La redemption si è compiuta. I Golden State Warriors sono nuovamente campioni NBA ma, come sempre accade nello sport, devono già immergersi nel futuro. Se lo scorso anno c'era da convincere un certo Kevin Durant ad approdare nella Baia, sacrificando i vari Barnes, Bogut, Barbosa e Speights, all'alba di questa offseason la priorità è mantenere intatto il nucleo vincente di una squadra che ha raggiunto le Finals per tre anni consecutivi, e che nel 2017 ha chiuso i playoffs con il record di 16-1.
"Non ho dubbi che Steve sarà ancora il coach di questa squadra, lo rivedremo nuovamente con noi", le parole del general manager Bob Myers relative a coach Kerr, reduce da due mesi difficilissimi per problemi di salute. Se tutto andrà come sperano a Oakland, Steve Kerr rimarrà dunque l'allenatore, primo tassello del mosaico Warriors. Più complicata la situazione salariale del roster, per metà in scadenza. Kevin Durant, MVP delle Finals, ha a disposizione una player option in suo favore, che ha già dichiarato di esercitare, e che gli consentirà di guadagnare 27.7 milioni di dollari nella prossima stagione, al termine della quale sarà poi unrestricted free agent. Sotto contratto fino al 2018 anche i rookie Patrick McCaw e Damian Jones, oltre al lungo Kevon Looney, mentre la posizione di Draymond Green è più solida: legato a Golden State fino al 2020 (ingaggio a salire, dai 16 ai 18 milioni di dollari). Altri due anni anche per Klay Thompson, lo Splash Brother numero due, il cui stipendio fino al 2019 è sostanzialmente sulle stesse cifre di Draymond Green. Tutti gli altri giocatori dei Warriors sono però in scadenza. Detto di Durant, la posizione più delicata è ovviamente quella di Stephen Curry: Steph, che nel 2013 firmò un quadriennale a cifre irrisorie (non era ancora il giocatore che è oggi, attualmente guadagna 12 milioni l'anno) è unrestricted free agent, e il frontoffice di Golden State dovrà provvedere a proporgli ovviamente un contratto diverso. A quali cifre? Al massimo salariale? Difficile da prevedere, anche se Curry ha già fatto intendere di poter lasciare qualche milione sul tavolo pur di rimanere nell'unica squadra NBA della sua carriera. Dalle parti della Oracle Arena sono fiduciosi (il proprietario Joe Lacob ha dichiarato nelle ultime ore che "si farà tutto il necessario per trattenere Curry"), nonostante il puzzle sia comunque difficile da completare.
Già, perchè anche Andre Iguodala, 33 anni, è in scadenza. Fondamentale per le sorti dei californiani, l'ex Sixers e Nuggets ha percepito 11 milioni nell'ultima annata, e anche lui potrebbe dover abbassare le sue pretese per mantenere intatto il nucleo vincente di Golden State. Discorso simile per Shaun Livingston, trentuno anni e unrestricted free agent (5.7 milioni nella stagione appena conclusasi), altro elemento chiave della panchina di Kerr. Da ridiscutere pure le posizioni di Ian Clark (1 mln), JaVale McGee (1.4), Matt Barnes (380.000), James Michael McAdoo (restricted, 980.000) e David West (decisivo in gara-5 contro i Cavs, 1.5), tutti giocatori il cui legame contrattuale con i Warriors terminerà a partire dal prossimo 30 giugno. Iguodala e Livingston sono le priorità, senza considerare ovviamente la situazione Curry, mentre sugli altri si ragionerà insieme a Steve Kerr. Ecco perchè al momento l'indiziato numero uno a lasciare i neo-campioni NBA è Zaza Pachulia, 33 anni, centro titolare giunto dai Dallas Mavericks per coprire il buco lasciato dalla partenza di Andrew Bogut. Per il georgiano, che in questa stagione ha guadagnato poco meno di tre milioni di dollari, i rumors parlano di un addio imminente e semi-consensuale, con la necessità per i Warriors di trovare dunque sul mercato dei free agent un altro lungo di medio livello. A poche ore dal trionfo alle Finals sui Cleveland Cavaliers, sulla scrivania del general manager Bob Myers ci sono quindi già almeno un paio di dossier scottanti, perchè il mondo NBA non si ferma mai, e per rimanere al vertice bisogna programmare il futuro con cura e attenzione.