Una manifestazione lunga, appassionante, ricchissima di partite, di cui molte ad altissimo livello tecnico e fisico, e piena di atleti da ogni parte del continente di talento e abilità di livello europeo e mondiale, che sanno tradurre quanto di buono sono in grado di fare con i propri club anche con le rispettive selezioni nazionali. Come spesso succede, anche se si parla di un gioco prettamente di squadra, qualche individualità emerge sopra la moltitudine: trascinatori, leader tecnici ed emotivi, clutch players capaci di rendere nei momenti decisivi, tutto questo ha permesso a questi cinque ragazzi di entrare di diritto nell’olimpo di questa manifestazione come membri del miglior quintetto. Stiamo parlando di Goran Dragic, leader dei neocampioni sloveni e MVP assoluto della rassegna, Luka Doncic, il suo giovanissimo partner in crime, Alexey Shved top scorer della manifestazione capace di trascinare la Russia ad un notevole quarto posto, Bogdan Bogdanovic, miglior giocatore della Serbia argento europeo e Pau Gasol, eterno pilastro dell’interminabile serie di vittorie spagnole, alle quali si aggiunge il bronzo a questo europeo.  Quintetto che, tra le altre cose, rappresenta perfettamente l’evoluzione contemporanea del gioco, essendo composto per la maggior parte da esterni puri (il cosiddetto small ball), con il solo Gasol come lungo di ruolo, ma che possiede un gioco da fuori l’arco dei tre punti di tutto rispetto.

Un grande Eurobasket quello giocato dal fratello maggiore di Marc, che l’ha visto, nonostante i 37 anni di età, come uno dei leader e una delle principali bocche da fuoco della Roja spagnola, che proprio non riesce a concludere una rassegna continentale senza una medaglia al collo, avendo raggiunto il podio dal 1999 ad oggi, con l’unica eccezione dell’edizione 2003 in cui arrivò quarta. Per Gasol è il settimo inserimento nel quintetto ideale del torneo, con 2 trofei di mvp in bacheca e un comparto medaglie da far invidia composto da 3 ori, due argenti e due bronzi, tra cui figura quello conquistato in questa edizione. Un sapore diverso rispetto ai precedenti riconoscimenti per Pau, che sa molto di più di un premio alla carriera che un effettivo encomio come uno dei migliori del torneo, anche se è onestamente impossibile definirlo immeritato rispetto al contributo, comunque fondamentale, portato alla causa spagnola dal centro dei San Antonio Spurs. Unici dubbi derivanti dalla presenza all’interno della manifestazione di altri lunghi degnissimi di far parte del magnifico quintetto, primo fra tutti il fratello Marc, ma considerando tutto un premio ottenuto con merito per quello fatto vedere in campo oltre per il contributo dato da questo straordinario giocatore alla storia della rassegna, che l’ha visto come dominatore per quasi un decennio.

Un europeo da incorniciare anche quello del fenomenale Bogdan Bogdanovic, purtroppo per lui terminato con la sconfitta in finale contro la Slovenia che l’ha visibilmente scurito in volto durante le premiazioni. Nonostante un argento che, a conti fatti, con l’interminabile lista assenze a gravare sulle spalle della Serbia, rappresenta comunque un risultato davvero ottimo, non potrebbe essere altrimenti per un competitore del calibro del nuovo arrivato in casa Sacramento Kings, che aggiunge questa medaglia all’Eurolega e al campionato turco conquistati nella scorsa stagione con la maglia del Fenerbache. Un torneo solido, sempre in controllo e caratterizzato da una leadership silenziosa fatta di personalità, doti tecniche e straordinaria efficacia all’interno di un sistema offensivo e difensivo, rodatissimo e splendidamente organizzato da Sasha Djordjevic. Perfettamente interpretato da lui il ruolo di leader, in una squadra orfana di Milos Teodosic, soprattutto nei momenti in cui la squadra balcanica ha trovato le maggiori difficoltà ad esprimere appieno il proprio potenziale offensivo, oltre che un'applicazione difensiva non comune per un attaccante di quel livello che, meritatamente, viene premiato dall’inserimento in questo quintetto alla vigilia della sua prima esperienza oltre oceano.

