Ormai manca davvero poco all'inizio delle finali del 2017, che vedranno scontrarsi, ancora una volta, Cleveland e Golden State. Quest'oggi tentiamo di analizzare gli attacchi dei due team che hanno letteralmente dominato l'NBA da tre anni a questa parte, cercando di capire perché sono così "unstoppable".

GOLDEN STATE WARRIORS

Partiamo dalla squadra allenata da Steve Kerr, presa in custodia da Mike Brown dal momento in cui l'ex Bulls ha dovuto cedere il passo ad un infortunio molto grave alla schiena. Il gioco dei Warriors parte dal presupposto che la palla (e gli uomini) debba essere sempre in movimento. Il giocatore chiave del quintetto si chiama Draymond Green, da cui parte quasi sempre l'azione. I giocatori senza palla, prevalentemente Curry e Thompson, iniziano una serie di blocchi per liberarsi sia da tre punti che dentro l'area. L'ottima visione di gioco di Green permette ai Warriors di giocare ottimamente sia da tre punti, ma anche con i tagli dentro l'area. Infatti, spesso e volentieri gli avversari si preoccupano molto delle triple degli Splash Brothers e rischiano di lasciare il pitturato sguarnito concedendo canestri facili agli altri giocatori.

Pachulia e McGee sono i riferimenti sotto canestro e, mentre il primo è fondamentale nel bloccare (anche irregolarmente) gli avversari, il pluri campione di Shaqtin'A Fool può segnare da dentro l'area punendo le disattenzioni avversarie. Le alternative però non sono finite. Quando in campo c'è un giocatore come Durant, bisogna anche preoccuparsi di difenderlo in uno contro uno, che è quasi una missione impossibile. Segna con facilità sia col suo mid range quando è marcato da giocatori più piccoli, sia in penetrazione se accoppiato con un lungo. Il numero 35 contribuisce non poco a far di Golden State il miglior attacco della lega.

CLEVELAND CAVALIERS

Il concetto di gioco dei Cavaliers di Tyronn Lue è invece molto diverso. Come è normale che sia, si basa tutto sulla figura di Lebron James, uno dei migliori giocatori di sempre. L'attacco dei Cavs porta allo strenuo utilizzo del pick and roll  (e tutte le sue varianti), con il portatore di palla che può essere Irving o Lebron. Il playmaker venticinquenne non è un gran passatore, ma è uno dei migliori scorer di tutta la NBA. Questo significa che gli avversari devono guardarsi bene dal concedergli spazio sul blocco, visto che può punire sia da tre punti che penetrando grazie alla sua capacità di ball-handling.

D'altra parte è spesso James a prendersi la briga di iniziare le azioni. Quando a portare il blocco è un tiratore come Love o Frye, i difensori entrano in crisi dato che è già molto complesso fermare "Il Re" in uno contro uno, figuriamoci quando devi anche stare attaccato a un tiratore. Sui due angoli si trovano inoltre altri due giocatori con grandi capacità di catch and shoot, e vista la visione di gioco di James, ci vuole poco a scaricare su un compagno come Korver o Smith per un tiro veloce. A completare lo scacchiere è Tristan Thompson, lungo (ma non troppo) che va benissimo a rimbalzo offensivo e concede tanti punti da seconda opportunità.

Una caratteristica che accomuna entrambe le squadre è sicuramente quella di voler attaccare nei primi secondi dell'azione. Non appena viene preso il rimbalzo difensivo, si cerca subito un giocatore nell'altra metà campo che può portare a punti facili come fa Love quando lancia James come un quarterback. Golden State invece si catapulta in attacco senza dare la possibilità agli avversari di accoppiarsi e punisce con le triple dei vari Curry e Thompson. I numeri sono parzialmente dalla parte dei campioni in carica, i quali hanno segnato 120.7 per 100 possessi nei playoff. La squadra della Baia invece si è fermata "soltanto" a 115.8, ma bisogna considerare gli avversari, Utah e San Antonio.