Tredici è il numero esorbitante di anni che sono passati dall’ultima apparizione ai playoff dei Minnesota Timberwolves, franchigia che, al termine del ciclo che vide in Kevin Garnett il suo uomo di punta, non è più stata capace di riconfermarsi sui medesimi livelli negli anni a venire, con vari progetti dai buoni propositi rivelatisi fallimentari. Mancanza di talento ed esperienza, soprattutto questo è stato il problema dei T-Wolves nelle scorse stagioni, oltre che varie scelte dal punto di vista societario e manageriale davvero scellerate, che hanno portato vari giocatori di livello a cercare fortuna altrove appena presentatasi la possibilità, come fece nel 2008 lo stesso Garnett e, qualche anno più tardi, Kevin Love, leader della squadra fino al 2014. Il trend negativo non è cambiato nemmeno nelle ultime stagioni in cui tuttavia, a Minneapolis, qualcosa ha iniziato a muoversi verso una lenta rinascita, che ha visto l’approdo, attraverso i vari draft, di giocatori come Gorgui Dieng, Shabbazz Muhammad, ma soprattutto Andrew Wiggins, coinvolto nell’affare che ha portato Love a Cleveland, e Karl Anthony Towns, prime scelte assolute rispettivamente del draft 2014 e 2015.

Con l’arrivo di coach Tom Thibodeau la squadra vene finalmente affidata ad un coach di alto livello e di vasta esperienza anche di un certo successo ai Chicago Bulls, chiamato soprattutto per far fronte al problema principale di questa compagine, ovvero il sistema e l’attitudine difensiva. In linea con la piega che ha preso il percorso di crescita di questa squadra, in estate è stato perpetrato un forte processo di modifica al roster, che ha portato talento, fisicità ed esperienza al servizio della causa di coach Thibs, che si è tradotto nell’arrivo di Jimmy Butler, di Jeff Teague, Taj Gibson, Jamal Crawford e Aaron Brooks tra gli altri, tutti giocatori di fascia alta e atti a permettere il tanto desiderato salto di qualità.

Ed ecco presentarsi un possibile problema al quale a Minneapolis non si è particolarmente avvezzi, ovvero la sovrabbondanza di talento, che porta con sé ego e personalità, difficile o quantomeno non così immediato dal punto di vista della coesistenza e coesione in un sistema ben definito e perciò funzionale. Ai  Timberwolves in estate è giunto un comparto giocatori che, sommato a quelli già presenti, potrebbe rappresentare uno dei maggiori potenziali offensivi dell’intera lega, ma la mancanza di un facilitatore, di un giocatore alla Ricky Rubio (accasatosi ai Jazz in estate) o ancor meglio alla Lebron James, personificazione del concetto, che sappia leggere le difese e trovare i tiratori con continuità, mantenendo il flusso in attacco, potrebbe farsi sentire. Il roster dei T-Wolves che si accinge ad iniziare la prossima stagione presenta nel quintetto base tre giocatori con il 25% di usage (statistica che misura l’impatto di un giocatore sul numero totale di possessi) - Towns, Wiggins e Butler - cosa che non sempre ha pagato dividendi nella storia del gioco. Lo stesso Jeff Teague, chiamato a sostituire Rubio come point guard titolare, ha un profilo tecnico diverso che lo rende più scorer che passatore, nonostante abbia buona proprietà anche di questo fondamentale e si stia impegnando a trovare l’intesa giusta con i nuovi compagni anche sotto questo aspetto. Lo stesso Crawford, tre volte sesto uomo dell’anno, è un giocatore che si costruisce vantaggio dall’uno contro uno e quindi dal palleggio, grazie alle sue notevoli doti di ball handling, approccio che ha storicamente i suoi pro e contro. Emblematica è la statistica che si riferisce alla scorsa stagione che vedeva Minnesota come top 5 per numero di assist con Rubio in campo, aspetto che evidenzia la necessità di un facilitatore in campo, soprattutto con un roster con così tanti punti nelle mani.

L’esperienza e la familiarità con il credo cestistico di Thibodeau di Jimmy Butler (anche lui ex Chicago) potrebbe senz’altro rappresentare un fattore importante nell’inserimento all’interno del nuovo gruppo, così come per Taj Gibson, perno difensivo dei Bulls che furono. Proprio per questo motivo, oltre che per l’estremo talento e versatilità dei suoi interpreti, lo stesso head coach non è apparso particolarmente turbato da questo possibile ostacolo nelle varie interviste, definendolo come “Un problema che tutte le grandi squadre devono affrontare”.

Il focus quindi come già detto è e rimane il lato difensivo del campo, in cui i Timberwolves non hanno certo brillato nelle ultime stagioni, piazzandosi sempre nella “flop 5” difensiva della lega, cosa alla quale nemmeno un attacco formidabile potrebbe far fronte. L’inserimento di giocatori difensivamente validi come lo stesso Butler e Gibson, potrebbe aiutare in tal senso, ma la difficoltà di fondo, per caratteristiche, di questa squadra, oltre che la complessità e le lunghe tempistiche dell’instillare una mentalità difensiva di elite, danno all’attacco di Minnesota poco margine di errore nel breve periodo. In questo senso, anche il problema di chi gestirà i momenti decisivi delle partite sarà una delle situazioni da definire per Thibodeau e il suo staff, in un inizio di stagione che, con tutta probabilità, vedrà questa compagine ancora in fase di definizione e rodaggio, nel  tentativo di interrompere il digiuno ultradecennale di playoff ed iniziare una progressiva scalata verso il successo.