Torneo strepitoso quello disputato da Alexey Shved, top scorer della manifestazione e primo giocatore non militante in NBA (nonostante ci abbia giocato per qualche stagione in passato) a raggiungere questo tipo di risultato dal 1999, perciò dall’inizio della migrazione di massa dei maggiori talenti del vecchio continente verso la lega americana. 24.3 punti, 5.9 assist e 2.3 rimbalzi sono le spaventose medie ad Eurobasket di questo giocatore, tornato a far parte della selezione nazionale russa dopo qualche anno di assenza, dove si è nuovamente messo in mostra dopo lo straordinario torneo olimpico di Londra 2012, in cui la guardia del Kimchi ha formato, assieme ad Andrej Kirilenko e Timofey Mozgov, il tandem di punta di quella nazionale che ha conquistato il bronzo. Tecnica sopraffina, eleganza, capacità di accendersi da un momento all’altro e cambiare le partite, bagaglio offensivo vario e versatile e ottima abilità come passatore sono le caratteristiche dell’ex giocatore di Minnesota e New York, con uno stile di gioco che strizza l’occhio agli appassionati per bellezza ed efficacia, sommata ad un carattere scostante che non sempre gli hanno permesso di rendere al meglio nella propria carriera. Uno scorer temibile, che in quasi ogni partita disputata ha rappresentato l’alba e il tramonto delle ambizioni russe, con una squadra aggrappata al suo straripante talento, che ha fruttato un positivo, considerate le premesse, quarto posto, che tuttavia lascia l’amaro in bocca per una semifinale in cui si è sfiorata la rimonta contro la Serbia e una finale per il bronzo giocata in maniera troppo altalenante, anche e soprattutto dallo stesso Shved.

Continuiamo adesso con la vera sorpresa di questo Eurobasket, un ragazzo di appena diciotto anni, alla sua prima esperienza significativa con la nazionale maggiore e già impostosi come dominatore, facendo presagire un futuro roseo per i neo campioni d’Europa della Slovenia. Luka Doncic rappresenta il probabile nuovo crack del basket mondiale, il prototipo del giocatore moderno, capace di interpretare più ruoli grazie ad una prestanza fisica davvero notevole (201 cm per 100 kg), sommata ad una velocità spaventosa perfettamente gestita dal ragazzo. Un gioco fluido il suo, fatto di cambi di ritmo improvvisi e imprevedibili, e di un'abilità all around davvero di alto livello, essendo uno straordinario rimbalzista e un passatore ben oltre la media, che lo rendono senza mezzi termini una tripla doppia ambulante, anche in previsione del salto in NBA, previsto per la prossima estate. Un europeo in crescendo quello dell’enfant prodige del Real madrid, partito comunque molto bene, ma che ha trovato la sua definitiva consacrazione nella fase ad eliminazione diretta, soprattutto nella stupenda sfida ai quarti di finale contro la Lettonia, con un exploit da 27 punti e 8 rimbalzi e nella semifinale con una tripla doppia sfiorata e nel trionfo contro i veterani spagnoli, con un'onnipotenza tecnica e di personalità davvero imbarazzante, considerando che si sta pur sempre parlando di un teenager. Unica macchia nel suo percorso è l’infortunio che ne ha parzialmente compromesso la finale, giocata solo per due quarti e mezzo, e che non gli ha permesso di prender parte alle ultime fasi della partita, che comunque ha visto i suoi compagni trionfare.

In conclusione l’MVP della manifestazione, un Goran Dragic che dal day 1 si è posto alla guida tecnica della sorprendente Slovenia e che tramite una leadership straripante ha permesso agli slavi di uscire da un girone tutt’altro che semplice da imbattuta prima classificata e successivamente portare avanti un percorso che ha davvero dell’incredibile. Il dragone sloveno è parso senza mezzi termini un uomo in missione. Dopo aver annunciato ufficialmente il suo ritiro dalla nazionale al termine della rassegna continentale, Goran ha subito messo in chiaro le ambizioni importanti di un gruppo, sicuramente non tra i favoriti, ma comunque visto come potenziale protagonista. La guardia dei Mami Heat è stata capace di instillare, tramite l’esempio e l’intensità sovrumana portata avanti in ogni singolo minuto di ogni partita, una consapevolezza dei propri mezzi ai compagni e in generale ad una nazione intera che ha splendidamente supportato la sua selezione per tutto il suo cammino, culminato con il primo e storico oro. La squadra, ispirata dal suo leader è stata capace di portare avanti un percorso di crescita esponenziale che l’ha vista prevalere meritatamente contro ogni avversario postosi tra loro e l’obbiettivo massimo e questo è un ulteriore encomio ad una carriera straordinaria come quella di Goran Dragic, tra i cestisti europei più affermati oltreoceano.