con cui Harden concorda è l’importanza dell’arrivo di CP3: “Avevo bisogno di questo, di lui, mi rende migliore e per lui è lo stesso”.

Sulla questione ha speso parole anche coach Mike D’Antoni, attuale allenatore di Harden e dei Rockets : “Tutto quello che posso fare è parlare della mia esperienza. Ovviamente ho ottenuto il premio di allenatore dell’anno grazie a lui e agli altri dieci ragazzi della squadra. Lui è stato grande ogni volta che gli ho chiesto qualcosa. Gli ho chiesto molto lo scorso anno, di essere la point guard, di applicarsi in difesa, un sacco di cose e lui ha risposto ottimamente. Abbiamo un ottima chimica. Lui è il primo a riunire la squadra in estate o a portare fuori la squadra durante la stagione per creare gruppo. Perciò io non vedo queste lacune. È sempre stato grandioso da quando sono qui”.

Indipendentemente dalla veridicità delle parole di McHale, questa vicenda sarebbe potuta essere gestita in maniera differente, come lo stesso Harden ha dichiarato, ma come spesso accade quando in ballo ci sono i media e la comunicazione di massa, ogni situazione, anche quella più fisiologicamente normale, tende a degenerare. Parole pesanti quelle della stella dei Rockets, nei confronti del suo ex allenatore, che non vanno a toccare solo la sfera tecnica, ma anche, trasversalmente, quella personale, in un botta e risposta, che, purtroppo, ha assunto i connotati di una guerra mediatica tra ex partner che insieme sono anche stati capaci di fare ottime cose.