Tra le squadre di alto bordo NBA, i Portland Trail Blazers sono stati la franchigia meno attiva nella free agency estiva, nonostante i tentativi del general manager Neil Olshey, recentemente confermato fino al 2021, di migliorare il roster a disposizione di coach Terry Stotts. Damian Lillard e C.J. McCollum, principali stelle di Rip City, si sono fatti sentire in questa offseason ribadendo a più riprese che i Blazers sono tra le migliori squadre della Western Conference, tentando anche di reclutare Carmelo Anthony, il cui rapporto con i New York Knicks sembra essere ai titoli di coda.
Ma Melo vuole solo gli Houston Rockets, secondo tutti i report NBA d'oltreoceano, e a Portland non resta che guardarsi dentro, compattare ciò che è rimasto del gruppo della scorsa stagione e provare a fare un passo avanti in un Ovest reso più competitivo dall'approdo di Paul George agli Oklahoma City Thunder e dalla rivoluzione operata a Minneapolis da Tom Thibodeau e soci. Nelle ultime due stagioni, quelle del post LaMarcus Aldridge, l'ostacolo finale alla cavalcata dei Trail Blazers ha risposto al nome dei Golden State Warriors, incontrati ai playoffs sia nel 2016 che nel 2017. In entrambe le circostanze (4-1 e 4-0 l'esito delle serie) Lillard e McCollum sono andati a sbattere contro l'organizzazione difensiva degli uomini di Steve Kerr, con Steph Curry prima e Kevin Durant poi a prendersi la scena in attacco. Ed è proprio il rendimento in difesa il tallone d'Achille della squadra di Stotts, che ha a disposizione il talento necessario per costruire un sistema offensivo gradevole e spettacolare (quando i due gemelli sono in giornata, si fa dura per chiunque), ma non sono in grado di alzare l'asticella nella propria metà campo. Un limite importante, per una franchigia che non si accontenta più di agguantare i playoffs, ma vuole qualcosa di più. Come accennato, il roster di Rip City è sostanzialmente identico a quello dello scorso anno, con qualche mese di esperienza in più per Jusuf Nurkic, centro giunto in inverno tramite trade per Mason Plumlee dei Denver Nuggets. Il lungo serbo garantisce verticalità e buona tecnica sotto canestro, e le sue prestazioni dall'opening night in poi diranno molto delle ambizioni di Portland, costretta a rinunciare al suo nuovo pivot nei playoffs dell'ultima stagione (infortunio alla gamba e addio alla sfida contro i Warriors).
Rimane ovviamente Damian Lillard il giocatore chiave della squadra. Realizzatore fuori dalla media, tiratore da tre senza coscienza (anche dal palleggio, proprio alla Curry), penetratore e giocatore di pick and roll difficile da marcare, il numero zero nativo di Oakland ha lo scorso anno dovuto patire una prima parte di stagione sotto le aspettative, anche a causa di un infortunio alla caviglia. Se la salute lo assisterà, tornerà ben presto a farsi notare sera dopo sera, coadiuvato dal gemello C.J. McCollum, miglioratissimo negli ultimi due anni. Buon tiratore, McCollum è meno esplosivo di Lillard, veloce ma non guizzante, per certi versi più sotto controllo e con qualche arma in più nell'andare a bersaglio. Spesso anima del secondo quintetto dei Blazers, il Most Improved Player della stagione 2016 è stato blindato dal suo frontoffice, con un contratto a salire fino a 29 milioni di dollari nell'anno di grazia 2021. Chiaro l'intento della dirigenza: puntare tutto su Lillard e McCollum, costruendo il roster intorno ai due migliori giocatori della squadra. Ecco perchè, per motivi salariali, è stato sacrificato uno dei giovani più interessanti del gruppo, Allen Crabbe, spedito ai Brooklyn Nets. Un addio che potrebbe significare più minuti per l'imperscrutabile Evan Turner, giocatore dal talento indiscutibile, ma dall'alterna continuità. Il reparto esterni non offre tante altre garanzie, se si prendono in considerazioni i nomi di Shabazz Napier, Pat Connaughton e Jake Layman, mentre Al-Farouq Aminu e Mo Harkless rappresentano elementi duttili, in grado di schierarsi anche da quattro quando Stotts decide di varare il quintetto piccolo. Falliti gli esperimenti Ezeli e Varejao, il frontcourt di Portland presenta ora due novità provenienti dal Draft: Zach Collins e Caleb Swanigan, giocatori diversi (diciannove e vent'anni) che costituiscono i principali punti di interesse della "nuova" Portland. Il resto del roster racconta invece di giocatori di rotazione, dal lungo tiratore Meyers Leonard, dal giovane e atletico (ma ancora tutto da decifrare) Noah Vonleh, passando per l'energia sotto i tabelloni di Ed Davis. Attualmente, un gruppo che non sembra in grado di fare il salto di qualità, rimanendo confinato tra la media borghesia della Western Conference. A Lillard e McCollum il compito di far cambiare idea agli addetti ai lavori nelle previsioni della vigilia.