Dopo due settimane di trattative, i Boston Celtics hanno potuto finalmente presentare oggi Kyrie Irving, ex playmaker dei Cleveland Cavaliers, arrivato in Massachusetts in cambio di Isaiah Thomas (le cui condizioni fisiche sono state oggetto di lunghe discussioni), Jae Crowder, Ante Zizic e due scelte ai prossimi NBA Draft (una per il 2018, via Brooklyn Nets, e una per il 2020, via Miami Heat). Irving ha parlato in conferenza stampa insieme a Gordon Hayward, altra stella acquisita dai biancoverdi, free agent a cui è stato fatto firmare un contratto quadriennale da 128 milioni di dollari complessivi.
L'attenzione era ovviamente tutta su Kyrie Irving, non solo per la diversa caratura del giocatore (campione NBA nel 2016, decisivo in gara-7 di quelle Finals contro i Golden State Warriors alla Oracle Arena), ma soprattutto per le modalità dell'addio ai Cleveland Cavs, salutati per non rimanere ulteriormente nell'ombra di LeBron James. Ma, prima di affrontare l'argomento LBJ, il prodotto da Duke ha voluto rendere nota la sua soddisfazione per aver raggiunto una franchigia come i Celtics: "Non vedo l'ora di scendere in campo e massimizzare il mio potenziale - le sue parole, alla presenza del presidente Danny Ainge, riportate da Chris Forsberg di Espn - voglio immergermi in questo ambiente, in cui ci sono grandi menti cestistiche, straordinari personaggi, fantastici allenatori. Sento davvero che per me Boston sia arrivata al momento giusto, ho fiducia in questa franchigia, e sono felice di essere qui". Subito dopo, impossibile eludere le domande relative al suo rapporto con LeBron James, causa dell'addio a Cleveland, con tanto di richiesta di trade fatta pervenire direttamente al proprietario Dan Gilbert agli inizi di luglio: "Da quando ho chiesto di andar via non ho più parlato con LeBron - dice Kyrie - ma voglio precisare che la richiesta di trade è stata effettuata solo pensando ai miei interessi. Certo, se guardo indietro agli ultimi tre anni, a quanta strada abbiamo fatto con i Cavs, mi rendo conto di che esperienza speciale sia stata e di quante cose siano accadute in questo arco di tempo. Sarei bugiardo se non vi dicessi che ho imparato tantissimo da lui. La perfezione in un'arte come quella della pallacanestro si mostra in una varietà di forme. Si prova sempre a guardare gli altri giocatori, a chiedere in giro cosa fare per diventare un grande, e io ho avuto l'opportunità unica di giocare con tutti dei più forti. E' stato eccezionale".
"Quando torno indietro con la mente, capisco di dover essere eternamente grato per i momenti vissuti e condivisi insieme. Ora però bisogna essere in grado di rimanere in pace con quell'avventura e cominciarne una nuova. Era ormai giunto il momento di fare ciò che fosse meglio per i miei interessi personali, assecondando i miei desideri, cercando qualcosa che fosse più grande di me, ovviamente in un ambiente che potesse esaltare il mio potenziale. Penso che ciò che ho scritto su Instagram sia eloquente di per sè, perchè è molto diretto per quanto riguarda la mia volontà, che è quella di essere felice e di far parte di un gruppo di persone con le quali possa crescere insieme. Non è successo niente di strano, che mi abbia infastidito o urtato, nei miei sei anni a Cleveland, perchè è stata semplicemente un'esperienza incredibile. Pensare a cosa abbiamo raggiunto con i Cavs, sia come squadra che dal punto di vista individuale, fa capire quanti momenti fantastici ho vissuto con la gente di Cleveland. Il mio addio non ha a che vedere con la pallacanestro: direi che più o meno si tratta del fatto che ho creato le fondamenta del mio gioco ai Cavs, e ora voglio fare un passo successivo. Ho venticinque anni, voglio evolvere come uomo e cercare di essere il miglior giocatore di pallacanestro possibile". Un Irving che si cela dietro la democrazia nel ripercorrere la sua avventura a Cleveland, spendendo parole al miele per LeBron e spiegando la sua scelta come un'occasione per un nuovo inizio. Un esordio atteso, anche se sarà solo il campo a dire se la mossa di Kyrie è stata coraggiosa o invece troppo azzardata. Lasciare l'ombrello di James (con tutto ciò che ne comporta) è un rischio gigantesco, così come l'ambizione di diventare il nuovo volto (a questo punto vincente) di una franchigia come i Boston Celtics.