Sono passati 12 mesi dalla stessa situazione in cui ci troviamo adesso: i Golden State Warriors sono avanti 3-1 nella serie finale contro i Cleveland Cavaliers, con la possibilità di vincere davanti al pubblico della Oracle Arena, a differenza di quanto accaduto nel 1975 e nel 2015, quando alzarono il trofeo rispettivamente a Washington, D.C. e proprio a Cleveland. Rispetto al 2016, invece, i Cavs si sono aggiudicati gara-4 con una prestazione ai limiti della perfezione. Nessuna squadra ha mai rimontato uno svantaggio di 0-3, ma un’eventuale sconfitta in gara-5 potrebbe avere un peso psicologico incalcolabile. Per la partita di stanotte – in diretta anche su qui a partire dalle 3 - saranno tutti disponibili, compreso Zaza Pachulia, graziato dalla Association dopo il pugno rifilato a Iman Shumpert nelle “parti basse”.

Cosa è cambiato in gara-4

Tre giorni fa i Cleveland Cavs hanno disputato forse la loro miglior partita da quando LeBron James è tornato in Ohio, mettendo a referto un clamoroso 24/45 da tre punti – record assoluto nella storia delle Finals – e difendendo con grande fisicità e intensità, controllando i tabelloni (41 a 40 il computo finale) e in generale mettendo in campo un livello di energia eccezionale, impreziosito da molto trash talking, che ha contribuito a mettere la partita sui loro binari preferiti. Due delle chiavi sono state la rinascita di Tristan Thompson e l’apporto dalla panchina di Richard Jefferson. Il primo è stato preziosissimo nel garantire ai Cavs molti punti derivanti da seconde opportunità – Cleveland ha chiuso con 21, Golden State si è fermata a 15 -, mentre il secondo ha dato un apporto incredibile, con tanti intangibles e un +21 di plus/minus che forse non rende del tutto merito alla sua prestazione.

La rotta da seguire per i Cavs

Per tornare a Cleveland per gara-6, i Cavs dovranno partire subito forte. Finora chi ha chiuso il primo quarto in vantaggio si è aggiudicato la partita – in generale ciò è accaduto in 12 degli ultimi 15 episodi delle finali NBA. Per farlo, oltre a continuare ad essere efficienti a rimbalzo offensivo, sarà fondamentale limitare le palle perse, la base di partenza della transizione offensiva di Golden State. Venerdì notte, infatti, Cleveland ne ha concesse solamente 11 e proprio per questo i punti in transizione dei Dubs sono stati solamente 7 – nei tre incontri precedenti la media era stata 33.3 – riuscendo così ad avere accoppiamenti difensivi spesso favorevoli. Inoltre, sarà decisivo l’apporto del supporting cast, che lontano dalla Quicken Loans Arena tende a calare di rendimento. Questo vale sia per la panchina, sia per JR Smith, che nelle due partite casalinghe ha viaggiato a 15,5 punti di media col 52,6% da 3, mentre in precedenza aveva messo a referto in totale solo 3 punti con 1/6 al tiro.

Non lasciare troppo soli James e Irving sarà dunque un imperativo per gli uomini di Lue. Proprio il numero 2 dei Cavs, in 4 elimination game giocati nella sua giovane carriera, ha cifre mostruose: 32.5 punti di media, 53.3% dal campo e 55.2% dai 7,25 m. Venerdì notte Kyrie è stato molto bravo ad attaccare nei primi 9-10 secondi dell’azione, non dando il tempo alla difesa avversaria di organizzarsi nel miglior modo possibile e di aiutare con gli angoli e le modalità appropriate, arrivando così al ferro con grande facilità e chiudendo con 40 punti e 7/12 da tre punti. Per i campioni della Eastern Conference sarà dunque fondamentale gestire il ritmo della sfida, alzandolo e abbassandolo a loro piacimento, proprio come fatto in gara-4, dove nel primo tempo il pace era arrivato a 108, scendendo poi a 91 nel secondo. Nei primi 4 atti di queste Finals i Cavaliers non sono mai riusciti a limitare Kevin Durant e per questo hanno deciso di impegnarsi soprattutto su altri giocatori, speculando sulle qualità di tiratore di Draymond Green – 1/6 dall’arco, senza considerare le difficoltà in termini di gestione mentale della partita – e lavorando molto lontano dalla palla su Steph Curry (4/13 al tiro).

Cosa devono ritrovare i Warriors

Eccezion fatta per Kevin Durant e un ottimo Andre Iguodala (unico a chiudere gara-4 con un plus/minus positivo con +9), tutti gli altri giocatori di Golden State sono stati limitati nel corso degli ultimi 48 minuti di queste Finals, nonostante l’ottimo offensive rating di 117.4. Come anticipato in precedenza, sarà essenziale per loro partire con il piede giusto, chiedendo anche aiuto al loro pubblico. Sicuramente un fattore importante sarà l’efficienza al tiro, specialmente in quelli non contestati – 8/30 nell’ultima partita, 1/11 per gli Splash Brothers – anche in considerazione del fatto che Cleveland tende a lasciare sempre qualche giocatore da solo, dovendo raddoppiare costantemente su almeno due delle star di Golden State. Per questa ragione, un altro fattore determinante sarà la percentuale dall’arco, che nell’unico incontro perso in questa post-season non è andata oltre il 28,3%. I campioni della Western Conference dovranno capitalizzare al massimo i pochi minuti in cui James non sarà sul parquet – in gara-4, +32 con lui in campo, -11 in caso contrario –, evitando poi di farsi invischiare in scontri fisici al limite del consentito (nel quarto atto delle finali sono stati fischiati 51 falli, di cui 7 tecnici), territorio in cui Cleveland può acquisire un vantaggio, in primis da un punto di vista mentale. 

Probabilmente, fin dall’inizio si capirà l’approccio psicologico alla gara da parte degli Warriors; in questo senso, Kevin Durant ha dichiarato: “Dobbiamo concentrarci solo sull’obiettivo partita e non farci distrarre dall’idea del titolo”. Come sottolineato da Richard Jefferson, “la pressione è su di loro”: se questo porterà Cleveland a fornire un’altra prova da fantascienza e i Warriors a non essere perfetti come nelle tre partite vinte – e in quella successivo non sono calati molto, almeno non per demeriti loro – ci sarà da divertirsi ancora a lungo. Di sicuro per altri 48 minuti.

Gabriele Ferrara.