Non c'è solo soddisfazione nei volti dei componenti dei Golden State Warriors, al termine di gara-5 delle NBA Finals, che ha riportato il titolo sulla Baia a due anni di distanza dall'ultima volta. Battuti i Cleveland Cavaliers di LeBron James e Kyrie Irving, arresisi non senza lottare, anche ad Oakland, anche alla Oracle Arena. C'è un anche un senso di sollievo tra i Dubs, per aver evitato un'altra rimonta choc, ed essersi tolti una fastidiosa scimmia dalla spalla.
Chi interpreta alla perfezione - ancorchè per motivi diversi - questo stato d'animo è senza dubbio Steve Kerr, coach dei californiani, reduce da un post-season caratterizzata da problemi di salute: "E' il successo di un grande gruppo - dice il tecnico dei Warriors - di giocatori fantastici che hanno giocato l'uno per l'altro, all'interno di una serie che ha visto fronteggiarsi due squadre dal talento incredibile. Anche i Cavs sono una squadra da titolo: solo rispetto per coach Lue e i suoi ragazzi, che hanno alzato il loro livello di gioco fino a mettere in campo un basket incredibile. Complimenti a loro, l'anno scorso abbiamo subito una sconfitta che ti spezza il cuore, ma ora tocca a noi festeggiare". Su Kevin Durant: "Non ho mai avuto il minimo dubbio sul suo arrivo. Ero certo che tutto avrebbe funzionato, si trattava solo di aggiustare qualcosa, ma niente di particolare: si è integrato con giocatori versatili, che possono tirare, sanno passare, sanno attaccare il canestro. Siamo cresciuti insieme quest'anno, riuscendo a comprenderci a vicenda". Le emozioni della vittoria: "Vincere è fantastico, sono stato fortunato ad aver vinto tanto sia da giocatore che da allenatore, ma stavolta è diverso, a causa di ciò che ho dovuto superare recentemente. Sono contento per tutti i miei ragazzi, ognuno ha una sua storia da raccontare, dal rookie Patrick McCaw a Steph e Klay, finendo con Kevin: aveva già fatto una grande carriera, ma ora ha raggiunto un altro livello. E' stato fantastico per una stagione intera, ha dominato. Tutti sapevano che giocatore fosse, ma gli mancava il titolo". Sulla partita: "E' stata la tipica closeout game, c'era molto nervosismo in campo, non abbiamo cominciato bene ma siamo stati bravi a contenere lo svantaggio in cinque-sei punti, poi nel secondo quarto è cambiato tutto".
Subito dopo ecco comparire in conferenza stampa l'MVP, Kevin Durant: "Quando sono arrivato qui, non sapevo come comportarmi, in campo e fuori. Era tutto diverso, poi Draymond mi ha detto di essere me stesso, ed è ciò che ho fatto per tutta la stagione. Anche nei momenti di difficoltà, i miei compagni mi hanno sempre incoraggiato. Oggi sono stati tutti fantastici, a partire da Steph, che aveva faticato in gara-4 e che ha disputato una serie da big dog, passando per Andre, per McCaw e Zaza. La vera sfida è stata venire qui e capire come aiutare Steph e gli altri a tornare a vincere. Non mi interessava dimostrare agli altri che si erano sbagliati sul mio conto, ho lavorato ogni giorno rispettando il gioco. Non ho mai visto nessuno giocare come Steph Curry: ciò che si dice su di lui è vero, è altruista, si sacrifica per gli altri e si preoccupa dei compagni di squadra. Ovviamente è un giocatore competitivo, ma è un superstar al servizio del gruppo. LeBron James? E' un avversario, so che tra poco si preparerà per la prossima sfida, già dalla prossima stagione. Tra noi due c'è rispetto reciproco, non vedo l'ora di affrontarlo ancora". Al settimo cielo Steph Curry: "Oggi sentivamo di essere vicini all'obiettivo, gli ultimi tre minuti sono stati davvero intensi, c'era un'energia particolare, è un grande risultato per i nostri tifosi e tutta la Bay Area. Questo titolo è di Kevin, è accaduto ciò che avevamo previsto in estate. E' stato incredibile per tutta la serie, un anno fa avevamo parlato di tutto questo, sono felice per lui, è il suo momento. Per quanto mi riguarda, la svolta è avvenuta dopo la partita di Natale contro Cleveland: lì ho capito che avrei dovuto essere aggressivo sera dopo sera. Questo titolo è diverso dal primo, perchè è arrivato dopo la lezione dello scorso anno. E' sempre difficile fare paragoni, ma la differenza sta in quanto accaduto dodici mesi fa. Abbiamo capito una volta di più quando sia difficile vincere un titolo NBA".