Quaranta giorni e diversi sweep dopo, l'NBA si ritrova le Finals che voleva. Cleveland Cavaliers contro Golden State Warriors, per il terzo capitolo di una trilogia in onda già da due stagioni, ma che non è stata supportata da trailer adeguati. Gìà, perchè la serie che prenderà il via il prossimo 1° giugno (notte italiana tra giovedì e venerdì) è stata preceduta da una lunga sequenza di gare di playoffs a senso unico.

LeBron James contro i Celtics. Charles Krupa/Associated Press

12-0 lo score dei Warriors, 12-1 quello dei Cavs, due squadre riuscite a piallare tutto ciò che si è presentato loro davanti. D'accordo, la concorrenza a Est non è stata delle più agguerrite, e a Ovest l'infortunio di Kawhi Leonard ci ha privato di una serie equilibrata tra i Dubs e i San Antonio Spurs, ma è un fatto che la postseason appena andata agli archivi abbia deluso appassionati e critica. Troppo scontato l'esito della corsa alle Finals per far rivivere l'epica dei playoffs NBA nell'era dei superteam. Superteam o dream team, cambia poco, perchè la sostanza è sempre la stessa: quella di due squadre che racchiudono al loro interno all'incirca la metà del talento complessivo della lega (della lega che conta), potendosi permettere il lusso di schierare dai tre ai quattro All-Star in quintetto (Irving, Love e James per Cleveland, Curry, Thompson, Green e Durant per Golden State). Troppo per considerare competitivi i playoffs NBA di questa stagione, che infatti hanno regalato solo un paio di perle rare ai veri tifosi del gioco. Soltanto le serie tra Houston Rockets e San Antonio Spurs (con una gara-5 da annali) e tra Boston Celtics e Washington Wizards (chiusa al settimo episodio, con scaramucce, pseudorisse e tiri allo scadere) hanno ricordato a tutti quale sia il reale fascino della competizione. Il resto è stata una lenta ma inesorabile cavalcata di due squadre verso il loro obiettivo stagionale: ritrovarsi in finale per decidere i rispettivi destini. Saranno Finals entusiasmanti, combattute, con senso del dramma e caratterizzate da un'attesa spasmodica, forse eccessiva, ma naturale dopo un mese e mezzo di dominio incontrastato da ambo le parti. E' un NBA che, complici le nuove norme del contratto collettivo, ha finito per perdere il fascino delle sue serie a sette partite, divenendo uno spartito scontato su cui hanno suonato - con assoli mai interrotti - Cavs e Warriors, troppo superiori al resto del mondo cestistico a stelle e strisce. 

James e Curry. Fonte:  Jason Miller/Getty Images 

Indiana Pacers, Toronto Raptors, Boston Celtics, Portland Trail Blazers, Utah Jazz, San Antonio Spurs, sono state in grado di raccogliere una sola vittoria, sulle venticinque disputate, contro le due corazzate di Ohio e California. Poco, pochissimo, in relazione alla natura del basket NBA, fondato sul principio d'eguaglianza e di pari opportunità. Il che non significa che tutte le squadre debbano essere allo stesso livello durante una certa stagione, ma che quantomeno lo spirito competitivo non debba mai venir meno. E, invece, quante volte abbiamo visto le squadre eliminate arrendersi già dopo le prime due gare al cospetto del sistema di Golden State e allo strapotere tecnico e fisico di LeBron e compagni? Si obietterà che momenti del genere sono tipici anche nel basket NBA, che lo sport è ciclico e che torneranno le serie vecchio stampo, quelle fatte di durezza fisica e di risultati in bilico fino alla fine. Non è nostalgia canaglia, ma constatazione di un presente senza sussulti. Intanto incassiamo il dominio incontrastato delle due franchigie padrone della lega: ma, per far dimenticare agli appassionati questi playoffs da cicloturistica, sarà necessario allestire uno spettacolo senza pari, che giustifichi quaranta giorni di noia e di pallacanestro orfana di quel brivido di ogni giallo che si rispetti. Prima di chiederci chi vincerà il titolo, dovremmo forse domandarci chi ha ucciso i playoffs NBA. Superteams, stelle ammassate in un solo quintetto, infortuni: ognuno ha il suo indiziato numero uno, ma nessuno ha avuto voglia di arrivare in fondo all'ultima pagina del romanzo dei playoffs, non più un thriller, bensì uno scontato romanzo d'appendice.