Dopo un'estate vissuta sotto le luci dei riflettori, a causa della richiesta di trade formulata ai Cleveland Cavaliers per lasciare la franchigia dell'Ohio e provare ad affermarsi altrove come stella di prima grandezza, senza l'ombra di LeBron James, Kyrie Irving torna a parlare della sua scelta. Lo fa attraverso un'intervista fiume rilasciata a Espn, durante il programma First Take, per spiegare meglio le motivazioni della decisione che lo hanno ora condotto ad essere un nuovo giocatore dei Boston Celtics.
Un Irving che dice di aver apprezzato gli anni trascorsi a Cleveland, ma che allo stesso tempo rivendica la legittimità della sua scelta, "per avere una chance di evolvere come uomo e come giocatore. Sono andato via nei miei migliori interessi, ma sono stato molto paziente nel mio approccio. Ho capito l'importanza del momento, sono stato estremamente diligente e professionale durante tutto l'arco della vicenda. E' stata una richiesta che ho fatto al momento che ho ritenuto giusto per me, a venticinque anni, in perfetta forma. Volevo andare in un ambiente in cui imparare ogni giorno, da un coaching staff e da una franchigia che potessero spingermi oltre il mio potenziale, per capire fin dove posso arrivare". Kyrie racconta di essersi sentito a disagio a Cleveland, forse anche per la cultura del lavoro della franchigia: "Ci sono stati giorni in cui avrei voluto allenarmi e andare a tirare anche dopo la partita, tutte cose di cui un'atleta professionista ha bisogno quando capitano giornate dure: in quei momenti mi sono chiesto se quella fosse la cosa giusta per me, è una domanda che mi sono posto per me stesso. Sono state dette tante cose riguardo alla mia trade, che avrei voluto una squadra tutta mia, ma sono parole messe in giro da tante fonti diverse, alcune dal mio entourage, altre no. La realtà è che io non ho mai detto una sola parola al riguardo. Non sono una persona egoista, nè con un ego smisurato. Ero solo pronto ad andarmene, a farlo da solo, per cercare una nuova avventura, un ambiente in cui poter essere felice. Non è questione di aver voluto lasciare LeBron James: questa storia sta diventando folle con tutti la dietrologia su me e LeBron, se fosse stato un altro giocatore a chiedere la trade, non si sarebbero alimentate tante voci. Essere stato al fianco di LeBron è stato incredibile, è qualcosa che assaporerò per il resto della mia vita. Ma si arriva a un momento in cui si cresce, la vita ti presenta dei bivi e tu devi prendere una decisione. Mi sono guardato allo specchio e ho deciso di fare ciò che volevo, che non aveva nulla a che vedere con giocare o meno con il miglior giocatore al mondo".
Irving chiarisce di non aver informato LeBron della richiesta di trade con un "No, perchè avrei dovuto? Ma non c'è niente di personale, ovviamente neanche contro Cleveland, per cui nutro solo affetto. Era giunto il momento di cambiare, senza pensare a urtare i sentimenti di qualcuno. Non è neanche questione di vincere, ma solo di migliorare me stesso. E' una mia decisione, e devo dire che ho sentito commenti di giocatori di ieri e di oggi, che hanno parlato non avendo nulla a che fare con la situazione. Alla fine, è una mia decisione. Il che non significa che non volevo più giocare con LeBron, ma che volevo lasciare un ambiente che mi faceva sentire svuotato di energie. Inutile continuare a parlare di un giocatore solo, in una squadra di pallacanestro ce ne sono altri tredici. Nulla a che vedere con altri, è stata una scelta che ha riguardato solo me. Il timing della richiesta di trade è stato impeccabile, peccato solo che sia venuta fuori pubblicamente quando ero in Cina, perchè ero stato molto professionale durante l'intera vicenda: sapevo che poi si sarebbe alzato un gran polverone. Mi è dispiaciuto che siano usciti diversi reports lontani dalla verità, che hanno cercato di mettere in risalto il mio carattere oppure di rimproverarmi per la mia decisione". Prossima avventura con la maglia dei Boston Celtics: "Non vedo l'ora di diventare una gran giocatore nella mia posizione, una grande point guard di una grande squadra, giocare pick and roll a ripetizione, in un ruolo completamente diverso rispetto a quello che avevo a Cleveland. Non sono solo un giocatore di isolamenti e di uno contro uno, anzi. Non è questo il basket che mi piace, ho visto tanta pallacanestro, probabilmente più di quanto si possa immaginare sul mio conto. I soldi non c'entrano con la mia decisione, non si può fissare un prezzo per la felicità e la verità". Ultime due battute riguardanti Kevin Durant e il suo giocatore preferito: "Voi giornalisti valutate i giocatori per quanto vincono: Durant è andato a Golden State e ha vinto. Ora è un campione che ha uno status certificato, quindi può far parte dei discorsi sull'essere il miglior giocatore del mondo. Il mio giocatore preferito tra Kobe Bryant e LeBron? Sono entrambi di altissimo livello, ma direi mio padre e poi Kobe".