Certo, il corso della vita è imprevedibile, nessuno può scrivere la propria autobiografia in anticipo. Tentare di prevedere il futuro è come cercare di guidare in una strada di campagna, di notte, senza luci e con lo sguardo fisso allo specchietto retrovisore. In una singola parola, impossibile. E' però possibile prevedere, predire cose che poi successivamente possono divenire realtà. A tutti è capitato. Ciò, dunque, è nelle capacità dell'uomo. La nostra predizione è semplice da esporre, ci trasformiamo in oracoli, ed affermiamo, in modo deciso, che i Milwaukee Bucks sono la franchigia NBA dal futuro più radioso, rilucente, dell'intero panorama NBA. La regular season appena conclusa ha confermato la bontà del progetto portato avanti dal general manager John Hammond e dall'head coach Jason Kidd. Il sesto posto nella Eastern Conference - ottenuto grazie ad un record di 42 vittorie e 40 sconfitte - ha regalato il dolce confronto (che però si è rivelato aspro in coda) contro la terza forza del raggrupamento, i Toronto Raptors. E' arrivata la sconfitta nel primo round dei playoffs, un 4 a 2 nella serie contro DeMar DeRozan e Kyle Lowry, ma tanti sono comunque i motivi per cui in Wisconsin si possono dormire sonni sereni, beati.

In primis, Giannis Antetokounmpo. Il giocatore dal nome impronunciabile, una difficoltà verbale direttamente proporzionale alla sua grandezza in campo. Lui, il naturalizzato ellenico, ha elevato le sue prestazioni su livelli esorbitanti, migliorando in modo smisurato il rendimento rispetto allo scorso anno. Ciò, lo pone in pole position nella griglia di giocatori in lotta per il MIP (Most Improved Player), ovvero il giocatore più migliorato rispetto alla regular season precedente. Proprio intorno a 'The Greek Freak' , il perno incernierato allo stipite dei Bucks (22.9 punti, 8.8 rimbalzi e 5.4 assist, con il 52.1% di realizzazione dal campo), il franchise coach dei 'cervi' costruirà il contorno con il quale tentare di scalare l'attuale allineamento piramidale che ci offre la lega. Giannis, il Mustang che 'non' rischia l'estinzione, al centro del progetto, ed i suoi fidi ai lati, pronti, con dosaggi di lavoro sporco, da puri gregari, ad evitare inciampi ai futuri Bucks.

L'attuale supporting cast rappresenta già un buon materiale su cui lavorare. In attesa di conoscere il futuro di Tony Snell e Greg Monroe, alle prese, entrambi, con la titubanza di esercitare o meno la player option, e quello dei veterani Jason Terry e Micheal Beasley, per il resto, l'head coach Jason Kidd non ha nulla (o quasi) da invidiare agli altri colleghi. Detto di Antetokounmpo, tuttologo del parquet, nel ruolo di secondo violino offensivo si sono alternati Jabari Parker e Khris Middleton. Giocatori dal talento puro, cristallino, dal candore delicato e fine, che però hanno dovuto imbattersi con un destino schernitore. Il primo, continua a convivere con le sue cedevoli articolazioni, soffici, mentre il secondo, out nella prima parte di regular season, si è rivelato un'importante arma per coach Kidd solo da gennaio inoltrato.

Anche Malcolm Brogdon, scelto con la 36^ pick allo scorso Draft, si è rivelato un signor giocatore, seppur abbia ancora spaventosi, incommensurabili margini di miglioramento. Il 'tredici', al suo primo anno in NBA, ha viaggiato su cifre rispettose: 10.2 punti, 4.2 assist e 2.8 rimbalzi, numeri che gli son valsi la candidatura al ROTY, il riconoscimento offerto al miglior rookie della stagione regolare. E' in lotta serrata con Dario Saric dei Philadelphia Sixers, ma sul suo conto possono pesare (probabile che lo faranno) le numerose gare in cui non è partito nello starting five. Anche il classe 1992, nativo di Norcross, ha però convissuto con problemi fisici di una certa portata, al piede, che di rado continua a dargli problemi, infastidendolo non poco e segnandone il rendimento sul parquet. Tra la beata gioventù dei 'cervi', Antetokounmpo escluso, solo Thon Maker non ha affrontato il luogo oscuro dell'infermeria, ma tra i citati, è anche quello meno talentuoso. L'ala/centro sudanese, dal cospetto dei suoi 216 centimetri, ha un fisico un pò troppo esile, quindi soffre la maggiore fisicità dei 'paracarri' presenti in NBA.

Predisporre un buon menù è forse più complicato rispetto alla preparazione di un singolo piatto, poichè richiede la conoscenza, dettagliata, di svariate materie prime. In Wisconsin, coach Jason Kidd è uno chef stellato, in grado di amalgamare bene tutti gli ingredienti di qualità concessigli dalla dirigenza. E' uno dei migliori allenatori NBA, ottimo conoscitore del Gioco, il quale fa della certosinità la sua arma, non segreta. Se la macumba infortuni dovesse smetterla di presenziare sulle rive del fiume Milwaukee, allora i Bucks avranno ottime possibilità di compiere cose grandi nei prossimi anni. In più, in caso di prossima (ottima) pescata al Draft 2017, si possono aprire vedute che ormai mancano da quasi cinquant'anni in seno alla franchigia verde, bianco e oro; ovvero, da quando il basket era totalmente diverso, da quando il basket NBA era solo agli albori della sua esistenza. Nell'oggi, cammina già il domani.