Tra le franchigie che hanno cambiato meno durante questa estate di free agency, ci sono senza dubbio gli Charlotte Hornets del proprietario Michael Jordan. Nonostante una delundente parte finale di stagione 2016-207, che ha impedito loro di partecipare ai playoffs della Eastern Conference per il secondo anno consecutivo, la squadra del North Carolina è rimasta sostanzialmente invariata a quella della scorsa regular season, con un paio di notabili eccezioni, rappresentate dall'esperto Dwight Howard e dal rookie Malik Monk, prodotto dei Kentucky Wildcats. 

Malik Monk. Fonte: Kevin C. Cox/Getty Images

Eppure, la strada di Charlotte verso la solidità NBA sembrava tracciata, in particolar modo dopo la stagione 2016, conclusasi in modo beffardo, con la sconfitta in gara-7 di primo turno di postseason contro i Miami Heat di Erik Spoelstra e di un indomito Dwyane Wade. Quel risultato, ancorchè perdente (losing effort, direbbero negli Stati Uniti), pareva però rappresentare il primo passo verso una continuità a buoni livelli per gli Hornets, allenati da Steve Clifford, coach che fa dell'ordine e della disciplina il suo credo tattico e di spogliatoio. Ma, come spesso accade per squadre capaci di ottenere exploits per certi versi inattesi (un caso simile è la Milwaukee della stessa stagione), l'annata successiva al raggiungimento di un obiettivo può risultare indigesta, perchè se è facile arrivare (relativamente) ai vertici, più difficile è rimanervi. Ecco dunque spiegato il rendimento di una Charlotte in vacanza già da metà aprile, con una differenza rispetto al recente passato della franchigia. Nessuna necessità di ricostruire, bensì l'esigenza di puntellare il roster, sperando in un'ulteriore crescita, graduale, che conduca la squadra ancora una volta tra le migliori otto a Est. E il condottiero, l'anima, degli Hornets attuali ha un nome e cognome: Kemba Walker, point guard da University of Connecticut, l'uomo in grado di accendere da solo lo Spectrum Center con le sue giocate, che siano accelerazioni al ferro o tiri forzati. Non un vero specialista dalla linea da tre punti, Walker è migliorato tantissimo in tutti i fondamentali dal gioco, partendo da un'esplosività atletica che ha pochi eguali anche in una lega di giocatori fisicamente impressionanti come l'NBA. In un sistema offensivo spesso scolastico, è Walker ad avere la licenza di "uccidere", di uscire fuori dal contesto e risolvere situazioni intricate, spesso anche per mancanza di alternative di pari livello. E da Kemba ripartiranno gli Hornets versione 2017-2018. Non solo perchè trattasi di un giocatore giovane (ventisette anni), che si sta calando nei panni del leader, ma anche perchè è impressione diffusa che il ragazzo non abbia ancora raggiunto il massimo del suo potenziale.

Kemba Walker. Fonte: Rainier Ehrhardt/Associated Press

Dominatore del backcourt di Charlotte, che ha diviso lo scorso anno con Michael Kidd-Gilchrist, Marco Belinelli e Jeremy Lamb, Walker sarà affiancato da Michael Carter-Williams, free agent lasciato partire dai Chicago Bulls, che potrebbe togliergli in qualche occasione la palla dalle mani, e soprattutto da Malik Monk, scelto alla numero undici, buona presa considerando che si era giunti fuori dalla top ten dell'ultimo Draft. Tutto da testare in NBA, Monk è un giocatore tosto, versatile al punto giusto, probabilmente l'elemento che mancava a Clifford in un roster che ha perso tra gli altri proprio l'azzurro Belinelli, scambiato - insieme a Miles Plumlee - con Dwight Howard degli Atlanta Hawks. L'ex Superman dovrà andare a colmare le lacune nel reparto lunghi della franchigia del North Carolina, soprattutto a rimbalzo e come presenza fisica. Nessuno infatti, tra Cody Zeller, Marvin Williams e Johnny O'Bryant è realmente un centro di atletismo, dote che Howard dovrà ancora dimostrare di possedere, dopo stagioni caratterizzate da gravi problemi alla schiena e da un calo apparentemente irreversibile. Lo slot di numero quattro è occupato - anche se spesso in uscita dalla panchina - da Frank The Tank Kaminsky, giocatore di culto da Wisconsin, al terzo anno da professionista, chiamato a un salto di qualità nella continuità. E' invece nella posizione di ala piccola che Charlotte può vantare elementi di livello assoluto, a cominciare dal francese Nicolas Batum, playmaker ombra della squadra, passando per Michael Kidd-Gilchrist, fisico e difesa (ma skills limitate) e per il semi-oggetto misterioso Jeremy Lamb, ormai venticinquenne ma non ancora calatosi perfettamente nella realtà NBA. Backup di Walker, Aaron Harrison, nonostante sia presumibile pensare che alla fine sarà Carter-Williams a partire dalla panchina. MCW è in un momento di riflusso della sua carriera: dopo i fuochi d'artificio degli esordi con Philadelphia, il suo sviluppo tecnico si è arenato a Milwaukee e poi Chicago. Prossima fermata Charlotte, per ripartire insieme a Kemba, senza il quale gli Hornets hanno dimostrato di non riuscire a stare.