Dopo aver allenato la squadra della Windy City dal 1986 al 1989, quella del primo Michael Jordan per intenderci, Doug Collins torna ora ai Chicago Bulls. In un'altra veste, non da componente del coaching staff, bensì da senior advisor, da consulente, un po' come capitato a Jerry West negli anni ai Los Angeles Lakers e ai Golden State Warriors (ora Mister Logo è ai Clippers).
Una scelta presa direttamente dal proprietario dei Bulls Jerry Reinsdorf e accettata dal duumvirato formato da Gar Forman e John Paxson, a capo del frontoffice della franchigia dell'Illinois. Un Collins che dice di volersi mettere a disposizione di Chicago per il processo di rebuilding avviato in estate (via anche Jimmy Butler, per Lauri Markkanen, Zach LaVine e Kris Dunn): "E' bello essere a casa - le sue parole, riportate da Nick Friedell di Espn - se ora mi chiedeste quale sarà il mio programma, il mio programma sarà quello di fare qualsiasi cosa in grado di dare a John Paxson (general manager, ndr), Gar Forman (presidente esecutivo, ndr) e Fred Hoiberg (head coach, ndr) tutto ciò di cui hanno bisogno. La prima cosa che voglio si sappia è che per nessun motivo tornerò a fare il capo allenatore qui. Non bisognerebbe neanche domandarselo, anche se so che ci saranno sempre persone che si chiederanno quante volte mi sono ritirato e poi tornato. Conosco queste genere di cose, le accetterò. Penso che a chiunque sia stato competitivo nella sua vita, piaccia tornare ad essere investito di una responsabilità. Tutto ciò mi dà la possibilità di essere parte di una squadra, composta da ragazzi che cresceranno, e sarà divertente vederli crescere". Collins rivela di essere stato a un passo dal tornare sulla panchina dei Bulls nel 2008, quando Chicago scelse poi Vinny Del Negro: "In quel periodo Jerry Reinsdorf mi fece capire di amarmi come un figlio ma non voler essere costretto a licenziarmi. Accettai la situazione, perchè quando fai l'allenatore il licenziamento fa parte del gioco. Ho rispettato quella scelta".
Dopo aver glissato sulle domande relative alle ultime decisioni del frontoffice dei Bulls, Collins ha risposto così a chi gli chiedeva se non si sentiva troppo vecchio (66 anni, da 45 nel mondo NBA) per relazionarsi con i giocatori giovani: "Vi dirò, sono vecchio, ma non old-school. Ho ancora un cervello giovane. So che in molti voglio catalogarmi come uno della vecchia scuola, ma non è così, a meno che essere in orario, lavorare duro e tutte queste cose siano old school. In quel caso, sono old school, ma posso pareggiare il brio di chiunque in termini di gente giovane, in termini di cosa sta per accadere e cosa succederà. Direi che sono sveglio. Ho allenato qui per tre anni, non ho mai vinto un titolo, ma camminando per la città ho sempre avvertito fortissimo l'affetto che la gente mi ha dimostrato. E' come se fossi stato uno di quelli che ha vinto i titoli NBA qui a Chicago. E' questo il tipo di rispetto che ho sempre ottenuto in questa città: ecco perchè Chicago è così importante per me. Penso che Paxson abbia detto bene: non sono qui per prendere delle decisioni, ma per suscitare idee e pensieri. La mia mente è attivissima: chiunque passi del tempo con me, sa che non faccio altro che pensare". Per quanto riguarda la situazione attuale dei Chicago Bulls, sono due i fronti aperti nel roster, quelli riguardanti Nikola Mirotic e Dwyane Wade. Per lo spagnolo è ancora valida la qualifying offer da 7.2 milioni di dollari l'anno predisposta dal frontoffice, senza che ci siano però novità, con il giocatore e i suoi agenti ancora titubanti nell'accettare. Wade è invece in attesa di concludere un buyout con la franchigia della Windy City, una risoluzione consensuale del contratto da circa 25 milioni di dollari per la prossima stagione. Entrambe le vicende dovrebbero sbloccarsi entro l'inizio del training camp e della preseason.