13, questo è il numero di vittorie consecutive che rappresenta il punto più alto raggiunto dai Miami Heat di coach Erik Spoelstra nella scorsa stagione, le quali rappresentano perfettamente il cambio di marcia effettuato lo scorso anno nella seconda metà di stagione regolare. Playoff solo sfiorati per la franchigia della Florida, battuta al fotofinish dai Chicago Bulls, ma lo sforzo perpetrato da Dragic e compagni rappresenta uno dei percorsi più entusiasmanti dell’intera lega, che pone buoni auspici e bai solide per una stagione 2017-18 che, in previsione, si prospetta più ricca di soddisfazioni per i tre volte campioni NBA.
Un’estate non ricchissima di acquisizioni di peso per gli Heat, che hanno visto sfumare il loro obiettivo principale Gordon Hayward volato, come da previsione, ai Boston Celtics. Il solo Kelly Olynyk rappresenta la scarna lista di free agent reclutati da Pat Riley nella finestra estiva, un elemento che sicuramente non sarà il pezzo da novanta aspettato al sole della Florida, ma contribuirà a dare versatilità difensiva ed offensiva al front court a disposizione di Spoelstra. Affiancano l’arrivo del lungo ex Gonzaga una serie di conferme che concernono il reparto guardie, tra cui figurano soprattutto Dion Waiters e Goran Dragic, come il reparto lunghi con il solito Hassan Whiteside ad imporre la sua fisicità in attacco come in difesa.
Ed è proprio da questo terzetto che gli Heat hanno deciso di ripartire anche per questa stagione, grazie alla solidità espressa nella fenomenale seconda metà di stagione, dove le scorribande delle due “piccole” e terribilmente talentuose guardie hanno portato energia ed entusiasmo necessaria a questa squadra per rendere. Chiamato a prendere le redini sarà probabilmente lo sloveno, giocatore più esperto della compagine e reduce dalla vittoria ad Eurobasket da figura di riferimento della straordinaria nazionale slava. Waiters dal canto suo sembra aver trovato finalmente la sua dimensione tecnica in quel di Miami, essendo reduce probabilmente dalla sua miglior stagione in termini di continuità di rendimento, solidità tecnica ed emotiva, oltre che per personalità e capacità di leadership, che al prodotto di Syracuse non sono comunque mai mancate.
Importantissimo sarà l’impatto tecnico e fisico che darà il giovane Justise Winslow, che per un infortunio al polso è stato costretto nella scorsa stagione a fermarsi con solo 18 partite all’attivo, nelle quali comunque ha mostrato lampi di talento e presenza difensiva e a rimbalzo che lo renderebbero un ottimo “rinforzo” per la corsa ai playoff di Miami nella prossima stagione, fisico permettendo. Il già citato Hassan Whiteside è stato capace di imporsi, nelle ultime stagioni come probabilmente il miglior centro (o comunque uno dei migliori) di ruolo della Eastern Conference, considerando il suo apporto offensivo e difensivo, come quello a rimbalzo che gli sono valsi un titolo di miglior stoppatore (2016) e uno di miglior rimbalzista (2017). A questi roboanti miglioramenti di un vero e proprio under dog come il lungo da Marshall University, dovrà seguire un’ulteriore crescita tecnica che lo potrebbe anche portare all’all-star game considerata la concorrenza, non proprio agguerritissima nel ruolo, ad est.
La vera certezza su cui tutta la franchigia poggia le proprie basi per continuare questo processo di crescita è la stessa dalla fine del ciclo dei big three ed ha un nome e un cognome: Eric Spoelstra. L’allenatore di origini filippine, cresciuto alla scuola del presidente Pat Riley, si è affermato negli ultimi anni, dopo essere uscito dall’ombra dello straripante talento a sua disposizione nel quadriennio dal 2010 al 2014, come uno dei migliori coach dell’intera lega, capace, con l’esperienza accumulata ad altissimi livelli di instillare una mentalità vincente anche ad un gruppo non così ricco di talento, per farlo rendere al massimo. Un sistema difensivo fatto di recuperi orizzontali fulminei ed un’attenzione ai dettagli certosina che è diventato suo marchio di fabbrica negli anni e uno offensivo che massimizza appieno le potenzialità del roster a sua disposizione rappresentano le armi in più di un allenatore che è stato capace in pochissimo tempo di scrollarsi di dosso la nomea di fortunato allenatore di James, Wade e Bosh, dimostrando di poter elevare ad un livello da post season una squadra che nello scorso anno aveva vinto solo 11 partite delle prime 41 disputate.
A sua disposizione un roster quasi del tutto riconfermato, con presenza di elementi dalla notevole duttilità tattica, come lo stesso Olynyk, lungo di 213 cm dotato di un tiro dalla distanza particolarmente affidabile, come la coppia composta da Tyler Johnson, chiamato ad aumentare il suo impatto statistico all’interno della squadra considerato anche il suo oneroso ingaggio, e Josh Richardson, fortemente penalizzato nella scorsa stagione da vari problemi fisici. Esperienza e carisma saranno forniti dall’eterno aficionado alla “Heat nation” Udonis Haslem, capitano e bandiera della franchigia e ultimo superstite dei vari cicli vincenti passati, che ha deciso di prolungare per un altro anno il proprio contratto con la squadra della sua città natia.
Entusiasmo derivante dalla seconda metà della scorsa stagione da 30 vittorie a fronte delle sole 11 della prima, un grande allenatore e un gruppo coeso e con un’anima rappresentano le frecce nella faretra di questa squadra. L’obiettivo, non scontato ma sicuramente abbordabile, è quello dell’approdo alla post season, il quale potrebbe essere “facilitato” da una vera e propria diaspora di talento occorsa in estate che ha reso la Eastern Conference ancor meno competitiva degli scorsi anni, soprattutto se paragonata all’Ovest. Miami tuttavia potrebbe collocarsi al massimo all’interno di quel gruppo di squadre che seguono, probabilmente con un certo distacco, i Cleveland Cavaliers, ancora padroni dell’est e, verosimilmente, i Boston Celtics, i quali, secondo le previsioni rappresenteranno i principali antagonisti di Lebron e compagni per la corsa alle finals.
Miami potrebbe sicuramente far parte di quel gruppo di compagini tra le quali figurano i Bucks, Hawks, Raptors e forse i 76ers, che potrebbero giocarsi un posto tra il terzo/quarto, fino all’ottavo, senza contemplare un’esclusione dai playoff che avrebbe dell’incredibile, oltre che del catastrofico. Difficile quindi immaginare Dragic e compagni terminare la propria stagione ad Aprile, ma altrettanto difficile sarà vederli scalare prepotentemente la vetta della Conference, con chance di titolo, finals o finali di conference, tendenti allo zero.