Dopo aver disputato due stagioni da contender NBA, i Toronto Raptors si sono ritrovati all’alba dell’estate 2017 con diversi fronti, aperti dalla brusca eliminazione dall’ultima postseason. Punti interrogativi tecnici e salariali, che riguardavano la gestione di un gruppo giunto anche in Finale nella Eastern Conference (2016), ma mai in grado di superare la concorrenza dei Cleveland Cavaliers di LeBron James. “Ai tempi di Michael Jordan, molti grandi giocatori sono rimasti senza vincere un titolo. Ora c’è LeBron, e la situazione è la stessa”, la chiosa di Dwane Casey, head coach dei canadesi, al termine di una serie mai cominciata, sempre contro i Cavs, vincitori per 4-0 al secondo turno degli ultimi playoffs.

DeMar DeRozan e LeBron James. Fonte: Vaughn Ridley/Getty Images
DeMar DeRozan e LeBron James. Fonte: Vaughn Ridley/Getty Images

Erano gli inizi di maggio, e in tanti a Toronto pensavano che quella fosse l’occasione giusta per ripartire, ricostruendo intorno a DeMar DeRozan, anche perché l’altro leader dei Raptors, Kyle Lowry, playmaker titolare, aveva manifestato l’intenzione di salutare la franchigia dell’Ontario. Rivoluzione dunque, con la prospettiva di qualche stagione di anonimato NBA per poi tornare ai vertici con un nucleo diverso? No, grazie. Deve essere stata questa la risposta di Masai Ujiri, general manager ex Denver Nuggets, che ha voluto fortemente mantenere insieme i pezzi della franchigia, a cominciare dall’allenatore, confermato nonostante diverse critiche per la gestione della seconda parte di stagione, passando poi per lo stesso Lowry, a cui è stato rinnovato il contratto a cifre importanti. Tra il tanking e la strada della competitività a medio livello, i Raptors hanno scelto quindi la seconda, candidandosi al ruolo di nuovi Atlanta Hawks della Eastern Conference, squadra che raggiunge con costanza i playoffs senza riuscire ad arrampicarsi fino all’ultimo gradino, quello che dà l’accesso alle NBA Finals. Continuità la parola chiave della Toronto cestistica, nonostante l’aver rifirmato Lowry (cercato in estate da diverse franchigie, su tutti i Philadelphia 76ers, prima che Colangelo e soci approfittassero dell’occasione Markelle Fultz, offerta dai Boston Celtics nell’ambito di una trade molto discussa) abbia costretto lo stesso Ujiri a lasciar partire alcuni elementi del nucleo base della squadra degli ultimi anni. Come Demarre Carroll, small forward di difesa e tiro da tre punti, spedito ai Brooklyn Nets in cambio di Justin Hamilton (poi tagliato) e spazio salariale, o P.J. Tucker, unrestricted free agent giunto in Canada lo scorso inverno e ora agli Houston Rockets di Chris Paul e James Harden. Oltre a Patrick Patterson, stretch forward, accasatosi agli Oklahoma City Thunder del nuovo corso firmato Paul George, e a Cory Joseph, backup di Lowry ora ai Pacers. Una diaspora inevitabile, secondo le leggi del sistema NBA, che offrono a ogni singola squadra una finestra temporale di qualche anno per rimanere ai vertici, per poi fornire un’alternativa secca: ripartire o cercare di allungare il più possibile un ciclo (relativamente) vincente.

Kyle Lowry. Fonte: John E. Sokolowski-USA TODAY Sports
Kyle Lowry. Fonte: John E. Sokolowski-USA TODAY Sports

E di vittorie i Raptors ne hanno viste pochissime, eccezion fatta per qualche buon risultato, come la Finale di Conference della stagione 2015-2016, raggiunta con autorevolezza e disputata con orgoglio fino al quarto episodio (2-2, poi Cleveland archiviò la pratica anche in Ontario). Consapevoli di essere giunti al momento del now or never, i canadesi hanno rinforzato il loro roster lo scorso febbraio, prima dell’ultima trade deadline, acquisendo il già citato Tucker, ma anche e soprattutto Serge Ibaka, lungo congolese naturalizzato spagnolo in grado di dare verticalità (ma anche range di tiro) al quintetto di Casey. L’esperimento Ibaka ha prodotto risultati alterni, perché la protezione del ferro è rimasta comunque un problema, in particolar modo contro una squadra come i Cavaliers, che apriva il campo con la sua clamorosa batteria di tiratori, consentendo a Kyrie Irving e LeBron James di arrivare fino al canestro con maggior facilità. Non ha aiutato in questo fondamentale difensivo il lituano Jonas Valanciunas, sempre più ai margini del progetto tecnico di Toronto. Spesso lento e monotematico in post-basso, dove in realtà è cercato poco e male dai compagni di squadra, Valanciunas è attualmente sul mercato, senza aver dimostrato miglioramenti apprezzabili, con Ujiri pronto a scambiarlo per giocatori più funzionali al lavoro di Casey. Tra i quali potrebbe esserci Norman Powell (alternativo in quintetto al tiratore C.J. Miles, giunto da Indiana), giovane esterno in rampa di lancio, atletico e con punti nelle mani, che attualmente ricoprirebbe il ruolo di ala piccola titolare di Toronto, mentre la stella della squadra rimane DeMar DeRozan, l’uomo dei canestri difficili, quasi tutti rigorosamente in isolamento, che rifiuta di spaziarsi dall’arco dei tre punti. Come nelle ultime stagioni, i Raptors andranno dove li porteranno Lowry e DeRozan, cuore di un gruppo che non vuole smettere di credere a un finale diverso a quello della disgregazione, viceversa pronosticato dalla maggior parte degli addetti ai lavori NBA.