E' un Doc Rivers che si dice amareggiato e deluso quello che prova a metabolizzare l'addio di Chris Paul e la conseguente fine dell'era dei Big Three ai Los Angeles Clippers. Una partenza che doveva essere messa nel conto, dopo l'ennesimo fallimento ai playoffs (Lob City eliminata quest'anno al primo turno contro gli Utah Jazz, con l'aggravante di aver perso gara-7 in casa, allo Staples Center). Rivers decide di parlare davanti ai taccuini di Ramona Shelburne di Espn, per spiegare il suo punto di vista sulla vicenda.
"Il nostro tragitto insieme è terminato - le sue parole, riferite all'avventura condivisa con Paul - e fa male, ma non abbiamo ancora finito di cercare di raggiungere il nostro obiettivo. A volte si ha bisogno di provare qualcosa di diverso, perchè il modo in cui avevamo tentato di vincere non ha funzionato. Ci siamo andati vicini più volte, ma poi ci siamo sempre autoinflitti delle ferite. A tutti piacerebbe tornare indietro, ma non è possibile. Il nostro cammino non è stato così terribile. Ed è questo il punto. Siamo stati a una gara di distanza dalle Finali di Conference nel 2015, mentre l'anno prima ci era capitato di essere a tre minuti di gioco dalla vittoria nella serie contro gli Oklahoma City Thunder. Abbiamo più volte bussato alla porta del successo, ma non siamo mai riusciti a entrare. Eppure, se mi guardo indietro, le nostre ultime quattro stagioni sono state di successo, escludendo le squadre che poi hanno vinto il titolo. Ma questa franchigia, in virtù della sua storia, non può permettersi il beneficio del dubbio. Non siamo riusciti ad arrivare alla terra promessa. Ed è ciò che più mi amareggia con questo gruppo. Ora ci tocca scrivere un altro capitolo della storia, dobbiamo farlo da soli e provarci ancora una volta". Clippers che dovranno capire se ripartire da Blake Griffin o gettarsi sull'alternativa rebuilding: "Ci sono già passato in tre occasioni: ricostruire è dura, ma a volte è meglio stare in trincea. Qui a Los Angeles ho lavorato ogni giorno, sempre coinvolto nel progetto: se continuerò a fare ciò che ho fatto sinora, sono certo che poi si vedranno le impronte del mio operato".
Rivers non vuole sentir parlare di screzi con Chris Paul, dovuti alla mancata trade tra Carmelo Anthony e il figlio Austin (oltre ad altri giocatori, destinati a New York): "Non cominciamo con la storia di Austin, o con quella di Blake o DeAndre. L'unica storia da raccontare è che Chris se ne è andato, ed è stato lui a decidere di farlo. E' stata una sua scelta personale, che non lo rende ovviamente il cattivo della situazione. Aveva il diritto di farlo, non ho problemi con lui: d'altronde la free agency è questa. Sì, ovviamente sono deluso, pensavo che avrebbe avuto maggiori chances di vincere qui da noi che altrove. Ma lui non era d'accordo. Non è colpa di nessuno, siamo stati noi che non siamo riusciti a fare abbastanza per trattenerlo. Tutti noi abbiamo giocato un ruolo in questa vicenda, con le nostre mancate vittorie. Anche Chris è stato parte di tutto ciò, perchè ha fatto parte di una squadra che non è riuscita a vincere. Ci abbiamo messo tutti del nostro per non vincere. E' la vita. Non è colpa mia, nè di Jamal Crawford o di chiunque altro. La responsabilità è di ognuno di noi. Ripeto, anche Chris faceva parte del gruppo, un gruppo che non ha vinto. Evidentemente neanche lui ha fatto tutto nel verso giusto: vale per me, per Blake e per DeAndre. Sono certo che tutto ciò che abbiamo fatto non è stato perfetto. Ma questa è la vita, e non ho problemi nell'accettarla". Un senso di vuoto attanaglia in questi giorni i Clips, reduci dall'aver perso il loro uomo franchigia, forse il loro futuro. Un futuro che però non avrebbe garantito vittorie, neanche con Chris Paul ancora protagonista per Lob City.