Ormai definitivamente agli archivi, gara-1 delle Finals 2017 ha sorriso ai Golden State Warriors della coppia formata da Steve Kerr e Mike Brown, costringendo allo stesso tempo i Cleveland Cavaliers di Tyronn Lue a rincorrere i californiani in una serie appena iniziata. Tanti gli spunti tecnici dell'episodio inaugurale delle Finals. Di seguito quelli più significativi: 

1. L'accoppiamento Durant - James. "Ci eravamo dimenticati di quanto fosse forte Kevin Durant", uno dei commenti più gettonati post-gara-1. Ma la vera differenza KD l'ha fatta non grazie alle sue giocate individuali, ma grazie all'inserimento in un contesto di squadra. Fondamentale a rimbalzo e nella protezione del ferro, l'ex Thunder ha dato almeno due nuovi opzioni al gioco di Golden State: la possibilità di correre in transizione arrivando fino al ferro, e l'utilizzo delle sue qualità balistiche come valvola di sfogo. In altri termini, in quelle rare occasioni in cui i Warriors smettono di attaccare di "flusso", possono contare su un giocatore che sa come si segna anche fuori dal normale contesto offensivo. Ed è qui che si inserisce l'accoppiamento con LeBron James: il Prescelto è stato attaccato con continuità da Golden State. Difensore straordinario, James non ha voluto ieri lavorare nella sua metà campo: non potrà esimersi (almeno per metà partita) dal dedicarsi alla marcatura del rivale, soprattutto a difesa schierata. In attacco, a LBJ sono state proposti scenari differenti: da Iguodala allo stesso Durant, passando per aiuti anche solo fintati e prerotazioni di Draymond Green su di lui. 

Kevin Durant al ferro. Fonte: Ezra Shaw/Associated Press

2. Klay Thompson e Kyrie Irving. Il fattore K torna a rivelarsi decisivo nelle NBA Finals. Lo Splash Brother numero due ha continuato a faticare al tiro e in generale in attacco, ma ha dato un senso alla sua presenza in campo grazie al lavoro difensivo. Dirottato su Irving, è stato perfetto contro un attaccante eccezionale, ha eseguito closeout millimetrici sui tiratori avversari, e retto anche sui cambi con Kevin Love. Per i Warriors l'augurio è quello di rivederlo con il mirino centrato già da gara-2, per i Cavs la speranza è quella di riavere subito un Irving meno estemporaneo. Attaccante di uno contro uno senza eguali, Kyrie ha segnato i suoi canestri e fatto registrare la sua tipica media punti, ma il suo impatto sulla partita si è limitato al primo tempo. Trovare il giusto equilibrio tra attaccare presto nell'azione e attaccare bene sarà una delle chiavi della riscossa Cavs. 

Kyrie Irving. Fonte: Jesse D. Garrabrant/Getty Images

3. Questione di ritmo. Come ammesso dagli stessi campioni in carica, il ritmo dei Warriors è stato troppo veloce per il primo approccio di Cleveland. Naturale per i Cavs, impegnati a dominare in una Conference dove si gioca una pallacanestro diversa, per certi versi meno "aggressiva". Anche LeBron e compagni hanno interesse a correre, ma non ai ritmi di Golden State. Ecco perchè i primi aggiustamenti di Tyronn Lue riguarderanno il lavoro in transizione difensiva. Ma non solo, anche l'esecuzione offensiva e i rimbalzi d'attacco potranno essere d'aiuto ai Cavs. Limitare le palle perse, segnare i tiri che LeBron genera per sè e per gli altri, guadagnare qualche extrapossesso, tutti fattori che potrebbero rallentare la corsa dei californiani. 

Kevin Durant. Fonte: Marcio Jose Sanchez/Associated Press

4. Il duo Love - Thompson. Tristan Thompson e Kevin Love costituiscono uno dei migliori reparti interni dell'intera lega. Le loro caratteristiche sono complementari: Cleveland ha bisogno di più da ciascuno di entrambi. Thompson tornerà il giocatore di energia che tutti conosciamo, mentre più arduo è il compito che attende il Beach Boy, costretto non solo a segnare dal perimetro, ma a rappresentare un'opzione offensiva anche in post. Se la scelta difensiva di Lue continuerà ad essere quella di cambiare praticamente sempre, l'ex Minnesota dovrà allacciarsi le scarpe e provare a replicare la prestazione della scorsa gara-7. 

Kevin Love e Draymond Green. Fonte: Jesse D. Garrabrant/Getty Images

5. Il rendimento del supporting cast. Da Clark a Livingston, da Iguodala a McGee, passando anche per David West. Le riserve di Golden State hanno dato il loro contributo in gara-1, come accaduto anche a inizio serie nel 2016. Non si può dire lo stesso dei vari Korver, Williams e Shumpert (Richard Jefferson l'eccezione). Da sempre il rendimento del supporting cast varia a seconda del palcoscenico su cui si esibisce. In trasferta meno aggressivo e utile, ma già da domenica chiamato a tutt'altra performance per i campioni in carica. 

Deron Williams contro Draymond Green e David West. Fonte: Cary Edmondson-USA TODAY Sports

6. La difesa di Golden State. Ultimo punto, ma non certo in ordine di importanza. I Warriors sono un'eccezionale squadra offensiva e una sottovalutata squadra difensiva. Guidati da Draymond Green, scienziato della sua metà campo (e non solo), i Dubs hanno messo insieme una prova d'autore in gara-1, mostrando aggressività e organizzazione. I Cavs non hanno avuto pazienza, leggendo male ciò che veniva proposto loro. Troppo spesso palla in mano a LeBron, giunto anche stanco nei momenti chiave del terzo quarto. Ecco perchè una soluzione - in un sistema che non prevede continuità offensiva - potrebbe essere quella di far partire più spesso Irving con la palla e cercare James in movimento, in modo da neutralizzare gli eversori Iguodala e Durant. Alternative? Il quintetto con cinque tiratori (fuori Thompson), con tutto ciò che però questo comporta anche dall'altra parte del campo.