La partita inaugurale delle Finals 2017 è stata impressionante: in soli 48 minuti, infatti, i Golden State Warriors hanno saputo mettere più dubbi nella testa dei Cleveland Cavaliers di tutte le altre squadre che hanno sfidato LBJ e compagni nel corso della stagione, specialmente nei playoff. “Mai vista una squadra così forte”, sono state le parole di rassegnazione di Tyronn Lue subito dopo aver perso il primo episodio di una serie che, al di là di come è iniziata, è solamente iniziata.

Le difficoltà di Thompson e le palle perse

Eppure i Warriors sono stati bravissimi ad applicare il piano partita, limitando moltissimo Tristan Thompson, come dimostrano i 10 rimbalzi offensivi catturati nei primi due quarti. Il centro dei Cavs ha sofferto moltissimo sia il quintetto piccolo di Golden State, sia la fisicità e l’atletismo di JaVale McGee, che ha messo a referto una prestazione sontuosa nonostante i soli 6 minuti di impiego. A dimostrarlo c’è il 39,8% di rimbalzi conquistati su 100 possessi (lo stesso Thompson è stato tenuto a un incredibile 7,9%), ma anche il 162 di offensive rating e gli 80 punti subiti su 100 possessi con lui in campo. L’incapacità dei Cavs di controllare i tabelloni, unita alle 20 palle perse, hanno consentito a Golden State di giocare molto spesso in transizione, da cui sono arrivati ben 27 punti. Al contrario, i campioni del West sono riusciti a limitare i turnover (4, minimo storico alle Finals, in compagnia degli Spurs del 2013 e Pistons del 2005), sia a causa della mancanza di aggressività e intensità dei Cavs – nessuna palla rubata – sia perché tutti i Dubs hanno mostrato un livello di concentrazione elevatissimo.

Source: Ezra Shaw/Getty Images North America
Source: Ezra Shaw/Getty Images North America

La difesa di Golden State….

Ma, come sempre, tutto è partito dalla difesa, che ha quasi sempre tolto le linee di passaggio a James, che così ha dovuto giocare moltissimo in isolamento. Inoltre, LBJ in più di un’occasione è stato marcato da Iguodala, che è stato molto bravo nel portarlo in post basso, situazione di gioco in cui James è meno efficace, ma anche nel costringerlo a tirare molti liberi, scelta sempre corretta a prescindere dall’esito (8/12 ieri, mentre in regular season ha viaggiato con il 67,8%, salendo al 70,8% nei playoff). Tutto questo, unito alla protezione del ferro di Green (85 punti subiti ogni 100 possessi con lui sul parquet), ha portato LeBron a 8 turnover, di cui 7 nel primo tempo. Ma la difesa di Golden State non si è occupata solo di lui. Infatti, anche Kyrie Irving è stato limitato moltissimo – 10/22 al tiro e -17 di plus/minus - in particolare grazie a uno splendido Klay Thompson che, al di là del 3/16 al tiro, nella propria metà campo è stato perfetto, come dimostra il fatto che, con lui come difensore primario, i Cavs hanno segnato solamente un canestro su 12. La sua capacità di leggere qualsiasi situazione, di essere rapido sui cambi e di fare close out con grande velocità e tempestività sono state alcune delle chiavi della vittoria degli Warriors.

Gli altri problemi dei Cavs

In fase offensiva, invece, Golden State ha deciso di attaccare James, spesso fuori posizione e che ha subito 7 canestri su 11 quando è stato il difensore primario, ma anche Love, il quale ha sofferto moltissimo i cambi sui blocchi, mentre hanno fatto in modo che Thompson fosse totalmente ininfluente (con la notevole collaborazione di Green). Cleveland ha cercato soprattutto di proteggere il perimetro, riuscendo a limitare gli avversari dai 7,25 m (12/33), ma concedendo 56 punti nel pitturato (l’anno scorso alle Finals ne misero 35 di media) e ben 39 tiri in questa stessa zona di campo nel solo primo tempo. Di questo ne hanno approfittato tutti, in primis Durant e Curry. Proprio l’ex OKC è il problema principale della difesa dei campioni NBA, che non sono sembrati avere l’uomo per contenerlo. Se infatti la logica direbbe che questi dovrebbe essere James, LBJ non è sembrato avere la concentrazione giusta. Sicuramente le cose cambieranno, ma difficilmente il numero 23 potrà difendere su di lui tutto il tempo, onde evitare di dissipare energie fondamentali per la costruzione del gioco dei Cavs. Ieri ci ha provato Jefferson, ma fisicamente non è in grado di contenere l’ex Thunder. Sarà dunque interessante vedere quali aggiustamenti apporterà coach Lue; una soluzione potrebbe essere un maggiore impiego di Derrick Williams, che atleticamente potrebbe essere il più attrezzato, ma che finora ha visto il parquet molto raramente.

Tuttavia, un altro problema essenziale della difesa di Cleveland risiede nelle sue stesse caratteristiche, dal momento che la stessa tende a raddoppiare su uno o più giocatori, “scommettendo” sulle percentuali al tiro di qualcuno, che l’anno scorso fu Harrison Barnes, che in quella serie tirò con il 35,2% dal campo e il 31% da tre punti (il peggiore tra quelli che complessivamente rimasero in campo almeno 75 minuti). Quello che più deve preoccupare la franchigia dell’Ohio è il fatto che, sotto il profilo offensivo, i Warriors possono ancora crescere, considerando il 6/28 complessivo dal campo che hanno totalizzato Thompson e Green, ma anche il 36,4% da tre punti e i 15 layup sbagliati nei primi 24 minuti. Per rimettersi subito in carreggiata, Cleveland dovrà cercare di rallentare il ritmo (ieri il pace è stato pari a 99,5, nelle Finals del 2015 e 2016 fu rispettivamente 90,7 e 92), ma per farlo serviranno un’intensità, un’attenzione, una lucidità e una cattiveria agonistica totalmente differenti da quelle viste in gara-1. 

Articolo di Gabriele Ferrara