In America la chiamano “loyalty”, con questa parola che sa tanto di regale, dà la sensazione quasi di essere vicini alla regina d’Inghilterra. Conferisce un’importanza tutta sua la parola, affascinante. In italiano viene tradotta semplicemente come lealtà, una parola dall’aura potente, ma non così entusiasmante come a sentirsela dire in lingua inglese. E proprio questa lealtà, questa loyalty, si può accostare ad un giocatore, una persona, come Russell Westbrook. Lui che è arrivato a firmare con i suoi Oklahoma City Thunder un contratto mostruoso, proprio come le sue giocate in campo: cinque anni, conditi da un totale di 205 milioni di dollari che guadagnerà. Si certo, letto il contratto si potrebbe pensare che effettivamente qualsiasi persona al mondo avrebbe accettato, e si sarebbe così potuto accostare all’epiteto di leale. Ma per Russ c’è molto di più dietro ai soldi; c’è un anno trascorso in una franchigia che da giocarsi aveva poco se non le sue tempestose prestazioni, eppure lui era lì; un anno in cui un giocatore qualsiasi si sarebbe afflitto, eppure lui era lì: abbandonato dall’amico Kevin Durant che si unisce ai Golden State Warriors, i rivali, se non addirittura i nemici. Si sente tradito Russell; si guarda intorno e vede una squadra che da offrirgli ha ben poco. E allora, l’uomo che della lealtà ha fatto il suo primo valore, prende in mano la squadra, la carica sulle spalle e tripla doppia dopo tripla doppia riesce a trascinarla ai playoff. Una stagione che gli consente così di ricevere il premio di MVP, e lo mette in cattedra con le grandi leggende del basket.

Ma quali sono le aspettative dei Thunder per la stagione 2017/18?

Le aspettative dell’anno per gli Oklahoma City Thunder sono sicuramente elevate, con l’arrivo di Paul George e Carmelo Anthony tornano a possedere quei “big three” che mancavano da tempo, esattamente dal 2012 quando James Harden, Kevin Durant e Westbrook militavano nella stessa franchigia. Si candidano così ad essere l’antagonista principale per i campioni in carica, ma ad ovest la situazione è rovente. Gli Houston Rockets hanno rinforzato l’organico con l’arrivo di Chris Paul; San Antonio rimane una delle squadre più difficili da battere per l’organizzazione maniacale di coach Gregg Popovich; a queste si aggiungono eventuali sorprese, tra queste non sottovaluterei troppo i Minnesota Timberwolves. Insomma la concorrenza non manca. Oltre a questa grana, i Thunder dovranno amalgamare un gioco che ancora non possiedono, unire tre solisti come George, Westbrook e Anthony non sarà facile. Consideriamo inoltre che tutti e tre nell’ultimo anno hanno giocato veramente un basket solitario, dove risultavano le uniche stelle della squadra e di conseguenza la palla passava molto spesso per le loro mani. Ora, a meno che l’NBA non decida di rendere possibile il gioco a tre palloni, Oklahoma dovrà essere pronta a cambiare gioco. Russell, però, questo lo sa, e proprio lui in primis ha richiesto al general manager Sam Presti la presenza di compagni competitivi. Detto fatto, accontentato. Vicino all’esplosività di Russ, ora avremo quella altrettanto stupefacente di Paul George, il tutto condito da quella pennellata di eleganza che solo Carmelo Anthony è in grado di dare; se collaboreranno su entrambi i lati del campo il quadro finale sarà incredibilmente eccitante.

Se si vuole guardare più al futuro, il punto interrogativo è grande. Tanto dipenderà dall’anno che arriverà. George e Anthony potrebbero decidere di sposare il progetto Oklahoma City Thunder per molto, ma la cosa non è che sia proprio nell’aria. Da scrivere c’è ancora molto e parlare ora getterebbe opinioni infondate, il futuro dei giocatori è nelle loro mani. Ciò che tra tutta questa indecisione è sicuro, è il nostro uomo “loyalty”: Russell Westbrook. Il numero zero ha trovato la sua città, ha trovato la squadra con cui si legherà ancora per molto, e quello fra i due, possiamo dirlo, è vero amore. Non importerà se le altre due stelle rimarranno a brillare, ad Oklahoma hanno la loro stella più brillante di tutte, quella che forse non li tradirà mai. E allora dovranno solo alzare gli occhi ed ammirarla, aspettare che metta a referto la prossima tripla doppia e magari, finalmente, alzare il trofeo più importante della stagione. Russell direbbe: “WHY NOT?”.