Quella di stanotte potrebbe (o meglio, dovrebbe) essere stata l'ultima partita della straordinaria carriera di Manu Ginobili. Il fuoriclasse argentino, alla soglia dei quarant'anni, è partito in quintetto in gara-4 delle NBA Conference Finals all'AT&T Center contro i Golden State Warriors. Una serie dominata dai californiani, che hanno rifilato un netto 4-0 (sweep) ai San Antonio Spurs di Ginobili, franchigia della vita dell'uomo da Bahia Blanca (dal 2002 in neroargento, scelto alla numero 57 nel Draft del 1999, poi lasciato in Europa). 

Manu Ginobili salutato da Steph Curry. Photo: Ronald Cortes/Getty Images

15 punti e 7 assist, il fatturato di Manu contro la macchina da pallacanestro dei Warriors, in una gara-4 che ha decretato l'accesso alle Finals dei Dubs, guidati da Steph Curry e Kevin Durant a un clamoroso 16-0 in questi playoffs. Eppure, la scena all'AT&T Center è stata tutta per Ginobili, in mezzo a un pubblico adorante e desideroso di omaggiare il suo numero venti, che con la maglia degli Spurs ha conquistato quattro titoli NBA. Sin dalla palla a due si è compreso che non sarebbe stata una partita come le altre per l'argentino, schierato in quintetto da coach Gregg Popovich, per quella che verosimilmente rimarrà agli archivi come la sua ultima apparizione su un campo di pallacanestro: "Oggi è partito dall'inizio per questione di rispetto - le parole di Pop, riportate da Michael C. Wright di Espn - è stata questa la ragione principale. Prima della gara, ho pensato che questa sarebbe potuta essere l'ultima della sua carriera, e non volevo perdere l'opportunità di rendergli omaggio davanti ai suoi tifosi, soprattutto per l'altruismo mostrato da Manu nel corso degli anni. Un Hall of Fame Player, che mi ha concesso di farlo partire dalla panchina negli ultimi dieci anni - ormai neanche ricordo più da quanto tempo - perchè sapeva che in quel modo ci avrebbe reso una squadra migliore. Meritava una serata del genere, in modo da fargli capire quanto abbiamo apprezzato ogni cosa fatta per noi in tutti questi anni. Ora dipenderà da lui scegliere se continuare o meno a giocare. Io non proverò a convincerlo, non penso ne abbia bisogno".

Manu Ginobili abbandona l'AT&T Center. Fonte: JERRY LARA/San Antonio Express-News

Dopo le lacrime versate (un filo di commozione) al suo rientro in panchina nel quarto quarto, accompagnato da una standing ovation del suo pubblico, che non ha più smesso di invocare il suo nome, Ginobili si mostra distaccato, ancorchè emozionato, nelle interviste post-partita: "Sento davvero di poter essere ancora in grado di giocare - le parole del fenomeno argentino - ma la decisione sul mio ritiro non dipenderà da questo elemento. Non è questione di essere o meno in forma, ma di capire se voler passare ancora una volta attraverso tutto questo. Oggi sembrava che tutti volessero che mi ritirassi: mi hanno regalato una sorta di serata celebrativa. Sono sempre più vicino al ritiro, non è un segreto per nessuno, ed è tutto ancora più difficile, ma ho sempre detto di voler attendere tre o quattro settimane dopo la fine della stagione, prima di parlare con mia moglie e fare il punto della situazione. Qualsiasi cosa decida di fare, sarà una scelta felice. Devo scegliere tra due opzioni meravigliose. Una è continuare a giocare in una lega del genere a quest'età, godendomi ogni giorno e praticando lo sport che amo. L'altra è rimanere a casa, dedicarmi a fare il papà, viaggiare di più, godermi la mia famiglia, la mia meravigliosa famiglia. Sia come sia, sono due alternative fantastiche. Non c'è motivo di essere tristi perchè, qualsiasi cosa deciderò di fare, sarà bellissima". Un filo di tristezza che invece accompagna gli appassionati NBA, che hanno accompagnato un giocatore inimitabile verso una delle più improbabili avventure della storia della pallacanestro.